Incise sulla pietra | Yukio Mishima – Il Pudore – 2

924
“Un uomo giapponese, quando la moglie partorisce, dovrebbe celare i suoi sentimenti, uscire con gli amici o comunque fingere indifferenza. E questo, ritengo, non per un senso di disprezzo verso la donna, bensì per il timore e il trepido rispetto verso un dominio prettamente femminile, ed anche per un atteggiamento di sfida mascherante una certa timidezza virile”. 
A questo pensiero di Mishima, ne aggiungiamo un altro a mo’ di chiosa: si tratta di un appunto che un samurai giapponese fece ad un occidentale, parlando di pudore. “Voi il pudore lo invocate per nascondere certe parti del vostro corpo e non esitate a versare i vostri sentimenti, le pene, i pensieri più intimi sul primo che incontrate: traete piacere del confidarvi con lui. Per noi, tutto questo è inammissibile: il pudore, da noi, è destinato soprattutto a quella che voi chiamate anima”. 
È violato e degradato chi si spoglia della sua anima e dei suoi legami. È inviolato e fiorente chi protegge il suo tempio interiore
Quanto suonano sovranamente lontane queste parole nell’epoca delle coppiette da social network? Quello di spiattellare la propria vita nelle piattaforme digitali – da utilizzare, si, ma con equilibrio – è un rischio che chi vuole essere “nel mondo ma non del mondo“, corre. Bisogna allora tenere a mente il monito di Mishima, mantenendo alto il senso di dignità, mentre gli altri vendono all’asta dei like le foto della propria intimità o del proprio figlio in fasce.
Nell’intimo rapporto tra uomo e donna scaturisce un pudore che ha declinazioni differenti tra le parti: nell’uomo affiora il distacco dalla passionalità e il dominio dei suoi impulsi, a esaltazione della virilità; nella donna c’è la custodia impenetrabile del tempio maschile, con una generosità che addolcisce il percorso dell’uomo.
Questo pudore è il fiore più bello che germoglia dall’unione dei due sessi.