Bergoglio strappa la vigna di Benedetto XVI

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Correva l’anno 2012 quando la Coldiretti donò all’allora Papa Ratzinger una bellissima vigna, che venne piantata in Vaticano. Il dono, basato chiaramente sulla parabola evangelica della “Vigna del Signore”, aveva un forte valore simbolico. Parliamo al passato perché, in questi giorni e con la scusa di una non meglio definita idea di allargare una strada, quella vigna è stata estirpata. Proprio ora che, giunta a maturazione ed età idonea, avrebbe iniziato a dare i suoi frutti, poi trasformati in vino. Inutile stare a sottolineare il significato profondo del gesto, al di là del fatto che con ogni probabilità è anche un messaggio più “formale” e “politico” di Bergoglio affinché il Papa “emerito” si ricordi di stare alla larga dalle luci della ribalta. Tuttavia, è proprio sul piano dei simboli e delle potenze evocate che si gioca la partita più complessa e delicata per il destino della Chiesa e, quanto fatto, non lascia presagire nulla di buono…

(tratto da www.liberoquotidiano.it) – Papa Francesco, vendetta nel silenzio generale? Il Vaticano fa sradicare la vigna di Ratzinger

Che ci sia maretta nella Chiesa non è un mistero, ma siamo forse arrivati al bullismo intimidatorio? La notizia è stata riportata quasi solo da Il Messaggero, ma a quanto pare non si è colta esplicitamente la natura di quella che appare – almeno vista da fuori – una brutta ritorsione. Era il 2005 quando papa Benedetto XVI, appena eletto, si affacciò in piazza San Pietro e disse con la sua voce tenue: “Dopo il grande papa Giovanni Paolo II, i signori cardinali hanno eletto me, un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore”.

La vigna, chiaro riferimento all’omonima parabola evangelica (metafora della generosità di Dio verso chi “lavora” per Lui) divenne la cifra del pontificato di Ratzinger. Così, la Coldiretti, nel 2012, un anno prima del suo ritiro, regalò al papa tedesco una vera vigna di circa 1000 mq che, dietro suggerimento del Pontefice, fu collocata davanti alla statua di Cristo Buon Pastore. Era la “Giornata della Salvaguardia del Creato” e i coltivatori, con questo dono, volevano dichiaratamente alludere all’umiltà intellettuale del papa teologo che spesso sollecitava la stessa virtù negli scienziati, stimolandoli ad aprirsi al mistero di Dio. Le piante, in tre filari, avrebbero completato la fattoria pontificia, un modello che riusciva a coniugare le esigenze razionali dell’agricoltura moderna con la tradizione e il gusto per l’antico.

E’ durata sei anni quella vigna finché, in questi giorni, sono arrivate le ruspe di Bergoglio che hanno divelto i giovani vitigni di Trebbiano e Cesanese di Affile. Un vino antico, quest’ultimo, noto fin dall’antica Roma e che deliziò il palato di molti papi. Secondo il ciclo di crescita, la vigna stava proprio cominciando a dare i frutti migliori. In Vaticano non si vuole parlare dell’episodio e, sul tema, nessuno ha saputo dare spiegazioni dettagliate. Si cita vagamente l’apertura di una nuova strada, ma nulla di più. E’ pur vero che, da tempo, in Castel Gandolfo la nuova dirigenza delle ville pontificie, nominata l’anno scorso da Bergoglio, sta stravolgendo le stanze di San Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI. Colpisce come lo sradicamento dei tralci sia giunto in concomitanza con la nota crisi sul celibato dei preti suscitata dal libro “Dal profondo del nostro cuore” scritto a quattro mani dal card. Robert Sarah e da Ratzinger.

Che si possa trattare di un “segnale” al papa emerito 92enne lo si potrebbe supporre da una interpretazione tutta personale, da noi scovata, della Parabola dei vignaioli fornita da Enzo Bianchi. Ex commercialista, monaco laico e priore emerito della comunità monastica (non cattolica) di Bose, Bianchi è amico di papa Francesco e si può dire, il suo teologo prediletto, tanto che ha presieduto, in agosto, un ritiro spirituale mondiale per preti ad Ars. Accusato da più parti – e senza troppi complimenti – di essere un eretico neo-ariano (negatore della natura divina di Cristo), Bianchi scriveva, appena pochi anni fa, come secondo lui la parabola spieghi “la tentazione di quanti guidano chiese o comunità: papi, vescovi, presbiteri, abati, priori… A un certo punto la chiesa, la comunità è sentita come se fosse cosa loro; la presenza del Signore sbiadisce e si fa lontana; ed essi, a forza di stare al centro nelle liturgie e nelle riunioni, pensano di tenere il posto che spetta al Signore”. Se si pensa che, tra gli ecclesiastici di alto rango, le stoccate non sono mai prive di un significato metafisico, tale scoperta è raggelante. Lo sradicamento della vigna di Ratzinger equivarrebbe a dire: “non sai stare al tuo posto, il tuo pontificato è finito e non ne rimarrà nulla”.

Siamo nell’ambito delle supposizioni, ovviamente, ma ciò che resta, al di là di ogni ragionevole dubbio, è lo sgarbo gravissimo e gratuito a una persona anziana e venerabile. Come se il nuovo capo di una azienda facesse distruggere il giardino di rose fatto piantare dal predecessore (ancora vivente) a simbolo della sua passata gestione. Chissà cosa ne penserà il vero “Padrone della vigna”?