In memoriam | Yukio Mishima

752

14 Gennaio 1925
La testimonianza di Yukio Mishima è quanto mai attuale. È una testimonianza di Sole, rinascita e vita.
Egli, a un dato momento della propria esistenza, si rese conto del non-senso del vivere con la penna in mano, quando un mondo di virtù e nobiltà, già alla deriva, stava ormai irrimediabilmente naufragando.
A venticinque anni dalla sconfitta bellica, con l’Imperatore costretto a rinunciare alla propria natura sacrale, l’orgoglio nazionale sotto i piedi e un popolo che, dopo aver ricevuto nel proprio seno due bombe atomiche, si vedeva costretto ad accettare i modelli imposti dai loro aguzzini, Mishima decise di segnare con la propria vita la condanna a morte del Giappone e della sua ignavia, in un simbolico connubio di conoscenza e azione.
Egli non è l’eroe che nasce perché educato all’eroismo, ma è l’eroe che sorge come estrema reazione al vuoto che avanza, in tutta l’estetica di un modo di vivere che non conosce più il confine tra la vita e la morte.
Mishima così si racconta, con la solenne crudezza tipicamente giapponese: «Se rivivo con il pensiero i miei ultimi venticinque anni, il loro vuoto mi riempie di orrore. Posso appena dire di aver vissuto».
Mishima è l’eroe che sorge quando non si può più fare a meno di essere eroi. Eccola, ancora, l’attualità e l’esempio di Mishima, in una domanda brutale, tagliente come un colpo di katana: «È possibile che vi accontentiate di vivere accettando un mondo in cui lo spirito è morto?».