a cura della Redazione di RigenerAzione Evola
Tornando allo speciale in occasione dei settant’anni dalla dipartita terrena di René Guénon, lasciamo spazio oggi, con un altro piccolo scoop di RigenerAzione Evola, alle parole di Corrado Rocco, studioso di esoterismo che fu in contatto con il metafisico di Blois, e che di quest’ultimo tradusse e curò la prima storica edizione italiana di “Considerazioni sulla Via Iniziatica”, per i Fratelli Bocca di Milano, nel 1949. Nell’introduzione al volume, Rocco si soffermò sull’opera di Guénon, commentandola con un interessante saggio che proponiamo in due parti, e che risulta molto efficace per la precisione, anche lessicale, e la puntualità delle argomentazioni svolte. Sulla complessa questione editoriale legata a questa raccolta di scritti di Guénon, rimandiamo, peraltro, ad un nostro approfodimento uscito proprio lo scorso anno.
Corrado Rocco fu, tra l’altro, animatore delle Edizioni Studi Iniziatici di Napoli e curò le prime traduzioni in italiano anche di altre opere di Guénon, come L’uomo e il suo divenire secondo il Vedanta, nel 1937, o L’Esoterismo di Dante nel 1951.
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L’opera di René Guénon – Prefazione alla prima edizione de “Considerazioni sulla Via iniziatica” (Fratelli Bocca Editori, 1949)
di Corrado Rocco
prima parte
Abbiamo creduto far precedere alla traduzione di questo recente volume di René Guénon, giustamente definito una vera opera cosmologica, alcune pagine di chiarimento per i lettori italiani, sia per inquadrarlo fra le altre opere del Maestro e sia per insistere su qualche punto a nostro avviso più importante.
Non sarà forse inutile ripetere, quantunque sia stato già da noi detto in altre occasioni (1), come un gran numero di lettori dell’opera di Guénon faccia spesso soltanto atto di memoria e non di vera comprensione, ed anche la confonda sia con le consuete «critiche» storiche della civiltà moderna dei vari Spengler, Keyserling, Carrel, de Gobineau, Labriola ecc. e sia, in riguardo all’aspetto propriamente dottrinale di essa, con le esposizioni frammentarie, incompetenti e del tutto falsate dei neo-spiritualisti; e del resto, si può dire che i primi abbiano quasi sempre proposto, come rimedio all’idea che si fanno della «crisi» dell’Occidente, delle soluzioni nebulose ed evanescenti che si avvicinano stranamente a certe teorie pseudo-mistiche degli ultimi citati.
Per tagliar corto a tali confusioni bisogna dire subito che il lavoro cui il Guénon si è dedicato per esporre l’autentico insegnamento tradizionale è l’unico esistente in Occidente che possa servire da punto di partenza per qualsiasi «realizzazione». Anzi è forse anche possibile affermare, con altri studiosi di questioni tradizionali, che dal XIV secolo, e pensiamo specialmente a Maestro Eckart, falsamente chiamato «mistico speculativo», non s’incontrino a nessun titolo in modo netto e sicuro le nozioni fondamentali di questo insegnamento, vale a dire quelle dell’«Identità Suprema» e della «Liberazione», la cui rimessa a giorno è unicamente dovuta al Guénon in questi ultimi anni.
La sua opera è un tutto completo: nessuna delle questioni trattate è lasciata senza una spiegazione esauriente e precisa; quasi tutti gli aspetti del mondo moderno vi sono constatati nelle loro cause e nei loro retroscena con una documentazione perfetta e indiscutibile. Su di essa la cosiddetta «critica» non può trovare appiglio, per il fatto stesso che la Verità è al disopra del pensiero umano e si raggiunge solo per l’Intelletto trascendente, che si pone da intermediario fra l’individualità come tale e gli stati superiori dell’essere. Quest’opera si scagliona nel tempo secondo un nesso logico e cronologico, poiché bisogna considerare che forse l’epoca stessa dell’apparizione dei volumi non sia indifferente per l’organica integrazione degli argomenti, il che peraltro non ha rapporto alcuno con qualsiasi «sistemazione».
Le Théosophisme (Histoire d’une pseudo-religion) e L’Erreur Spirite (le date delle rispettive pubblicazioni si troveranno nell’elenco citato a parte delle altre opere del Maestro) dovevano necessariamente precedere nel tempo gli ulteriori sviluppi dottrinali dell’opera stessa, perché si avesse subito il modo di fare le relative distinzioni, evitare qualsiasi confusione e sapere che pensarne di correnti moderne fra le più sospette ed inferiori dal punto di vista intellettuale, più o meno in relazione col lavoro della «contro-iniziazione», che è tanto più pericolosa quanto più ci si dimostra scettici sulla sua reale esistenza. La semplice enunciazione del titolo di queste due opere dovrebbe bastare, a chi non le conoscesse, e penso che in Italia siano ben pochi coloro che le hanno lette, a far comprendere l’atteggiamento dell’Autore riguardo al teosofismo ed alle cosiddette ricerche psichiche, di cui rileva l’assurdità delle teorie, il pericolo del contatto con dominii inferiori dell’essere umano, l’ignoranza di certi insegnamenti tradizionali esposti in modo tale da contraffarli completamente.
Orient et Occident e La Crise du Monde Moderne apparivano quasi contemporaneamente alla prima opera dottrinale, L’Homme et son devenir selon le Vêdânta, per rispondere all’esigenza di preparare la via agli studiosi per accedere alla comprensione della metafisica pura, e si potrebbe dire la metafisica senza nessun epiteto se i filosofi dell’Occidente non si fossero dedicati più o meno involontariamente a limitarla in tutti i modi con incredibile abilità. In questi due volumi, è dimostrato come tutto il cosiddetto pensiero moderno non sia che la sovversione lampante di dati strettamente tradizionali. Nel primo, sono affrontate le due superstizioni del mondo moderno, quella della «scienza» e quella ancora più sottile della «vita», la quale in realtà non è altro che una delle condizioni dello stato d’esistenza cui appartiene l’individualità umana. In questo stesso volume, è per la prima volta suggerito il rimedio ad un tale stato di decadenza, e posta precisamente la nozione di una élite per il ritorno dell’Occidente a delle vie tradizionali.
Ne La Crise du Monde Moderne, i varii aspetti della decadenza moderna sono ridotti a due tendenze, apparentemente antinomiche, ma in fondo complementari: il razionalismo, che negando i dati tradizionali come degli apriorismi finisce per coincidere con l’irrazionale, e il sentimentalismo entrambe tendenze che ad un grado o ad un altro fanno parte di uno stesso tentativo antitradizionale. Vi è anche discussa la distinzione tra conoscenza ed azione, e l’imprescindibile subordinazione della seconda alla prima. Ma non possiamo dilungarci ed accenneremo in proposito ad un altro libro di Guénon, dove la questione è sviluppata da un punto di vista diverso, dal titolo Autorité Spirituelle et Pouvoir Temporel. In esso, la concezione tradizionale delle quattro età successive nelle quali si divide la storia del mondo e che rappresentano altrettante fasi progressive di materializzazione, a mano a mano che ci si allontana dal principio, vale a dire dallo «stato primordiale» dell’umanità, concezione cui si era riferito il Guènon nella stessa Crise du Monde Moderne, è ripresa e sviluppata in rapporto alla rivolta del potere temporale all’autorità spirituale, il che rappresenta uno degli aspetti più profondi delle degenerescenza moderna, per le altre conseguenze che ne derivano.
Come si vede le dottrine tradizionali sono proprio all’opposto della credenza nel progresso e nell’evoluzione degli occidentali, credenza per cui si finisce per patteggiare con nozioni caduche ed instabili, con teorie di perpetuo minacciate da altre sopravvenienti, come si può facilmente vedere con le varie filosofie e con la scienza moderna.
L’Introduction générale à l’étude del doctrines hindues, malgrado sia l’opera comparsa per prima, si pone quasi come un anello di congiunzione fra questo gruppo e quello dei lavori propriamente dottrinali e vi si trovano tutte le spiegazioni attendibili sull’ortodossia metafisica.
In tal modo è posta inequivocabilmente la vera idea della Tradizione, di cui i vari tradizionalismi del mondo moderno sono la più assurda caricatura e si riducono a tenaci «conservatorismi» di forme e soprattutto di interessi con sfoggio di pompa esteriore. La Tradizione vera implica sempre l’intervento di un elemento non-umano e della quale le altre forme tradizionali ortodosse, articolatesi e sviluppatesi nel tempo, ne sono un aspetto, o per dir meglio, sono un aspetto della Tradizione Primordiale, Perpetua e Unanime. Ed è perciò che in questo libro è affermato che l’origine del Vêda è apaurushêya, cioè «non umana» e che i testi vedici fanno parte della Shruti, termine molto vicino a quello di «rivelazione».
Altre chiarificazioni importanti sono quelle concernenti i sei darshana, che gli orientalisti presentano abusivamente come i «sei principali sistemi filosofici indù», mentre in realtà sono i sei punti di vista donde la dottrina può essere considerata.
Ne l’Homme et son divenir selon le Vêdânta, Les Etats Multiples de l’etre, Le symbolisme de la Croix, La Métaphysique Orientale, René Guénon tratta della metafisica pura, e si rivolge soltanto all’intelligenza, poiché l’adesione a questi principii si impone appena siano stati «visti» dallo spirito. Tale esposizione non parte dunque da un qualsiasi individualismo, ma da essa traspare, per chi sappia leggere, una vera e propria funzione d’insegnamento tradizionale. Ma che cosa può dire ancora la parola «intelligenza» agli uomini moderni? Essa non si ritrova più che nella terminologia detestabile degli psicologi che l’hanno relegata in funzione di una semplice facoltà mentale, come nella triplice spartizione wolfiana dei fenomeni della coscienza, e, d’altra parte, in tutte le esposizioni moderne, a qualsiasi campo appartengano, non ve n’è alcuna che anche al grado più elementare tenti di fare in un certo senso opera di comprensione.
Una comprensione vera si potrebbe dire che possa coincidere in un certo senso con la stessa Conoscenza, ed è quella dei principii metafisici da cui tutto dipende, o, per dirla con un espressione più sintetica ed assoluta, della Possibilità Universale che è veramente l’«illimitato»; non v’è dunque da discutere se ciò di cui si tratta non possa essere altro in fondo che una delle cosiddette «forme mentali», come ve ne sono tante nella nostra epoca, poiché, per quanto vaste le si possa supporre, ed attualmente risultano le più ristrette di tutte, non potrebbero mai contenere la Conoscenza vera e totale che, per definizione, è oltre la manifestazione formale ed informale e, d’altra parte, non vi è alcuna comune misura fra la Verità ed i vari sistemi filosofici che non vi mirano, ma che sembrano fatti proprio per limitarla in ogni modo, il che equivale a negarla puramente e semplicemente.
Sant’Agostino (Antonello da Messina, 1472-1473)
Come si vede non si tratta di concezioni o di proposizioni filosofiche e nemmeno di quei «criterii» della Verità, così diffusi da Leibnitz in poi, ma di larghezza d’orizzonte intellettuale, vale a dire dell’intelligenza nel vero senso della parola. Ogni conoscenza razionale, che si presume poter desumere dai dati cosiddetti «oggettivi» dell’esperienza, non può essere altro che puro verbalismo senza alcuna attinenza con la realtà. Ed infatti la manifestazione, considerata in se stessa, è pura illusione, poiché tutta la sua realtà è solo nel suo rapporto di dipendenza nei riguardi dell’Infinito. L’Infinito soltanto è se stesso, ed è veramente il Sè principiale ed immutabile, che può stare a sé in sé, illimitato e perciò senza dualità, talchè secondo S. Agostino, «le cose che accadono temporalmente… tutte Egli comprende in una presenza stabile ed eterna (2)».
È il pensiero razionale a porre limiti alla conoscenza, ed invece è la conoscenza del simbolo che, dando alle cose lo splendore del vero, le integra in un’unica realtà, poiché nei simboli è l’interazione del Tutto assoluto. Ma non sono certo i pseudo-iniziati dell’Occidente a poter comprendere il significato universale dei simboli iniziatici ed anzi dubitiamo molto che coloro che si possono denominare i neo-spiritualisti siano i più adatti, come si potrebbe essere tentati di credere, a comprendere le opere di René Guénon, essendo legati al «fenomenico» e «vivendo» per così dire di un perpetuo «sincretismo».
È pur vero d’altronde che senza un collegamento tradizionale, anche semplicemente esteriore, una parte di questo insegnamento può sfuggire, e ciò necessariamente per il fatto che molti elementi secondarii dell’essere umano, che incidono sulla stessa qualificazione principale, quella intellettuale, non si rendono sottomessi senza un appropriato lavoro rituale. Donde risulta come la conoscenza metafisica, resa nuovamente possibile dall’opera di René Guénon, non sia quasi niente finché resta «teorica». Tale esposizione è stata provvidenziale nel senso che viene a ricordarci che bisogna vivere secondo il dharma, il che vuol anche dire che, pur rivolgendosi specificamente ad una èlite intellettuale, può essere di molto vantaggio ad una certa categoria più vasta d’individui se riesce, per essa, a riconoscere la necessità di seguire le esigenze di una religione rivelata ed il dovere di sottoporsi al Volere divino. Nell’un caso come nell’altro, sia con un collegamento esoterico od exoterico, questa Conoscenza implica un tale atteggiamento spirituale per cui in ogni cosa e ad ogni istante l’uomo Conosca.
La vera metafisica è dunque propriamente l’Universale, il Tutto assoluto, l’Infinito contenente tutte le possibilità della manifestazione e della non-manifestazione.
E rileviamo come sia la Conoscenza dell’Infinito a mancare agli uomini moderni, che si limitano alla sola manifestazione formale, ed anzi ad una parte molto ristretta di quest’ultima. Un’altra idea parimenti estranea alla mentalità moderna, e che rappresenta l’aspetto integrativo essenziale della metafisica, è quella della «realizzazione spirituale», cioè l’attualizzazione, mediante i metodi di una particolare «via» spirituale, della virtualità data all’essere dall’iniziazione, e per cui si inverano e si immedesimano gradualmente i principii metafisici come stati interiori dell’essere, il che implica con ogni evidenza una identificazione per la Conoscenza. Del resto, dovrebbe essere chiaro che la semplice «speculazione» teorica, come è concepita dai moderni, non possa avere alcun valore reale per il divenire dell’individuo. Essa non è altro che la caricatura dell’elemento dottrinale di una tradizione completa, per cui da sola si perde irrimediabilmente nella molteplicità indefinita, nell’incessante varietà delle cose, talchè è un mero discutere senza intendere, un guardare senza «vedere». Non può esservi possesso della Conoscenza, senza una «via» d’interiorizzazione. È quello che dicevano anche certi Padri della Chiesa, asserendo che il conoscere «prima di diventare possesso è via, e quando uno avrà trovato la via vera, perverrà al possesso: che pertanto è aperto a chi bussa».
segue nella seconda parte