La via geopolitica nella Tradizione
Una caratteristica in Haushofer, e assai rara persino nei più raffinati tradizionalisti, è la sua onestà intellettuale, nel non voler forzare i ragionamenti in modo da sostenere a ogni costo determinate posizioni. Un utile confronto in tal senso è quello proprio con Julius Evola (1898 –1974). Se per il grande filosofo romano i confini di un Popolo sono squisitamente spirituali, per Haushofer questi, per converso, sono quelli tangibili del territorio; tutto parte dalla Geografia nel sistema tradizionale elaborato dal tedesco.
Non per niente, tornando al Giappone, in questa complessa Nazione, egli riconobbe e precisamente illustrò il sacro nel rapporto tra: “sangue e suolo”. Vi sono però delle affinità tra il Pensiero Evoliano e quello di Haushofer, cioè in una percezione negativa del Cristianesimo. In Giappone, durante lo Shogunato Tokugawa (1603 –1868), la nuova
religione importata dai missionari portoghesi a metà del XVI secolo si andò silenziosamente diffondendo, arrivando a far convertire addirittura alcuni signori locali (i Daimyō, 大名) del Sud del Paese.
Ciò scatenò delle forti persecuzioni da parte del Potere Centrale. Haushofer anche in questo suo testo rimarca il fatto che il Cristianesimo entrò in conflitto con una rinata e benefica Idea Imperiale, venendo infine proibito nel 1636. Il geopolitologo tedesco si spinge a definire la religione cristiana come una: “dottrina pericolosa”. Invero, Evola era dello stesso avviso per quanto concerneva però l’Occidente, considerando il messaggio evangelico la causa principale del decadimento di quel sentimento eroico che aveva connotato l’Europa sotto l’egida di Roma. La critica, a tratti dura, di Haushofer verso la presenza cristiana nell’Arcipelago va inquadrata nella importanza che lui dà alla unità razziale del Popolo Nipponico: un aspetto fondamentale nella visione che egli ha del Giappone, riassunto nel suo reiterare la succitata espressione “sangue e suolo”.
Ragion per cui, ogni fattore estraneo/impuro poteva mettere a repentaglio questo specifico etnico, alla base dall’Anima Imperiale dell’Arcipelago. Sia come sia, va precisato che il pensatore tedesco non ha semplicemente posto le premesse per una Geopolitica che non fosse eurocentrica; ovvero, incline a tutelare gli interessi delle solite oppressive potenze occidentali. Haushofer è andato molto oltre, arrivando all’altro capo del Globo Terracqueo, giungendo sino al distante Giappone, cercando di carpirne gli elementi strutturali dal valore universale.
Nel comprendere che per decifrare questo Popolo è necessario non scindere mai la politica dal sacro, egli ci appare quale il miglior yamatologo del ‘900, assieme ai nostri Padre Mario Marega – coltissimo missionario salesiano, autore di una imprescindibile traduzione del
Kojiki, pubblicata dalla Laterza nel 1938 – e Fosco Maraini. Va poi ricordato che rimane saldo in Haushofer il principio cristallino che il governo del territorio debba essere garantito da una appartenenza etico-politica della quale il Regnante è il simbolo vivente, rappresentante la “dimensione interna”: il kokoro (心) (21), il suo “cuore”.
E questo confine spirituale – non solo nel caso nipponico – andrebbe difeso a ogni costo. Non per niente, egli utilizza più volte il termine “marca”, che all’epoca dei Carolingi indicava per l’appunto un territorio di frontiera.