
C. CLODIO FABATO MARITO OPTIMO ATILIA MARCELLA.
TERRENUM CORPUS, CAELESTIS SPIRITUS IN ME, QUO REPETENTE SUAM SEDEM NUNC VIVIMUS ILLIC, ET FRUITUR SUPERIS AETERNA IN LUCE FABATUS.
A CAIO CLODIO FABATO OTTIMO MARITO ATILIA MARCELLA.
IL MIO CORPO È TERRA MA IL MIO SPIRITO VIENE DAL CIELO E, DESIDEROSO DI TORNARE ALLA SUA SEDE, ORA LÀ SOPRAVVIVE. E GODE TRA I NUMI DI ETERNA LUCE FABATO.
Questa settimana, riportiamo il testo di una delle innumerevoli epigrafi funerarie romane a noi pervenute e a cui spesso ci ispireremo per la nostra rubrica ‘SCRIPTA MANENT‘. Mentre le parole scritte su roccia restano a sfidare il tempo, è il corpo degli uomini a restare sulla terra ma soggetto alle sue leggi del mutamento: infatti, è solo lo Spirito a sopravvivere in eterno tornando alla sua sede celeste, collocata al di là del tempo e dello spazio. Questa massima la ritroviamo sintetizzata nel testo di questa epigrafe, rinvenuta a Rignano Flaminio (CIL XI 3963) e dedicata da una matrona romana di nome Marcella a suo marito Fabato, premorto all’amata consorte. Tutta la profondità della complementarietà tra i sessi, che ancora lumeggiava nell’antica Roma, è espressa in questa iscrizione funebre, semplice ma dagli alti e superiori contenuti, ricca di saggezza e conoscenza dei Princìpi tradizionali, che questa donna aveva probabilmente vissuto e interiorizzato tanto da formularla, alla morte del marito, così spontaneamente.
[Traduzione italiana a cura di Lidia Storoni Mazzolani in Iscrizioni funerarie, sortilegi e pronostici di Roma antica, SE Milano 2018, p.267]