Articolo a cura di Heliodromos, pubblicato sul sito www.heliodromos.it
Viaggio al termine della Sanità
La genesi e la distruzione del Servizio Sanitario Nazionale (I)
Premessa
Tutti gli interventi ospitati sul nostro sito muovono da un’apertura verso il trascendente, senza per questo trascurare l’aspetto puramente umano, sia in generale, che in rapporto alle contingenze nelle quali ci troviamo a vivere, per compiere il nostro destino e per assolvere la funzione cosmica che il Principio ci ha assegnato.
Questo orientamento spirituale deve necessariamente poggiare su un essere in grado di interagire con l’ambiente circostante, onde fare tesoro di esperienze che gli siano di stimolo e di aiuto nel suo percorso terreno. Le improvvise trasformazioni che stanno sconvolgendo la nostra società non può che modificare la percezione e lo sviluppo di quest’essere, scaduto a misero consumatore di beni, rischiando di compromettere in maniera irreversibile ogni tentativo di cercare la via del Cielo per sottrarsi a un inferno, i cui bagliori già si intravedono all’orizzonte.
Ricordiamo a tal proposito, con le parole di Faust Bradescu, che la crescita interiore su cui poggiava il legionarismo di Codreanu passava per le due dimensioni legionarie: la dimensione storica (temporale) e la dimensione cosmica (atemporale) «…posto che è nell’uomo dove si cristallizza tanto l’esistenza palpabile della vita sociale, come quella impalpabile della vita spirituale.», dove «Ogni atto di superamento, per essere un atto spirituale, deve essere disinteressato». (1)
Solo pochi mesi addietro si diceva «esco a prendere una boccata d’aria», e quando incontravamo amici e conoscenti, manifestavamo il nostro grado di confidenza, che spaziava da una semplice stretta di mano a calorosi abbracci e baci. Dall’inizio del lockdown in poi, si dice «non puoi uscire senza la mascherina» e nell’incontrare i conoscenti, si eseguono strani gesti con il gomito o a pugni chiusi, come i pugili prima di un incontro sul ring. La mascherina è divenuta il simbolo di questa svolta autoritaria, così come il distanziamento ne esprime la volontà imposta: entrambi accettati senza alcuna protesta.
Mentre la quarantena è una forma sanitaria e temporanea di separazione, protettiva per la comunità, il termine lockdown, importato dagli USA, viene usato per indicare: l’isolamento dei detenuti temporaneamente nella propria cella, o la misura di emergenza che prevede l’impossibilità di entrare e uscire da un determinato luogo o da un’area geografica.
La dittatura sanitaria che si sta affermando, innanzitutto restringe la libertà individuale, quindi intacca il tessuto sociale, distruggendo gli ultimi residui di un’identità comunitaria, fondata su principi quali religiosità, onore, lealtà, fedeltà, amicizia, rispetto.
Questo grave mutamento collettivo non può lasciarci indifferenti, motivo per cui accanto ai riferimenti metafisici e ai temi più profondi della Tradizione, visto il martellamento mediatico cui siamo sottoposti a causa del coronavirus, cogliamo l’opportunità di ospitare sul nostro sito una riflessione sulle problematiche sanitarie, quale alternativa alle voci uniformate dell’informazione ufficiale, avvalendoci della testimonianza di uno specialista delle emergenze, che ha vissuto in prima persona il progressivo smantellamento del servizio sanitario nazionale.
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Introduzione
Quando iniziammo la stesura di questa testimonianza, il 23 maggio 2020, 28.mo anniversario della strage di Capaci, erano trascorsi tre mesi dall’inizio della epidemia covid-19, e avevamo subito 65 giorni di lockdown totale. Nella eccezionale gravità di questa pandemia, ufficialmente “importata” dalla Cina, abbiamo “scoperto” le gigantesche falle del nostro Sistema Sanitario Nazionale, (SSN), delle quali il nostro attuale governo ha del resto poca responsabilità, avendo ereditato un ventennio di tagli sul personale ospedaliero, accanto ad una politica di risparmi, relativi tanto a manutenzione di apparecchiature diagnostico-medicali, quanto ad ammodernamento di terapie intensive, laboratori analisi e radiologie.
Tuttavia, l’attuale governo in carica, è partito da uno scetticismo superficiale e irridente di fronte alle richieste di precauzioni e provvedimenti decisi per evitare il contagio; un colpevole disinteresse che ha portato ad un ritardo di settimane nel circoscrivere il covid-19, facilitando i successivi contagi specialmente in Lombardia ed Emilia. Successivamente, dopo aver esposto nei vari talk show televisivi opinioni contrastanti in merito al virus patogeno, contro le stesse indicazioni dell’ISS (Istituto Superiore di Sanità), divulgate solo ad agosto 2020, che raccomandava chiusure localizzate nei distretti più colpiti, ha partorito il decreto presidenziale del 9 marzo, che decretava la chiusura delle attività su tutto il territorio nazionale. I danni di questo forzato arresto domiciliare li dobbiamo ancora quantificare, e forse niente tornerà più come prima, ma, nell’immediato, questo lockdown ha provocato un collasso economico per decine di migliaia di imprese, che costituiscono il sostegno dell’economia nazionale.
E, successivamente, più per dirottare l’attenzione dalle sue inadempienze e dalle scelte attuate, che per sincera convinzione, ha in breve tempo promosso a “eroi” medici e infermieri, che hanno operato con dedizione e sacrificio, prolungandosi spesso oltre i turni di servizio ordinari, e prodigandosi nel duplice compito di svolgere bene il loro lavoro e di proteggersi dal contagio. Si è diffuso un largo consenso mediatico divulgato dagli stessi quotidiani e programmi TV che hanno volutamente “dimenticato” le centinaia di occasioni nelle quali, per fare audience, si erano scagliati su presunti casi di malasanità e inadempienze sanitarie, gettando in pasto all’opinione pubblica noti professionisti alla stregua di criminali comuni.
Quegli eroi hanno svolto silenziosamente la loro parte, pagando un alto tributo, con il sacrificio di 175 medici (2) e 40 infermieri (3), per insufficienza dei dispositivi di protezione individuale (DPI), nell’affrontare il contagio in atto (4). Caduti che smentiscono le rassicurazioni date dal Presidente del Consiglio, quando il 30/01/2020, alla trasmissione 8½ della Gruber, affermava con sicumera «… che l’Italia in questo momento è il paese che ha adottato misure cautelative all’avanguardia rispetto agli altri..», assicurando «..abbiamo adottato tutti i protocolli possibili e immaginabili…».
In alcune realtà ospedaliere è prevalso, contro ogni imposizione ministeriale, la razionalità e il buon senso e si sono cercate strade risolutive, da contrapporre alle statistiche giornaliere sui decessi, trasmessa dai becchini del governo: si sono battute strade note e riattivati presidi già conosciuti. Ma queste procedure “eretiche”, non transitate dai canali “ufficiali” della scienza, in quanto non promosse dall’OMS (Organizzazione Mondiale per la Sanità), e osteggiate dall’AIFA (Agenzia italiana del farmaco) e dall’ISS (Istituto Superiore della Sanità), sono state sminuite, nei loro pur validi risultati e relegate al rango di notizie minori, se non fake, sulle quali fare poco affidamento.
In compenso nessun segnale positivo è giunto a tutt’oggi dal Ministero della Salute o dalle diverse task force create e strapagate con i fondi pubblici, né tantomeno dagli illustri virologi interpellati. Tutti uniti nell’esortarci a forme di comportamento, che sarebbero ovvie in una reale pandemia (state a casa, non andate in giro a contagiare altre persone, aspettiamo con pazienza che il virus scompaia) che gli anziani analfabeti di un tempo, con un briciolo di buon senso, avrebbero potuto comunicare gratuitamente.
Dovevano giustificare questi provvedimenti globali con un pretesto che fosse non solo accettabile, ma, soprattutto, indiscutibile per la sicurezza personale e nazionale. Nessuno Stato avrebbe interrotto la propria attività produttiva senza una simile gravità paventata; in qualsiasi altra circostanza, un DPCM come quello varato il 9 marzo, avrebbe determinato un’insurrezione popolare difficile da controllare. Invece, con l’emergenza di questa pandemia internazionale, si è ottenuto l’annichilimento morale e fisico della popolazione, con isolati episodi di opposizione.
Lasciamo a persone più competenti il compito di studiare la situazione socio-economica venutasi a creare in conseguenza del blocco nazionale, dato che non abbiamo il quadro globale, di una situazione che appare tuttora incerta. D’altronde le continue richieste di “stato d’emergenza” alle quali ormai Conte pare abbia preso gusto, per emanare nuovi DPCM che, attualmente, prorogano la fase 2 fino al 31 gennaio 2021, confermano questa fluidità, e l’assenza di una volontà politica per risolvere la crisi.
Vogliamo soffermarci piuttosto sulle opportunità sfuggite al nostro SSN, al quale tanti medici hanno creduto e dedicato la propria esistenza — essendo noi da sempre sostenitori di un’assistenza pubblica rivolta a tutti i cittadini —, attraverso una personale esposizione che ci ricordi da dove sia partita la sanità nazionale e quali strade abbia dovuto percorrere, prima di arrivare all’emergenza covid-19.
Comprendere la sanità – I 4 corpi
Scusandoci per il breve ma necessario ricorso a termini tecnico-burocratici, iniziamo a comprendere come per il mantenimento di una società sana e produttiva, la salute pubblica sia il fine di quel complesso apparato organizzativo che va sotto il nome di Servizio Sanitario Nazionale, (SSN), conosciuto più comunemente come Sanità.
Al vertice sanitario è preposto il Ministro della Salute che si avvale del Consiglio Superiore della Sanità (CSS), composto da 30 membri di sua nomina, con mandato di 3 anni e 26 membri di diritto, che rivestono le più alte cariche istituzionali di Dirigenti nel campo sanitario. Il Presidente della Giunta Regionale nomina l’Assessore Regionale alla Sanità, che a sua volta indicherà i manager delle aziende sanitarie, sulla base di una graduatoria.
Il corpo più importante è quello sanitario, che abbraccia l’organizzazione del territorio e degli ospedali.
La medicina generale si occupa dell’assistenza sul territorio; nata con la riforma del SSN 1978, dalle “ceneri” del medico condotto ha istituito il medico di famiglia e il pediatra, con compiti di prevenzione e di cura di tutte le patologie domiciliari, e proposta di ricovero ospedaliero nei casi non curabili ambulatorialmente; il medico di base è una figura di collegamento tra paziente e servizio sanitario.
La medicina ospedaliera è coordinata dal Direttore sanitario, coadiuvato dai Primari delle divisioni mediche e chirurgiche, e dal personale medico con funzioni diagnostico-terapeutiche; il personale infermieristico provvede alla terapia e alla sorveglianza del paziente; ausiliari e autisti assicurano il supporto logistico a tutte le altre attività intra ed extra-ospedaliere.
Un corpo amministrativo, che nasce con funzione sia di management delle risorse economiche che di assicurare le applicazioni del contratto di lavoro, oltre a verificare il rispetto delle regole.
Un terzo corpo – esterno alle strutture – sono gli informatori scientifici che rappresentano multinazionali e aziende farmaceutiche nel fornire presidi medicali, dalle semplici mascherine alle complesse strumentazioni elettroniche. È un’interazione tra pubblico e privato, le cui esigenze sono rispettivamente, incremento della qualità e profitto.
Il quarto corpo sono i pazienti che afferiscono al Pronto Soccorso, sede di prima accettazione di ogni ospedale. Da qui, in base alle alterazioni riscontrate, si decide se dimettere a domicilio, o ricoverare nel relativo reparto di competenza.
La qualità dell’assistenza erogata misura l’efficienza di un ospedale.
Dalla sanità generica al SSN
Iniziamo dal 1966, anno in cui la nostra generazione si affacciava alla scuola media. “Quell’inverno del 1966 era cominciato dolcemente senza freddo e senza pioggia come molti inverni romani di quei decenni. L’Italia del boom godeva della stabilità dei Governi presieduti da Aldo Moro: poca inflazione, poca conflittualità, molto benessere, consumismo e assistenzialismo. Nessun presagio evidente del ’68 che pure era alle porte”. Valdoni esordì direttamente: «Prima di iniziare la seduta voglio comunicare che da oggi il professore Paride Stefanini non è più Professore di Patologia Chirurgica ma di Clinica Chirurgica». Quel giorno era iniziata una nuova fase della Storia Medica e Chirurgica Romana, quella della moltiplicazione delle Cattedre e dei Primariati, delle Facoltà di Medicina e degli Ospedali”. (5) L’avvenimento si irradiò per tutta la penisola e contribuì al mito del dottore circondato da un alone di grandezza e infallibilità. Si assisteva a un evento, che rievocava in un’eco remota, l’investitura del cavaliere medievale.
Poi venne il ’68 e il flusso della contestazione esplosa in Francia travolse anche il nostro Paese, rendendo inconciliabili differenze generazionali e inasprendo malcontenti sociali, fino ad allora latenti, mentre esplodevano le contestazioni studentesche, che diedero man forte alla lotta di classe operaia. Gli scontri sanguinosi ad Avola nel ‘68 e Battipaglia nel ’69, (6) nei quali si cercò la lotta violenta contro le forze dell’ordine, fornirono a PCI e PSIUP il pretesto per richiedere l’immediato disarmo della polizia.
Questo clima pubblico di tensione, portò in fretta e furia, all’approvazione l’11 dicembre del 1969 della Legge Codignola, dal nome del senatore socialista che se ne fece promotore. Legge che in nome dell’uguaglianza sociale, apriva gli atenei a tutti, a prescindere dal corso di studi superiori seguito. Si creò un enorme ammortizzatore sociale, che spostava nel tempo il problema del lavoro; da questa riforma del sistema universitario, improvvisata e priva di una pur minima programmazione, ne seguì un afflusso massivo di universitari, in aule spesso inadeguate ad accoglierci di fronte a docenti poco preparati al cambiamento.
Durante il lungo corso di laurea in medicina, il numero totale degli studenti, si sarebbe ridotto dal 20 al 30%. Una selezione didattica, che dimostrava quanto sarebbero servite serie verifiche di attitudini e idoneità all’ingresso della facoltà.
L’autonomia dei singoli atenei portò a degli atteggiamenti paradossali, spesso diametralmente opposti. Laddove in alcune facoltà i professori applicarono un rigido nozionismo, sterile e poco formativo, che bloccava il percorso universitario, in altre, dove studenti provenienti da varie aree, specie dalla sinistra extra-parlamentare, si erano organizzati in comitati che intimidivano i docenti, fu applicato agli esami il 18 politico e, con un tacito accordo, si giunse in alcuni casi all’autogestione degli esami.
Questi post sessantottini, impregnati di razionalismo dogmatico, si formarono educati al disprezzo verso qualsiasi metodo, estraneo alla cultura laica, della quale erano portatori; ma rappresentavano l’avanguardia di un largo fronte di sinistra che mirava a spazzare via i preesistenti valori della società.
(1 – continua nella seconda parte)
NOTE
- Cfr. Heliodromos nn. 7 e 8, anno 1979.
2 Coronavirus, 177 i medici morti in Italia, fonte FNOMCeO (Federazione Nazionale Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri), 17/09/2020.
3 Dati forniti da Antonio De Palma, Presidente del sindacato infermieristico Nursing-Up. Fonte AssCareNews.it 19/06/2020.
4 Al 30 giugno risultano positivi 29.476 operatori sanitari, il 12,3% dei 240.578 positivi nazionali. Fonte, Il Sole 24 Ore, 2 luglio 2020.
5 Estratti da “Cent’anni di Chirurgia” (pag. 51-53). – Eugenio Santoro e Luciano Ragno – Edizioni Scientifiche romane – ottobre 2000.
6 Cfr. J. Evola, Gli uomini e le rovine. L’Autore, a proposito dei due eventi citati osserva «l’uso ad oltranza degli scioperi assume sempre più l’aspetto di un autentico ricatto sociale… che può bloccare quando vuole tutto l’organismo di uno Stato: specie quando, come in Italia, esso è nelle mani di uomini pavidi, irresponsabili, privi di spina dorsale…». Le considerazioni di Evola, sono di un’attualità sconcertante, anche se oggi per ricattare lo Stato sono sufficienti le variazioni dello spread o la minaccia di sanzioni da parte dell‘Unione Europea. UE a trazione tedesca, che impone i suoi diktat e minaccia una classe politica inconsistente, servendosi come utile sponda di una sinistra radical-chic filoeuropeista e anti-nazionalista, che ha abbandonato le lotte del popolo, per sostenere le direttive sovranazionali di Bruxelles.