
Tratto dalla rivista Raido n.32
Intorno le fronde degli alberi ghermite dal vento, come le mie ossa ghermite dal freddo. E’ notte, è inverno. Accudisco un fuoco.
Perché?
Se te lo spiegassi, capiresti?
Forse.
Allora proverò. Nel fuoco acceso al tramonto ho voluto evitare che la tenebra sopraffacesse la luce. Ma anche questo è qualcosa che devo spiegarti.
Tenta.
Tento. Attento però, perché non darò delle risposte a delle domande più o meno profonde sulla vita ed il suo significato, ma darò solo spiegazioni del mio agire.
Accendo un fuoco per non restare al buio, suona banale forse, ma è, in fondo, proprio e soltanto così. Non voglio restare al buio.
Immagini la vita di un uomo avvolta dalle tenebre? E se è così importante la vista per le piccole cose pratiche, immagina quanto più importante sia non restare prigionieri del buio nel dominio della mente e del cuore dove la vista non è data dagli occhi.
Vai avanti.
Il fuoco brucia, il sacrificio del legno per la fiamma di luce. La materia che trasmuta in energia non chiusa in una forma. Hai mai osservato il fuoco? Non si riesce a catturarne la forma. Mi piace così, ha qualcosa di magico, si la fiamma del fuoco è un piccolo prodigio. E prodigioso è anche il riverbero di luce del fuoco che attraversa la mia carne per rischiarare dentro.
Anche dentro?
Anche dentro, le tenebre si ritraggono, le catene dei cinque sensi si allentano. Se si accudisce il fuoco e basta, senza il fardello dei pensieri che ci tormentano, senza pensare a cosa devo fare domani, a cosa mi ha detto il mio amico, a cosa devo dire io. Se si accudisce il fuoco e basta. Essere lì, non pensare a tutti gli altri posti dove si potrebbe essere, montagne più alte, cieli più blu. Accudire il fuoco e stare tranquilli, con sentimenti una volta tanto pacati, ma per questo non meno netti e precisi, ecco che il fuoco invece di un tepore che stordisce, dona un calore che rinvigorisce, ecco che si può ascoltare dentro e con un pizzico di fortuna vedere dentro di sé.
Finalmente!
Finalmente dici? Quasi sempre quello che vediamo non è un granché, anzi neanche ci si accorge che un po’ di luce ha brillato dentro per qualche istante. Ma poi importa molto rendersene conto?
Direi di si ……
Forse, però è più importante favorire le condizioni perché ciò accada, perché la luce brilli e possibilmente torni a brillare. Accorgersi di uno sprazzo di luce interiore è qualcosa di bello e gioioso che tutti auguriamo a tutti. Ma non si finisca a credersi più fichi di quel che si è, perché sull’onda dell’autocompiacimento cavalcano i demoni dell’ignoranza.
Accudire il fuoco e basta, tranquillità senza aspettative d’altro.
Il desiderio d’altro, di qualcosa di strepitoso, sensazionale, di qualche visione da raccontare, trasforma noi stessi in legna per un fuoco divenuto distruttore che ci divora, inondandoci di immagini falsate dalla suggestione a cui fa da contropartita il buio interiore.
E quando arriverà mattina?
Quando arriverà mattina tornerà la luce del giorno. Qualcosa forse resterà della notte passata, forse un seme, chissà, ma non ci penserò mentre di nuovo l’attenzione si volgerà verso le tante incombenze della vita quotidiana.
Tutto come prima o quasi?
Tutto come prima o quasi. Un altro giro di danza del Sole con la Luna. La danza che continua da sempre e che non si fermerà mai finché esisterà il mondo. Tutto come prima o quasi, ma per una notte avremo danzato anche noi con il Sole e con la Luna.
Posso restare?
Tieni l’ascia, vai a tagliare della legna.