Uno dei responsabili del Gruppo Escursionistico Atlantide (G.E.A.) ci racconta un metodo originale e allo stesso tempo originario di salire sulle nostre montagne. «Noi con le nostre attività ci siamo abituati a scalare oltre le montagne fisiche». In questo periodo di confinamento nelle nostre case guardare i difficili percorsi e le vette come un simbolo è fondamentale per crescere e tenersi saldi. «Ricordiamoci che la montagna più alta da salire è sempre dentro di noi».
In questo momento nel quale non si può uscire e organizzare attività naturalistiche, cosa proponi? “L’esperienza della montagna viene vista da noi come un mezzo non come un fine. Perciò noi scaliamo pur stando a casa. Penserai: come è possibile? Noi con le nostre attività ci siamo abituati a scalare oltre le montagne fisiche”.
Guardate la montagna come un simbolo? “Si”.
Ma tornando un passo indietro e andando al principio, quando è nato il vostro gruppo escursionistico? “Il Gruppo Escursionistico Atlantide è nato dieci anni fa con l’intento di unire un gruppo di giovani con la stessa passione per la montagna e il contatto diretto con la natura”.
Dove svolgete prevalentemente le vostre attività? “Agiamo per lo più sul nostro territorio, nelle nostre alpi e prealpi bresciane, prediligendo la Val Camonica. E saltuariamente ci dedichiamo del tempo per fare attività in giro per l’Italia fino ad arrivare in Sicilia, sull’Etna”.
Che tipo di escursioni fate? “Ci adoperiamo per proporre diversi tipi di escursioni, perché teniamo a rendere accessibile la nostra attività a tutti coloro che vogliano approcciarsi alla montagna. Organizziamo escursioni da livelli semplici ad avanzati, attuiamo corsi di arrampicata collaborando con l’Università di Brescia ed una palestra locale, ci impegniamo per costruire uscite profondamente culturali legate alla storia dei popoli vissuti sulle nostre montagne, riscoprendo quelle origini più ancestrali che possiamo ritrovare nel territorio bresciano”.
Interessante! Qual è stata l’ultima escursione che avete fatto alla ricerca di reperti archeologici? “A Naquane, in Valle Camonica, con l’aiuto di una guida esperta abbiamo visitato i siti contenenti le famose e primordiali incisioni rupestri, patrimonio dell’UNESCO”.
A quale fine sono rivolti gli sforzi per rendere possibile questo connubio fra le vostre attività e la cultura locale? “Questo tipo di attività sono volte non solo alla riscoperta della storia del nostro territorio ma soprattutto svolte con l’intento di fare cultura della montagna. Cultura, come dal latino colere, nel senso di coltivare noi stessi e le nostre qualità, oltre che nella riscoperta delle nostre tradizioni, anche con le difficoltose attività che affrontiamo lungo il percorso immersi nella natura”.
Riallacciandomi alle considerazioni fatte inizialmente ed a questa tua ultima risposta: in che modo, perciò, vedete la montagna e la natura come un simbolo? “Noi cerchiamo di vivere la montagna non con mero senso naturalistico, pur cogliendo nella natura la pura bellezza dei fiori, piante e animali con cui ci approcciamo nel tragitto. Viviamo la montagna come un simbolo, nel senso sacro che in ogni civiltà ha avuto e che anche noi cerchiamo di scorgere, affrontando ogni attività come una prova”.
Puoi spiegarmi meglio questo paragone? “Crediamo che la montagna sia uno dei modi attraverso i quali si possa ritrovare e rafforzare le proprie qualità. Mettere sé stessi di fronte a prove ed ostacoli che si possono incontrare sul cammino dà coscienza ad ogni uomo e donna di quali siano i propri limiti, di come agire quando incontriamo determinate prove e capire come meglio affrontarli. Crediamo che l’esperienza della montagna non si riduca alla montagna stessa, ma che possa educarci ed alimentare le nostre qualità per affrontare tutte le sfide e le prove che ci si possono presentare difronte durante la nostra vita quotidiana”.
In che modo coltivare sé stessi e le proprie qualità affrontando gli ostacoli della salita? “Lo sforzo per salire richiede fatica, e quindi può essere educativo. Oggi, che nella nostra modernità, si è abituati ad avere facilmente e velocemente la maggior parte delle cose, riteniamo che sia importante cercare di convivere con la fatica perché ci abitua al sacrificio e ad andare oltre noi stessi per un fine più grande. In tal senso, infatti, è molto importante per noi vivere la montagna non in senso prettamente sportivo o per avere dei premi e meriti, ma cercando di superare noi stessi e le nostre debolezze per raggiungere la vetta”.
La vetta con che consapevolezza la guardate? “La guardiamo come quella possibilità di arrivare, come nella vita, più in alto possibile, non limitandoci al lato materiale e sociale, ma puntando all’obiettivo di arrivare ad essere la versione migliore di noi stessi. Quella vetta simbolica a cui riteniamo che ognuno debba aspirare nella propria vita”.
A volte per cause climatiche o per difficoltà di sentiero non è sicuro arrivare alla vetta, in questi casi come vi comportate? “Questa domanda è sicuramente importante per vari aspetti. Spesso si manca di realismo, in montagna si può incorre in molti pericoli mettendo a rischio la nostra vita e quella degli altri. La natura e la montagna hanno una potenza molto più grande di noi che spesso non permette di continuare. In questi casi non si deve cadere nella tentazione di essere irrealistici e quindi titanici. Dobbiamo, infatti, imparare ad acquisire il realismo e l’umiltà di saper riconoscere il pericolo e di fermarci anche se mancano solo 500 metri all’arrivo, come qualche volta è successo anche a noi”.
La salita più difficile? “Ce ne sono state tante, ed ognuna a suo modo è difficile. Dipende dalla salita, da come si sta quel giorno, dalle condizioni metereologiche. Sicuramente una di quelle costantemente difficili e che ogni anno ci porta a salire è la montagna dell’Etna fino ad arrivare al cratere”.
Perché? “Innanzitutto l’Etna presenta tipi di conformazione diversa del terreno, che costringono a cambiare la forma mentis con cui ci si approccia ma soprattutto perché le ultime centinaia di metri di dislivello sono caratterizzate da sabbie nere in cui si sprofonda e che con immane fatica è possibile salire. La vetta sembra sempre essere più vicina ma poi si capisce che è ancora lontana e richiede altro sforzo per arrivarci. La voce interiore che invita a fermarsi in questi momenti si sente molto. La mente è messa a dura prova”.
Cosa vi spinge a continuare? “In questi casi si può contare sulla propria forza fisica, sulla propria forza di volontà come risorsa per continuare ma anche e soprattutto sugli amici che con noi salgono queste montagne. Il gruppo e le persone che abbiamo accanto, infatti, affrontano con noi l’esperienza e possono aiutarci e spronarci ad arrivare fino in cima”.
Qual è il vostro motto? “Il nostro motto è inciso anche sulle nostre magliette: Chi più in alto sale, più lontano vede! E sul nostro logo c’è un’altra frase a noi molto cara e che simboleggia la nascita e l’intenzione del Gruppo Escursionistico Atlantide: la montagna chiede purità e semplicità. Essa chiede ascesi”.
Bellissimo! Per mettersi in contatto con voi per escursioni o accessori come si può fare? “Abbiamo prodotto diversi accessori, magliette e cuffie. Chi fosse interessato, sia per gli accessori che soprattutto per le nostre attività, può tranquillamente trovarci e contattarci tramite i social, rispondiamo dal nostro profilo Instagram: @g.e.atlantide e Facebook: G.E. Atlantide”.
Dopo questa piacevole conversazione è arrivato il momento di salutarci. Il consiglio che ti senti di dare in questo momento di crisi? “In questo momento di crisi abbiamo solamente cambiato la conformazione della montagna. Ricordiamoci che la montagna più alta da salire è sempre dentro di noi. Proprio in questo momento siamo messi alla prova per superare ostacoli e limiti che, per cause esterne da noi, ci sono stati messi di fronte. È possibile fare della montagna, è possibile fare della “cultura” ed è possibile quindi cercare di migliorare sé stessi anche dalle nostre case”.