Sempre dal medesimo libro “La dittatura europea”, dopo l‘estratto riguardo l’omosessualità come acceleratore dell’uguaglianza, oggi proponiamo, un ulteriore estratto sul mondo della non-forma e l’era della bruttezza.
di Ida Magli
È stato superato, dunque, un punto di svolta determinante. L’Impero dei Banchieri può rallegrarsi. Il mondo della «non-forma» cui aspira, affretta il passo. Più vedo chiaramente, però, qual è la meta che i banchieri si prefiggono e più mi chiedo se le cose stiano proprio così.
Cosa se ne faranno di un mondo senza forma? Quanto tempo potrà o dovrà passare prima che qualcuno si ribelli, voglia dipingere un fiore con la forma di «fiore», un volto con la forma di «volto»? So bene che è l’America il centro propulsore della non-forma.
Lo dice chiaramente Harold Bloom nel suo bel saggio sull’America come Nazione post cristiana, La religione americana: «Il nostro è un mondo senza forma». Ma l’America ha un motivo per aver optato verso la non forma, anche se si tratta in ogni caso di una scelta che ha comportato, e continua a comportare, moltissime conseguenze negative.
Il motivo fondamentale, ovviamente, si trova nell’aver aggregato genti provenienti da tutte le parti del mondo, con costituzioni fisiche diverse, lingue diverse, costumi diversi, religioni diverse. Genti accomunate, però, dall’essersi impadronite di un territorio sconfinato: tutti uguali, quindi, nella condizione di immigrati e di conquistatori, guidati dal primato dei «bianchi» nell’uso della lingua inglese e nella passione per lo sviluppo tecnologico.
L’immenso spazio a disposizione ha suggerito di poter convivere senza imporsi troppi sforzi di omogeneizzazione, con la creazione delle Little Italy, Little China, con la Chiesa cattolica di fronte o a fianco di quella presbiteriana.
Insomma, i gruppi si sono sparsi ovunque, dopo aver però sentito comunque il bisogno di sopraffare e ridurre a piccolissimi residui quelli che erano i padroni del luogo, tanto da aver fatto di questa distruzione il loro mito epico, la loro Odissea.
L’intenso lavoro per avviare partendo da zero l’organizzazione di una società civile, con le istituzioni ricalcate su quelle europee per l’amministrazione della giustizia, per l’educazione dei figli, per i matrimoni, per gli esercizi religiosi, per la gestione del denaro, è stato sufficiente a non porsi il problema di una creazione ex novo. È stato questo insieme, in parte prefabbricato e in parte adattato alle nuove situazioni, a diventare il «modello di vita americano», che in realtà non è un «modello» nel senso tecnico del termine in quanto si è trattato di una giustapposizione di tratti culturali preesistenti. Un modello che ha finito con l’assumere come forma la «non-forma». Sicuramente hanno contribuito a questo modello di «non-forma» alcuni fattori della cultura di cui erano portatori i più numerosi e i più attivi dei conquistatori. La leadership infatti era quasi tutta connotata dalla fede nell’Antico Testamento degli ebrei e dei protestanti, che comporta il divieto di immagini.
Un divieto che ritengo fondamentale nell’orientare il «gusto», il senso del bello, in tutti i campi, da quello architettonico a quello pittorico, verso l’astensione dalla «figura». Buona parte dell’arte contemporanea è stata dominata da questo rifiuto della figura, tanto più che l’America si è impadronita con il suo spirito mercantile e con la forza dei suoi commerci, del mercato dell’arte. Ma anche l’architettura ne è stata profondamente influenzata.
La freddezza, che caratterizza il gusto della non-forma, ha portato gli americani a imporre come «bella» una tecnologia fine a se stessa e pertanto disumana, come quella dei grattacieli. Sembra incredibile a chi vive in Europa, dove ogni piccolo spazio è prezioso, che nell’immensità del continente americano si sia potuto scegliere pur di sembrare potenti, di rinchiudersi in simili edifici che non grattano nessun cielo, né materialmente né spiritualmente. Il territorio era ed è talmente ricco di ogni bene naturale che l’America ha potuto credere, anche per l’apporto creativo degli immigrati europei, di essere ricca in tutto. Ma il modello della non forma è ovviamente poco resistente e gli americani ne stanno pagando il prezzo con i conflitti etnici, le sperequazioni, mai eliminate, fra i troppo ricchi e i troppo poveri, la violenza delle periferie, dei gruppi giovanili, l’abbandono dei vecchi, poverissimi anche se ricchi, in tristi città create soltanto per loro, nell’ansia di misticismo, vero o falso, con il quale cercano un Dio e una spiritualità su misura su di loro senza riuscire a trovarli.
Il millenarismo, la New Age, l’eterna attesa di una nuova Era, magari anche apocalittica, purché sia piena di una stordita trascendenza, gli eccessi nella droga, nell’alcool, nel sesso, sono tutte espressioni della non-forma. Il declino dell’America è iniziato già da parecchio tempo. Naturalmente è troppo ricca perché questo declino possa piegarla, e forse, se cominciasse a cercare un nuovo modello culturale, lasciandosi alle spalle quello che non è mai giunto a maturità, potrebbe risollevarsi e prendere in altro modo, senza continue guerre e senza contare esclusivamente sul «fondamentalismo del Mercato» il suo posto nel mondo.
Purtroppo però i nostri politici, dalla fine della Seconda guerra mondiale in poi, quindi con l’edificazione dell’Unione Europea, hanno creduto, sotto la spinta del Piano Marshall e del terribile odio di Churchill per tutti noi (aveva fatto tutto il possibile per distruggerci totalmente, non accettando mai un armistizio) che, per salvarci da altri totalitarismi, dovevamo a tutti i costi, non soltanto imitare l’America, ma unirci in un unico Stato, copiando gli Stati americani. Il seguito lo conosciamo.
Per imitare l’America bisognava per prima cosa non avere una storia di secoli e secoli di civiltà alle spalle. Non avere le lingue che hanno dato al mondo la più grande letteratura, la più grande poesia, il più grande teatro, la più grande filosofia. Quando sento politici anche colti e intelligenti rifugiarsi, di fronte alla molteplicità delle lingue esistenti in Europa, nel prossimo inglese-esperanto nel quale ci esprimeremo tutti, penso che Dante avrebbe creato per costoro, se avesse avuto la disgrazia di conoscerli, un apposito, atroce girone dell’Inferno.
Insomma, per somigliare all’America, diventare ricchi come l’America, dobbiamo buttare in mare tutte le nostre ricchezze e apprestarci a vivere il modello della non forma. Gli immigrati naturalmente servono a questo scopo egregiamente. La maggioranza è musulmana, per cui il rifiuto delle immagini dettato dall’Antico Testamento l’abbiamo pronto in casa, senza bisogno di andarlo a cercare.
Per giunta i nostri politici trovano che spendere montagne di soldi dei contribuenti per pagare gli artisti della non-forma sia molto chic, per cui stanno approntando orridi grattacieli e musei che sembrano montagne di cemento laddove si alzavano le morbide forme dei Brunelleschi, dei Michelangelo… Basta. Questo è l’Impero dei banchieri. Loro sì che hanno assimilato l’anima americana: denaro, denaro, denaro; mercato, mercato, mercato. L’Era della Bruttezza è cominciata.