La crisi economica NON è dovuta al virus – 5 – Orientamenti economici

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La crisi economica NON è dovuta al virus.
Guida semplice per smascherare la truffa in corso.
Dopo le prime quattro puntate di Orientamenti economici, proseguiamo il nostro speciale dedicato all’economia volto a spiegare, in modo semplice, i segreti che stanno alla base degli interessi e della moneta.

PARTE V

LA TRUFFA DEL RECOVERY FUND!

Dopo aver trattato, nella maggior parte delle precedenti puntate, temi ed eventi economici datati ma senza i quali sarebbe stato inopportuno e fuorviante parlare dell’attualità, quest’oggi, anche in virtù degli ultimi nefasti sviluppi, non potevamo esimerci dall’affrontare un tema quanto mai attuale.

In questi giorni, dopo la riapertura progressiva dell’Italia (che culminerà il 3 giugno con la riapertura delle regioni) e il conseguente insabbiamento da parte dei media mainstream (troppo impegnati a denunciare la movida) della maggior parte dei dubbi inerenti la gestione dell’emergenza sanitaria (o presunta tale), a tener banco è soprattutto il tema economico. Il 27 maggio scorso infatti, la presidente della commissione europea, Ursula von der Leyen, ha presentato il nuovo piano per il lancio del tanto atteso Recovery fund. Ovviamente, la maggior parte dei burattini presenti all’interno dell’attuale governo, all’unanimità, hanno accolto la notizia come una vittoria senza precedenti e per farsi due risate basta leggere qualche dichiarazione dei vari Conte, Gentiloni, Zingaretti, Franceschini (solo per citarne alcuni) che si esprimono in termini veramente entusiastici:

“Conte: ottimo segnale da UE! In pochi ci avrebbero scommesso, gli aiuti arrivino presto.”

“Gentiloni: il Recovery Fund non è una torta da spartire. Ci vuole molta serietà, è un’occasione irripetibile.”

“Franceschini: è la prima volta da trent’anni che si può spendere. Le risorse da Bruxelles possono cambiare il futuro.”

“Zingaretti: una grande vittoria italiana, adesso quei soldi dobbiamo spenderli bene.”

Per enfatizzare la generosità e la solidarietà europea poi si è messa in moto anche la macchina mediatica. Alcuni dei principali giornaloni turbocapitalisti, facendo eco alle dichiarazioni dei politicanti, hanno subito dato in pasto la notizia ai propri lettori anestetizzati spacciandola per un successo senza precedenti: “Pronto il bazooka europeo anti crisi da oltre 2000 miliardi”, “All’Italia 172,7 miliardi, di cui 81 a fondo perduto” e cosi via. Successivamente, come accade in queste occasioni, per far digerire la notizia si è instaurato il solito dibattito nei talk show che ormai vanno tanto di moda in prima serata: chi a favore, chi contro, chi usciamo dall’euro, chi meglio questi soldi che niente, urla, finto teatrino e tanta tanta confusione per non far comprendere nulla all’ascoltatore, cittadino, elettore (…? Perché siamo in democrazia?!) o forse per loro semplice consumatore.

 

Si, abbiamo capito che è in atto il solito teatrino, ma quindi che succede? In cosa consiste realmente questo Recovery fund? Ecco, appunto, facciamo un po’ di chiarezza.

 

 

Cosa ci hanno raccontato politici e media mainstream fino a oggi.

Tra un Dpcm e l’altro il burattino Giuseppi e tutta la sua squadra, con in prima fila l’anonimo Ministro dell’Economia Gualtieri, durante queste settimane nel passare come salvatori della patria e come difensori assoluti dei diritti di milioni di cittadini italiani si sono detti prima contrari, poi favorevoli, poi di nuovo contrari, poi contrari ma non del tutto al Meccanismo europeo di stabilità (MES), detto anche Fondo salva-Stati.  In una delle tante dirette del sabato sera a reti unificate, il buon Giuseppi, dopo aver attaccato la  Meloni e Salvini precisando come il MES esista in verità dal 2012, arrivò a ribadire come lui e il suo ministrino Gualtieri in Europa avrebbero fatto la voce grossa per difendere l’Italia nei palazzi di Bruxelles. Ebbene, magicamente dopo qualche giorno sulla bocca di tutti i principali politicanti europei è uscito fuori un nuovo  termine anglofono: Recovery fund. Per quello che ci hanno raccontato fino a qualche giorno fa, questo Recovery fund consisteva in un nuovo piano di finanziamento per aiutare tutti i paesi dell’UE colpiti dalla crisi economica procurata dalla pandemia e in particolar modo, attraverso questo piano, si prospettava di stanziare un numero consistente di denaro a fondo perduto con l’obiettivo comune di sostenere e far risollevare soprattutto le nazioni maggiormente colpite dalla pandemia, una fra tutte ovviamente l’Italia.

Questo piano prevedeva la restituzione dei fondi non in base al prestito ottenuto ma in base alla percentuale di contribuzione dei vari stati nell’Unione Europea. Pertanto, essendo l’Unione Europea una “società” costituita da 27 paesi, ciascuno di questi stati anziché restituire per intero i fondi ricevuti tramite il Recovery fund, doveva restituire tali fondi in base alla propria “quota capitale” posseduta nell’UE. Se la quota di partecipazione di uno stato nell’UE risultava superiore alla somma avuta in prestito, questo si trovava a dover restituire più di quanto ottenuto, viceversa, se la quota di partecipazione risultava inferiore al prestito, lo stato in questione si trovava a dover rimborsare una somma inferiore a quella avuta. Fino a pochi giorni fa per l’Italia si parlava di un prestito vantaggioso di 100 miliardi, pari al 20% del fondo comune dell’UE, costituito al momento da 500 miliardi. In virtù di ciò, dato che la quota di partecipazione dell’Italia nell’UE è pari al 17,8%, l’Italia avrebbe ottenuto un piccolo beneficio: avrebbe preso il 20% dei fondi a disposizione invece che il 17,8% che gli sarebbe spettato data la sua quota di partecipazione.

Cosa hanno deciso a Bruxelles e quali sono le cifre reali.

Proprio il 27 maggio tuttavia, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha comunicato le cifre sulle quali si sono raggiunti gli accordi di massima: all’Italia spetteranno 82 miliardi e non 100. Ecco che allora, facendo qualche rapido conto, si comprende benissimo che qualcosa non torna. Con una banalissima operazione matematica, si può tranquillare calcolare che non solo all’Italia non spetteranno più i 100 miliardi promessi ma addirittura le si darà una somma inferiore persino a quella che dovrebbe spettarle in ragione della sua quota di partecipazione: il 17,8% di 500 miliardi (ovvero dell’ammontare totale del fondo UE) infatti è pari 89 e non a 82 miliardi.

In buona sostanza, riceveremo 82 miliardi e dovremmo restituirne 89 più interessi. Nel frattempo, il burattino Giuseppi, nell’elogiare la scelta dell’Europa, arriva nientemeno a dire che questa era proprio la direzione indicata dall’Italia (ah, pure!).

Inoltre, per far passare inosservato questo “dettaglio” e per non far apparire questo provvedimento per quello che realmente è, ovvero una truffa, i tecnocrati di Bruxelles hanno deciso di aggiungere un ulteriore fondo alla somma precedentemente considerata (cioè agli 82 miliardi). Cosi, si è deciso di creare un fondo che eroga ufficialmente un prestito.

Perché hanno deciso di creare questo ulteriore fondo?

Il motivo è molto semplice: creando un nuovo fondo che eroga ufficialmente dei soldi sottoforma di prestito, si può far credere che gli 82 miliardi costituiscano una gentile concessione dell’UE e che pertanto siano a fondo perduto. Come abbiamo visto in precedenza però, la realtà è ben diversa e anche gli 82 miliardi costituiscono un prestito che prevede il rimborso attraverso il pagamento di interessi. Tanto è vero che nel documento ufficiale si parla esplicitamente di “binding repayment funds” e di un “binding repayment plan“. Traducendo questi termini capiamo benissimo che qui si sta parlando di un “piano vincolante di restituzione”, insomma, tutto fuorché un contributo a fondo perduto.

Sempre perché l’Europa ci vuole tanto bene e ci adora, di questo nuovo fondo all’Italia verrà assegnata la fetta più grande, ovvero 90 dei 250 miliardi totali. Tuttavia, la quota di quest’ultimo non ha molto senso proprio in virtù del fatto che si tratta pur sempre di un prestito che deve essere restituito.

Oltre al danno anche la beffa!

Proprio cosi, perché mentre nel governo italiano fanno a gara a chi si complimenta prima con la solidarietà europea, gli squali dell’UE festeggiano per aver truffato ancora una volta milioni e milioni di cittadini italiani. Ricapitolando: non prenderemo i 100 miliardi che ci avevano promesso tramite il Recovery fund, non prenderemo nemmeno gli 89 miliardi che ci sarebbero spettati in virtù della nostra quota di partecipazione nel fondo UE (cioè il 17,8% dei 500 miliardi totali), ci daranno 82 miliardi (il 16,4% dei 500 totali) e saremo costretti a restituirne 89. Poi, ci daranno 90 miliardi come prestito ufficiale che dovrà essere restituito attraverso il pagamento di interessi.

Come se non bastasse, dato che l’obiettivo di chi conta realmente a Bruxelles è quello di condurre l’Italia nello stesso baratro della Grecia, questi soldi probabilmente nemmeno li vedremo. Sempre dal documento infatti, si legge che i fondi saranno distribuiti sulla base della “programmazione di bilancio europea” ovvero, tali fondi, saranno distribuiti solo agli stati che si impegneranno nell’intraprendere un ambizioso piano di riforme. Da molti anni ormai sappiamo fin troppo bene cosa si intende nei palazzo di Bruxelles quando si parla di riforme: attuazione di politiche economiche restrittive che prevedono il taglio della spesa pubblica.

Entro il 30 aprile del 2021 l’Italia dovrà presentare all’Europa il “piano nazionale delle riforme”, tale piano verrà analizzato dalla Commissione europea (alcune cose verranno approvate altre invece no) e dopodiché l’Europa verserà nelle casse dello stato italiano una piccola parte dei 172,2 miliardi che spetteranno all’Italia. Ogni 3 mesi, a partire dal primo versamento, la Commissione Europea verificherà dove si saranno spesi quei soldi, cioè se l’Italia li avrà impiegati proprio come indicato dall’UE. Se tali indicazioni verranno rispettate, di trimestre in trimestre l’Italia riceverà volta per volta l’ammontare completo stanziato, fino al termine dei 4 anni prefissati. Qualora nei controlli trimestrali la Commissione europea dovesse riscontrare un venir meno dei patti concordati, cioè l’Italia per qualsiasi motivo si trovasse a spendere i fondi erogati diversamente da quanto indicato dall’Europa, allora la tranche successiva non sarà erogata, si salterà un turno.

Purtroppo, la truffa non finisce qui. Come ultimo obbligo all’Italia verrà imposto di garantire il debito contratto accettando il cosiddetto “piano di restituzione vincolante”, ossia ci obbligheranno a rimborsare quel debito in euro qualunque cosa accada.

Sostanzialmente, all’orizzonte non si prospetta nulla di nuovo ma sempre e solo lacrime e sangue.

Certamente, non abbiamo la sfera di cristallo e non possiamo prevedere con esattezza il futuro, ma sicuramente ci aspetterà un autunno molto turbolento dato che le case di proprietà dell’80% degli italiani, quel poco di sanità pubblica ancora rimasta, le pensioni e il grande risparmio privato italiano fanno gola a molti squali europei e non solo.

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