GEO – Cima della Laghetta – 04.10.2020 – recensione

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Ci ritroviamo domenica 4 Ottobre per la prima escursione d’Autunno, la prima di gruppo dopo la “pausa” estiva, dove comunque tanti di noi hanno scelto la montagna come meta delle ferie,  frequentando Alpi o Dolomiti, mai come quest’anno così affollate.
Questa volta la scelta cade sulla Cima della Laghetta, un itinerario non tra i più battuti ma non per questo meno affascinante e panoramico.
Il nostro sentiero parte poco prima il centro abitato di Campotosto, in prossimità del cimitero e della Chiesa di Santa Maria Apparente, la strada sterrata segue il torrente, inizialmente con pendenza dolce ma  che man mano diventa più accentuata, nonostante la temperatura “frizzantina” ci dobbiamo infatti alleggerire per evitare di sudare troppo e rischiare di sentire freddo più avanti.
Questo tratto di salita, con buona pendenza e terreno compatto, anche se un po’ faticoso è l’ideale per guadagnare quota, basta infatti voltarsi indietro per vedere tutto il lago di Campotosto sotto di noi.
Usciti dal tratto di bosco proseguiamo lungo il costone della montagna attraversando anche piccoli corsi d’acqua. La cresta non si vede, totalmente avvolta dalle nubi
Incontriamo una coppia che sta tornando indietro, ci dicono che più su c’è tanto vento e nebbia e non vale la pena  andare avanti.
In effetti  con queste nuvole così basse anche la visibilità sta diminuendo, ma alla fonte Pane e Cacio (1976 mslm) riusciamo anche a vedere l’Adriatico sulla nostra destra.
Adesso dobbiamo salire sul pendio erboso, seguendo gli ometti di pietra che ci porteranno alla vetta, ma il vento, anche se non troppo freddo, è veramente forte, per questo ci teniamo leggermente più bassi della linea di cresta sperando in un minimo di protezione.
Ci troviamo in mezzo alla nebbia, il vento ci scuote, a volte ci teniamo anche a vicenda per evitare di cadere o come scherzosamente ci diciamo per non “volare via”.
Non è proprio la cresta aerea  e panoramica che speravamo di trovare, forse potevamo aspettarcelo ma onestamente non  pensavamo di trovare condizioni così inospitali, che rendono difficoltoso anche comunicare tra di noi.
Ci consultiamo per valutare se procedere per gli ultimi cento metri di dislivello o tornare a valle, sicuramente non ci attenderà nessun panorama mozzafiato, ne soste ristoratrici, ne gioiose foto di vetta, ma nessuno di noi è qui per questo.
Tutto è un’occasione e metafora per metterci alla prova, anche nelle piccole cose, tenere duro di fronte alle difficoltà, anche senza la prospettiva di sicura ricompensa materiale o successo.
Per questo saliamo, non certo per una sfida nei confronti della montagna o addirittura della natura della natura, ne per mera soddisfazione personale per aver “conquistato una vetta”.
Al ritorno dobbiamo scendere un bel po’ per trovare le condizioni più favorevoli per una sosta che ci consenta di riposare e mangiare qualcosa
Ora però il tempo è migliorato, la temperatura è salita, c’è anche meno vento, siamo quasi alle macchine quando ci voltiamo verso la vetta,  è completamente libera e sgombra da nubi… torniamo su?
Ovviamente è un gioco, è tempo di cambiarsi e di tornare verso casa, stavolta non senza un filo di tristezza nel vedere Campotosto ma soprattutto Amatrice, o meglio, quel poco che ne resta, praticamente ancora quasi nelle condizioni appena successive al terribile terremoto del 2016.