SCRIPTA MANENT – 10

950

L’ITALIA È UN’ISOLA CHE SI IMMERGE NEL MEDITERRANEO. SE PER GLI ALTRI IL MEDITERRANEO È UNA STRADA, PER NOI ITALIANI È LA VITA 
Dal discorso pronunciato da Benito Mussolini a Milano il 1° novembre 1936, in parte riportato sui muri di un edificio sia a Monreale (PA) che a Sant’Antioco (CI), si evince la necessità, politica e spirituale, italiana e quindi romana, di proiettare Roma – la Qibla dell’Occidente, per usare un’espressione cara a De Giorgio – sul Mediterraneo, “mare nostrum” sul quale gettare i ponti della civiltà, accendere i fari della Tradizione, guidare le anime assediate dal mare in tempesta.
Il Mediterraneo è la culla della civiltà greco-romana, dove affondano le radici della nostra cultura. Se per i mercanti Cartaginesi e i loro eredi il Mediterraneo non è stato altro che una strada da percorrere per accaparrarsi l’oro, da Odisseo a Enea, il mar Mediterraneo ha rappresentato la via per il compimento di una vita eroica. La nostra civiltà è sorta dall’eroismo di uomini che seppero attraversare le acque perigliose di questo mare, che è vita ma anche morte, che è pace ma anche guerra.
Come ricordato nel volume edito da Cinabro Edizioni “L’epica dei cieli e dei mari“, nel quale sono stati raccolti gli articoli di Evola pubblicati su “L’ala d’Italia” e “L’Italia marinara”, il motto “Navigare necesse est, vivere non est necesse“, noto anche con delle varianti, è l’esortazione che, secondo Plutarco, Gneo Pompeo diede ai suoi marinai, che opponevano resistenza all’idea di imbarcarsi alla volta di Roma a causa del cattivo tempo: «Sul punto di salpare, dato che soffiava per mare un gran vento e i timonieri rumoreggiavano, imbarcatosi per primo e ordinando di levare l’ancora gridò: Navigare è necessario, vivere non è necessario!» (Plutarco, Vita di Pompeo, 50, 1). Il motto venne poi ripreso dalla Lega Anseatica e da Gabriele D’Annunzio, che lo inserì nell’incipit della sua poesia “Alle Pleiadi e ai Fati”, che è la prima delle “Laudi” («Gloria al Latin che disse: Navigare è necessario; non è necessario vivere” / A lui sia gloria in tutto il Mare»). 
Fu quindi Benito Mussolini a riutilizzare il motto, dapprima in un celebre articolo uscito su “Il Popolo d’Italia” il primo gennaio del 1920, poco più di un anno dopo la firma dell’armistizio di Compiègne che segnò la fine, per l’Italia, della Prima Guerra Mondiale, in cui il Duce scriveva molto significativamente: «Vive il motto che prima di essere dell’anseatica Brema fu di Roma imperiale: “navigare necesse”. […] Ma per noi “navigare” significa battagliare. Contro gli altri, contro noi  stessi. La nostra battaglia è più ingrata ma è più bella perché ci impone di contare soltanto sulle nostre forze. Noi abbiamo stracciato tutte le verità rivelate, abbiamo sputato su tutti i dogmi, respinto tutti i paradisi, schernito tutti i ciarlatani – bianchi rossi neri – che mettono in commercio le droghe miracolose per dare la “felicità” al genere umano […]. Noi soli immuni dal contagio. L’esito di questa battaglia è per noi d’ordine secondario. Per noi il combattimento ha il premio in sé anche se non sia coronato dalla vittoria. […] Ma intanto «navigare necesse». Anche contro corrente. Anche contro il gregge. Anche se il naufragio attende i portatori solitari e orgogliosi della nostra eresia». L’esortazione fu poi ripresa da Mussolini in un discorso a Catania l’11 maggio 1924: «O popolo di Catania marinara! Dobbiamo tornare ad amare il mare, a sentire la ebbrezza del mare, poiché, “vivere non necesse sed navigare necesse est”».