Colleferro: la generazione Saviano e i modelli Gomorra

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Quattro bulli di quartiere uccidono senza pietà un coraggioso ragazzo che cercava di salvare un suo amico.
La triste vicenda la conosciamo ormai tutti. E il profilo antropologico che se ne potrebbe trarre di costoro è anch’esso semplice da desumere: vigliacchi, coatti, criminali, saturi di quella “cultura Saviano” che reitera il modello del mafioso di quartiere, di quella musica sincopata che esalta droga, soldi e criminalità
Eppure, in questi giorni, tra politici faziosi e giornalismo mainstream si susseguono proclami contro le arti marziali, contro le estreme destre e tutti i classici leitmotiv del giornalismo italiota. All’origine della violenza dei fratelli Bianchi, e dei loro “bravi”, per il giornalista di regime l’equazione è semplice: arti marziali + estrema destra = assassino.
I giornalisti per qualche “like” o visualizzazione in più sono alla ricerca costante dell’improbabile scoop, della fantasiosa “trama nera”, del “supercriminale” custode di tecniche segrete mortali, della fonte alternativa ed originale del comportamento di questi assassini che, a conti fatti, è banale e semplice. La gioventù liquida moderna cresce con modelli sbagliati: Gomorra, le serie Netflix, la musica trap, i film etc. Ma non è solo questo.
Il problema è ben più profondo e abbraccia le basi stesse di questa società. E questo stato di cose lo vediamo ovunque intorno a noi. Non pensiamo infatti che sia un problema circoscritto alle periferie, alla criminalità, a quattro vigliacchi e spostati.
Questa forma mentis si riflette persino tra i commenti della “brava gente”, di quei perfetti borghesi che augurano lo stupro della figlia del criminale su facebook o immaginano le più abiette torture con la bava alla bocca. Aizzata dal giornalismo spazzatura il body shaming, la tortura, la pena di morte, gli insulti razzisti e omofobi, qui tutte le ipocrisie del politically correct cadono.
Qualsiasi bestialità, qualsiasi cattiveria è giustificata perché augurata o rivolta a delle bestie, degli assassini capaci solo di colpire in gruppo. La folla non cerca Giustizia: una pena giusta e connaturata all’efferatezza del gesto (che potrebbe essere anche capitale). Non c’è distacco e impersonalità nel fare ciò che deve essere fatto. La folla, così come il “branco“, cerca violenza, vendetta. Qui si riflette tutto il male di questo mondo. 
I quattro bulli di quartiere sono solo l’estrema cristallizzazione, le figure archetipiche di questa società insensatamente violenta, edonista, materiale e priva di valori; di quei valori che la sinistra deride, e che chiama “fascisti” i loro perfetti figliocci, che di quei “valori fascisti” ne sono totalmente privi.
La società moderna necessita di un feticcio su cui riversare il proprio malessere per esorcizzare la sua natura bestiale e meschina. Questa vicenda ne ha trovati quattro. Tra qualche tempo il povero Willy verrà dimenticato e sarà qualche altra macabra vicenda di cronaca ad alimentare gli appetiti della folla furente e a far sfregare le mani a spregiudicati giornalisti.

D’altronde il mondo moderno insegna: tutto è buono pur di non fare i conti con se stessi.