“Non abbiamo fatto un passo indietro. La Normalità della vetta contro la “new-normality” della pianura!” – Campo Invernale 2021

678
Sin dal “Giorno Uno” del regime di lockdown, ci siamo battuti per resistere alla new normalityimposta, che divide la nostra terra in zone, che rende virtuali (e quindi annulla) i contatti umani, o li nasconde dietro una mascherina, che cancella la condivisione e la comunità, degradata a detestabile “assembramento”.
Contro questo nuovo modello, noi della Comunità Militante Raido abbiamo continuato ad affermare e ricercare la Normalità, quella vera, cioè l’aderenza alla Norma, alla Tradizione. Vale appena la pena ribadire come la Tradizione, trasmessaci da Guénon ed  Evola e incarnata da innumerevoli uomini e donne dall’alba dei tempi, non sia mera consuetudine o costume del passato, ma un deposito di princìpi e valori spirituali e perciò eterni. 
Il Campo Invernale, che Raido organizza da oltre 25 anni, ha sempre avuto la funzione di risvegliarci dal torpore della vita moderna e riportarci alla Normalità. E quest’anno, a quasi un anno di distanza dalle prime chiusure, ha avuto una importanza particolare. Ci ritroviamo sulle vette, impegnandoci a riportare quella essenzialità e quello stile che la montagna insegna nella vita sempre più ovattata dei nostri tempi.
Tra le montagne del nostro amato Appennino, armati di ciaspole, sci e pelli di foca, raggiungiamo il campo base in una valle innevata. La Comunità si mette all’opera: chi spala la neve, chi monta le tende, chi va in cerca di legna per accendere il fuoco, mentre la notte avvolge il posto che ci accoglierà fino all’indomani.
Intorno al fuoco, ci raccogliamo per una lettura: come sempre, non l’erudizione, ma l’approfondimento e l’interiorizzazione della Dottrina tradizionale, facendo riferimento alla nostra quotidianità, come militanti e come Comunità.
Il testo scelto è un brano sugli otto princìpi del Tai Chi (che, più che un’arte marziale, è uno stile di vita): princìpi come la pietas e l’obbedienza, spesso fraintesi e derisi da interpretazioni titaniche che sono tutto l’opposto della visione eroica della Tradizione
Mentre il freddo scende ed il fuoco scoppietta, dopo aver cenato, cantiamo e ci scambiamo racconti, esperienze, vecchie e nuove storie di vita e militanza. Le risate risuonano nella valle, alla presenza silenziosa e luminosa della luna e delle stelle: testimonianza viva di una Comunità di uomini e donne che, nonostante le difficoltà degli ultimi tempi, non si è mai arresa; perché la battaglia contro il mondo moderno è la sua gioia e il suo destino.
Per la notte, ci ritiriamo nelle nostre tende: il comfort non è certo il massimo, proprio come volevamo.
La sveglia suona molto presto presto, e ci porta in vetta a salutare il Sole nascente. E’ l’Alba! Un bagliore lampeggia dai monti e un disco di fuoco sorge alto nel cielo, spazzando via l’oscurità e donando calore a chi ha saputo aspettarlo, mentre le vette innevate si tingono dell’oro dell’Aurora.
La mattina si fa calda, e noi ci dirigiamo verso un’altra cima per la vera e propria escursione. I più esperti insegnano agli altri le tecniche di salita, a seconda della variabile consistenza della neve. Ogni vera Comunità, infatti, è costituita da tutte le generazioni, che passano il testimone alle successive. 
Tornati alla base, nelle prime ore del pomeriggio, smontiamo le tende per tornare alle macchine: secondo alcuni, è proprio il ritorno la parte più dura. Se può essere relativamente facile salire mossi dalla prospettiva della vetta, certo più difficile è rimettersi in spalla tende e teli pesanti, ed affrontare ancora un’altra “pettata” per tornare alle macchine, e sorbirsi infine il traffico infernale del rientro a Roma, quando magari si è già assaporata la “vittoria” e si sta già pensando alla doccia ed al caldo pasto che ci aspetta a casa. E’ proprio questo il momento cruciale in cui non cedere: l’animale che ci portiamo dentro, l’Io, si è risvegliato, e si fa sentire lamentandosi per le vesciche o i dolori, oppure rendendoci nervosi e stanchi mentalmente. Annullare il pensiero e fare un ultimo sforzo: siamo qui per questo.
Anche quest’anno siamo tornati tardi, stanchi e sporchi (ma felici!), anche quest’anno abbiamo lanciato la nostra sfida al mondo moderno.
Non abbiamo fatto nemmeno un passo indietro, la “new normality” lasciamo a valle, preferiamo la vera Normalità delle Vette: il sacrificio e la fatica contro il “tutto e subito”, la gestione del proprio corpo e delle proprie energie contro il libero sfogo dei bisogni, il confronto e l’apertura con i propri camerati, la gerarchia e la Comunità, contro l’atomizzazione della società, in un contesto “vero” e armonioso come quello della montagna, contro l’artificalità di DAD e smartworking.
La nostra lotta prosegue… ci vediamo nelle strade!