23 Marzo 1919 | Anniversario dei Fasci di Combattimento

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Come l’anno scorso (per l’anniversario dei Cento anni dei Fasci di Combattimento)  anche quest’anno affidiamo all’infuocata oratoria militante dell’amico Maurizio Rossi il compito di ravvivare la fiamma del ricordo – mai sopito – della fondazione del 23 marzo 1919 dei Fasci di Combattimento. Se oggi siamo qui, è anche e soprattutto grazie a quegli eroi che votarono la propria vita alla Rivoluzione, contro tutto ciò che è borghese, orizzontale e meschino. Anime forgiate dalle trincee della prima guerra mondiale, donate al fronte dello Spirito e incastonate nell’eternità che seppero esprimere con il proprio dono di gioia.

Primo anniversario nell’era del Coronavirus.
Penso alla ricorrenza della fondazione dei Fasci di Combattimento e a quello che significò per l’Italia e per l’Europa.
Al contempo mi trovo a riflettere, e sempre più con fastidio, sui balbettii delle varie forze politiche che ancora si comportano come se il contesto generale non avesse subito sostanziali e irreversibili cambiamenti.
Addirittura, c’è chi si ostina a richiedere che il parlamento venga convocato ad oltranza, temendo una deriva autoritaria.
Mi domando dove questa patetica esigenza trovi giustificazione. Se esiste un ente del tutto inutile in questa emergenza nazionale è proprio il parlamento.
L’epidemia ha avuto il merito di averci sollevato dall’assistere agli spettacoli indecenti di questo palcoscenico.
Preferisco vedere un esecutivo politico che si confronta direttamente, senza troppe mediazioni, con le parti sociali e gli organismi sanitari. Preferisco il decreto rapido e immediato, emesso senza troppe e inutili chiacchiere.
Preferisco un sano decisionismo. Che è il più adatto per affrontare l’epidemia.
Ha un sapore un po’ “cesaristico” che a Spengler non sarebbe dispiaciuto. Magari avrei preferito ben altro esecutivo politico, ben altri visioni e altre idee, purtroppo siamo ancora all’interno di una democrazia liberale. Quindi ripenso al Fascismo. Che fu diretto e decisionista, antiparlamentare e plebiscitario. Che fu antiliberale, antimarxista, antiplutocratico. Che fu rivoluzionario e tradizionale, e non conservatore e reazionario.
E voglio ripensare al Fascismo e al suo spirito attraverso le parole di Niccolò Giani che il Fascismo lo conosceva bene.
«Il Fascismo è un richiamo violento alla Tradizione, non un ritorno o una ripetizione. Per noi fascisti la Tradizione come lo dice il significato etimologico del termine e come Evola ha documentato, è e non può essere che dinamica. Altrimenti si parlerebbe di conservatorismo o di reazione. Invece, la Tradizione è continua coniugazione, attraverso il presente, del passato e dell’avvenire; è processo inesausto di superamento, è una fiaccola accesa con la quale ogni popolo illumina la propria strada e corre nel tempo verso l’avvenire. Ecco perché, oggi, Rivoluzione e Tradizione non si escludono, ma anzi si identificano e questo spiega il culto che noi abbiamo per il passato e dice ai soliti uomini dai paraocchi che l’italiano del secolo XX non può che essere fascista.»
Questo spirito ci potrà essere ancora di sostegno in questa drammatica situazione nazionale?
Ritengo di sì. La vita sta cambiando in ogni suo aspetto, quindi cambierà la vita individuale, quella collettiva, quella sociale, quella economica, quella politica.
Occorreranno allora altre analisi, altre elaborazioni, altre chiavi di lettura, altra coscienza, altro spirito.Quello di Niccolò Giani sarà importante.
Il vecchio sta morendo, ma il nuovo deve ancora nascere.
In alto i cuori!
Maurizio Rossi