Agide II, re di Sparta dal 427 al 400 a.C., figlio di Archidamo e predecessore di Agesilao, noto soprattutto per le vittorie militari conseguite durante la guerra del Peloponneso contro l’Attica (in particolare nel 418 contro Argivi e Ateniesi nella battaglia di Mantinea) risponde così alla domanda su quale sia la materia più insegnata a Sparta.
Nella città laconica la società è concepita in maniera organica, gerarchica e basata sul presupposto secondo cui all’adempimento dei propri doveri – di qualunque tipo essi siano – consegue l’equilibrio della comunità, sotto ogni aspetto. Compiere ciò che deve essere fatto significa, come insegna Agide, saper dare e saper ricevere ordini, ovvero – necessariamente – saper dominare se stessi prima di dominare gli altri.
L’osservanza dei propri obblighi è un’azione svolta in silenzio, in maniera impersonale e conforme alla propria natura, con precisione ed efficacia. Svolgere il proprio dovere implica la vittoria su di sé, un lavoro duro e difficile e per questo raro e prezioso. Per poter dominare gli altri occorre sapersi dominare, governare i propri pensieri, avere il controllo del proprio respiro, disciplinare le proprie pulsioni e dirigere la propria esistenza. In questo modo si può essere padroni della propria vita e guidare gli altri.
Sparta imprime negli uomini quella formazione spirituale che prepara all’esercizio interiore e continuo su di sé per vincere le proprie passioni e domare le emozioni. Non uomini fragili, irrequieti, in balia degli istinti, schiacciati da mille debolezze, in fuga dalle responsabilità; gli Spartani sono uomini nobili, corretti e fedeli, gli Spartani sono élite.
La disciplina e l’obbedienza sono una forma di dono, l’applicazione più nobile della libertà, la migliore manifestazione dell’autorità, quella su se stessi. Per dominare il proprio Io, per sopportare la fatica e vincere ogni resistenza, bisogna essere animati da un grande ideale; solo così, il dolore sarà concepito come una via di elevazione e di sacralizzazione del dono e si trasformerà in gioia. Bisogna ricercare nella disciplina e nell’obbedienza la forza per dominare se stessi, solo successivamente si sarà in grado di dirigere gli altri, dare ordine alla massa e orientare l’azione. Mai nessuna grande opera si è compiuta nell’egoismo e nell’orgoglio.
«Dopo aver obbedito si può comandare, per non godere brutalmente del diritto di schiacciare gli altri, ma perché il comandare è una prerogativa magnifica quando mira a disciplinare forze scalpitanti, conducendole alla pienezza del risultato, fonte suprema di gioia». (Militia, Lèon Degrelle – Edizioni di AR)
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