BERTO RICCI
Documenti per il Fronte della Tradizione – Fascicolo n. 35di Maurizio Rossi
Riedizione, sotto una nuova veste, del fascicolo n.35, racchiuso per la prima volta in una speciale collana: “Mistica del Fascismo”.
L’ortodossia della trasgressionedi M. Rossi”…Efficace, secco e appassionante, questo scritto offre molti spunti ad un uomo di milizia, che potrà trovare, nella figura luminosa di Ricci, l’esempio di come pensa, parla, opera, combatte e muore un rivoluzionario puro.Non è solo il suo esempio, però, che deve attrarre il nostro interesse, ma anche ciò che, oltre all’impegno di lotta e il senso di sacrificio personale, riporti all’aspetto sovra-individuale e dia ulteriore conferma di come la missione fascista (nella sua corretta pratica) abbia sempre sposato i più alti ideali di giustizia e bene comune. Innanzitutto, tra le pagine che seguono e nella storia che esse raccontano, emerge significativo il connubio profondo e solo apparentemente lontano tra la mistica fascista (l’indirizzo superiore) e la rivoluzione sociale integrale (l’opera dall’alto informata, che come tale, non può conoscere patteggiamenti).Emerge come la visione fascista di una più ampia palingenesi avesse nell’azione pedagogico-culturale il principale strumento di rigenerazione, con lo scopo finale di creare un nuovo popolo, il cui cardine fosse il lavoratore partecipante insieme sia all’intellettualità che alla produzione, trascinato fuori dall’ “in-cultura” (strumentale, antisociale e sfruttatrice) dello scontro di classi. Emerge come le menti acute e disinteressate, quale Berto Ricci era, abbiano saputo condurre critica costruttiva (anche direttamente contro il Regime) senza abdicare alla loro fedeltà al Capo, riconoscendo nell’azione a volte contrastante di alcuni funzionari di alto grado un ruolo che in uno Stato complesso e compromesso (monarchia, chiesa, industria, finanza, vecchie leadership militari) si necessitava, al fine di garantire solo al Governo la gestione dei lunghi processi di trasformazione. Fedeltà al Duce ed allo spirito primo del Fascismo che veniva rincuorata in Ricci, oltre che negli incontri personali fuori dai ruoli e dagli schemi, anche dalle azioni intraprese dal Governo nei momenti ritenuti -dalla visione strategica del Duce- più opportuni (vedasi la politica avviata nel 1938, che molti passi faceva anche in direzione della visione ricciana)…Il messaggio chiaro e assoluto, spirituale e pratico, tradizionale e rivoluzionario di Berto Ricci, è tra i più educativi che un fascista ci potesse trasmettere (che ha, non secondario oggi, anche colto l’inganno del nazionalismo, ben lontano dall’idea fascista -di per sé universale- del socialismo nazionale). Un messaggio giunto a noi senza possibilità di fraintendimenti, perché reso ancor più forte dalla sua integrale attuazione, fino alla morte in combattimento. Il meditare sulle “cause prime” delle sue azioni, donava a Berto Ricci un’assoluta consapevolezza nelle sue scelte. Non solo a 37 anni si può morire, ma si deve sapere per cosa morire.Il sacrificio è stata la sua via e l’esempio il suo lascito. Il ricordo invece, è il nostro dovere.”
RAIDO
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SANTI D’ITALIA
Titolo completo: Santi d’Italia. Vita, leggende, iconografia, feste, patronati, culto
Autore: Alfredo Cattabiani
Anno: 2004
Pagine: 1067
Il libro: Per secoli e secoli il succedersi delle feste dei santi ha scandito la vita italiana. Chi entrava in chiesa e contemplava un quadro o un affresco capiva immediatamente di quale santo venissero celebrate le opere, il folclore univa quanto rimaneva di antichi riti pagani e religione cristiana. Questa nuova edizione dei “Santi d’Italia” recupera un patrimonio culturale, oltreché religioso, che rischia di andare perduto e disperso.
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PLATONISMO POLITICO
Titolo completo: Platonismo politico
Autore: Aleksandr Dugin
Anno: 2020
Pagine: 192
Il libro: Attraverso una serie di saggi e una lunga intervista, Aleksandr Dugin sottopone a una radicale decostruzione la filosofia politica moderna, rintracciandone i fondamenti metafisici e mostrandoci l’esistenza di un’altra possibilità. Il mondo circostante non è il solo possibile e la mondializzazione non è un destino ineluttabile. Dugin ci dischiude il percorso attraverso cui superare la palude stigia della Diabolopoli postmoderna – l’anti-polis le cui trame non conducono «alla sorgente unificata (simballo, in greco “unificare”) ma a divisione, corruzione, decomposizione, entropia e dispersione (diaballo, da cui diavolo, in greco “dividere”, “disunire”) – per fare approdo a Platonopoli, motore immobile della Storia e diaframma del cosmo.
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I CAVALIERI
Titolo completo: I Cavalieri
Autore: Aristofane
Anno: 2020
Questa non è una recensione alla commedia “I Cavalieri” di Aristofane, appena pubblicata dalle Edizioni di Ar, con traduzione, prefazione e annotazioni di Claudio Mutti, per l’ovvia ragione che si tratta di un classico con alle spalle già una bibliografia sterminata. Quindi non parlerò dell’opera ma del perché le Ar l’abbiano proposta adesso. Chiaramente la scelta ha a che fare con la polemica aristofanesca nei confronti dell’Atene democratica dominata da demagoghi alla Cleone. Da qui, chi fosse interessato alla cosa potrebbe leggere I Cavalieri come il completamento di un trittico di opere, tutte riferite alla turbolenta vita politica ateniese e aventi la loro ‘stella polare’ nella critica alla democrazia. Precisamente, non tanto alla democrazia “in sé”, bensì ad un particolare tipo di democrazia che oggi sarebbe, molto probabilmente, bollata come populista, ma che, a mio parere, è un’altra cosa, e non certo banalmente perché parlare di populismo in riferimento all’Atene del V secolo sarebbe esercizio del tutto anacronistico.
Per rispondere alla questione, s’intende, in maniera assai sommaria, bisognerà andare quindi agli altri due testi del trittico, vale a dire Contro la democrazia estrema. La virtù e il buon governo, dell’Anonimo di Giamblico, edito sempre dalle Ar nel 2018, e Il regime politico degli Ateniesi, attribuito allo Pseudosenofonte e pubblicato dalle Edizioni all’insegna del Veltro nello stesso anno, con la curatela di Mutti, autore pure di una pregevole introduzione. Parto proprio dall’opera pseudosenofontea, incentrata sulla critica ad un tipo di democrazia che ben potrebbe essere definita talassocratica, ovvero imperniata sull’espansionismo marittimo. Una democrazia, insomma, inserita in una cornice storica precisa (l’Atene uscita vittoriosa dalle guerre persiane e potenza egemone della Lega delio-attica), con altrettante precise corrispondenze socio-politiche (la mobilitazione dei ceti inferiori del demos ateniese), che solo astrattamente può essere ricondotta a moduli ‘populistici’ (a meno che non si voglia estendere il concetto di populismo a tal punto da adeguarlo ai più svariati contesti, con l’ovvia conseguenza della sua progressiva perdita di concretezza), di solito non derivanti da ragioni principalmente di politica estera come invece nel caso della democrazia talassocratica, con la sua annessa carica di violenza predatoria ai danni delle póleis ‘alleate’.
Pure il testo dell’Anonimo di Giamblico ha come suo bersaglio immediato la democrazia dei demagoghi, andando però contemporaneamente a colpire anche “le trasformazioni istituzionali avviate dalla riforma di Efialte e di Pericle del 462 a.e.v., che della democrazia estrema sono le premesse storico-concrete” (dalla illuminante introduzione di Francesco Ingravalle), nel mentre guarda con favore all’antecedente modello di democrazia oplitica (sempre Ingravalle). Anche qui il populismo sembra entrarci davvero poco, essendo il modello criticato sempre riconducibile alla spinta talassocratica ateniese, mentre la politeía vagheggiata risponde a cambiamenti del tutto interni alla storia greca e poco comparabili con le esperienze populiste, di certo mai nate da esigenze di carattere militare. Resta in ogni caso inoppugnabile, almeno a mio parere, la constatazione che chi voglia capire il funzionamento e soprattutto le degenerazioni della democrazia proprio là dove è stata ‘inventata’, non possa evitare la lettura di questo ‘trittico’ di opere. Così come non credo possano sfuggire al lettore attento alcune ‘similitudini’ con la fase attuale della democrazia ‘italica’, cosa, fra l’altro, già suggerita dall’immagine di copertina dei Cavalieri di Aristofane…