SCRIPTA MANENT – 3

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QUANDIUS VIXI, QUAESIVI NEC CESSAVI PERDERE SEMPER: MORS INTERVENIT, QUAE FACET UT AB UTR[O]QUAE VACE[M]
FINCHÉ VISSI, ACCUMULAI DENARO SENZA MAI CESSARE DI PERDERNE. VENNE LA MORTE; E DA PROFITTI E DA PERDITE MI LIBERÒ.
La vera liberazione passa solo attraverso lo scioglimento dai lacci dei tuoi condizionamenti terreni.
Qui, sulla terra, gli uomini credono di essere liberi in quanto è loro permesso chiedere, pretendere, accumulare, desiderare di avere e agognare di non perdere.
Ma è una catena che imprigiona, è una triste schiavitù, tanto dal desiderio di ottenere, quanto dalla paura di perdere, che illude e inganna l’uomo per tutto il corso della sua terrena, fuggevole vita servile.
La vera libertà consiste nello slegare i nodi che imprigionano la nostra anima da paure e desideri.
La morte di questo avido commerciante romano – raccontata in questo suggestivo epitaffio (CIL VI 30111) – “intervenne” a liberarlo dai suoi condizionamenti terreni ma, forse, anche questa liberazione, dopo una vita di schiavitù, fu solo un’illusoria chimera agli occhi dei sopravvissuti. Il monito implicito e silenzioso di questa epigrafe sembra essere: “Liberati in vita dai desideri e dalle paure, sganciati dai calcoli e dai bilanci, vivi da libero se vuoi morire e, allora, realmente liberarti!”. 
[Traduzione italiana a cura di Lidia Storoni Mazzolani in Iscrizioni funerarie, sortilegi e pronostici di Roma antica, SE Milano 2018, p. 95]