“Narcisi di Montagna – Dialogo per un alpinismo della rinuncia” – recensione

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(a cura del Gruppo Escursionistico Orientamenti)
Questa volta non conoscevamo questo testo, lo troviamo quasi per caso, in un cesto tra quelli usati e lo prendiamo incuriositi dal titolo e dal tema trattato.
Scopriamo con piacere una lettura davvero interessante, dove l’Autore, attraverso la forma del dialogo, quindi con risposte più o meno argomentate e articolate, talvolta volutamente provocatorie, ci espone la sua visione dell’alpinismo, da come è nato a cosa è diventato, che cosa veramente spinge l’uomo a dirigersi verso le vette, a confrontarsi con se stesso, a fare i conti con la paura, con il rischio e con la morte.
Il testo non affronta solamente temi prettamente alpinistici ma è un viaggio interiore all’interno dell’animo umano, con tutte le paure, i desideri, dalle più alte intenzioni e aspirazioni verso il Sacro alle più infime meschinità e alle più gretto materialismo che a volte nascondiamo anche a noi stessi.
Uno sguardo critico e disincantato verso una pratica ormai sempre più alla rincorsa della prestazione sportiva, dei record del tempo, del grado di difficoltà, tutti fattori misurabili e comparabili (quantità)  che accrescono la popolarità di chi compie l’ascesa.
La critica è diretta al mondo della montagna in generale, da quello di punta, atleti agonisti che vivono per primeggiare  nella loro specifica disciplina, nel mondo degli sponsor, della spettacolarizzazione e di tutti gli eccessi, a quello dei fantomatici “guru” che professano la ricerca di una presunta pace interiore che in realtà nasconde una fuga, non solo dalla frenesia e dal frastuono della metropoli ma in primis da se stessi.
Per chi invece cerca la qualità dell’esperienza è quindi necessario  ritorno alla semplicità, all’escursione come gita e come gioco, pur conservando sempre i suoi valori più profondi, una ricerca della concentrazione, della solitudine e del silenzio, un autentico viaggio interiore alla scoperta di se stessi senza il peso del risultato a tutti i costi per un accrescimento dell’ego, derivato dall’autocompiacimento o dall’ammirazione altrui, un percorso che porti l’uomo ad entrare in sintonia e in armonia con la natura e non in competizione o sfida con essa. Allora si che si sale “leggeri”, ma non  perché abbiamo lo zaino con meno materiale al suo interno.
Sono ormai passati diversi anni dalla prima edizione di questo libro (2004) e ad oggi non possiamo dire che la tendenza “narcisistica” si sia attenuata,  anzi la vanità è cresciuta in maniera esponenziale nella società prima che nel mondo della montagna, dove se vogliamo fare un esempio, come non ricordare le recenti le immagini delle vette Himalayane letteralmente assalite dalla folla delle spedizioni turistiche che hanno fatto il giro del web.
L’alpinismo è ed è stata sempre una disciplina per pochi, e di questi pochi probabilmente soltanto una ancor più ristretta minoranza ha consapevolmente scelto di praticarla come Via nel senso superiore e spirituale del termine, altri si sono illusi o si illudono di farlo, ma resta il fatto che le potenzialità che offre la montagna, se affrontata nel giusto modo, quindi vivendola come strumento di crescita interiore, sono di fondamentale importanza per il nostro percorso formativo.