Torniamo ancora una volta a parlare di crisi del mondo moderno.
Di fronte ad una crisi come quella attuale – che prima che sanitaria o economica coinvolge piani dello stato umano ben più alti – che non accenna minimamente a frenarsi, quali che siano i veri o presunti contorni legati a queste vicende, è sicuramente utile rifarci agli insegnamenti sempre attuali di Guénon.
Così come negli articoli precedenti, in cui sfatavamo gli inutili timori dei modernisti di fronte al crollo della società occidentale moderna (crollo destinato fatalmente ad avverarsi e accelerato da molteplici forze della sovversione) o chiarivamo gli errori di una sterile dicotomia oriente/occidente meramente formale possiamo cogliere nei “segni dei tempi” inquietanti similitudini con le pagine di crisi.
Nel capitolo dedicato alla distinzione tra azione e contemplazione Guénon chiarisce come questi due aspetti della natura delle cose non sono e non potrebbero mai essere irriducibilmente separati. Tra di esse esiste un rapporto di subordinazione per cui l’azione è a servizio della contemplazione e da questa deve essere ordinata e diretta.
Calandoci nell’attualità come non possiamo pensare immediatamente ai famigerati banchi a rotelle della Azzolina o ai lockdown insensati del comitato tenico-scientifico o ancora, a quella cretinata dell’app immuni? Ovunque ci giriamo il sistema democratico ci mostra esempi concreti e reali di un’azione totalmente insensata. Non esistono progetti, analisi sul lungo termine, provvedimenti presi con largo anticipo durante le fasi di calma (in preparazione alle fasi critiche). L’incompetenza e il dilettantismo regnano sovrani. Ed è giusto così. Meglio: non potrebbe essere che così!
“L’azione, non essendo che una modificazione transitoria e momentanea dell’essere, non può avere in sé il proprio principio e la propria ragione sufficiente. Se non si riconnette ad un principio che vada di là dal suo dominio contingente, essa non è che illusione pura “