Il sentiero della vita Nobile | La casa del Signore del Fuoco

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Uscito su Raido n. 35

Un viaggio misterioso alla ricerca di se stessi
Gli antichi solevano narrare fiabe e racconti, apparentemente privi di riscontro al di fuori della fantasia, per trasmettere grandi verità…non sottovalutate dunque i più semplici racconti e cercate dentro di voi i miti e gli eroi per assorbirne il senso più intimo…non leggete con superficialità, ma sappiate scavare e andare oltre i pregiudizi della mente…
Era un giorno come tanti ed i giovani di quella piccola città della Magna Grecia si allenavano duramente; per loro era un gioco ed il fatto di lottare insieme rendeva questo gioco ancora più sentito. Aleiros e Diogene si impegnavano tanto e gli altri giovani li ammiravano per la decisione e l’impegno con cui si allenavano, inoltre qualche volta per provare i loro miglioramenti – in assenza di guerre – si misuravano con i giovani delle altre poleis.
Ogni tanto un anziano maestro di nome Essel andava a trovarli e parlava loro raccontando le avventure dei padri del popolo; attraverso questi racconti egli trasmetteva i precetti dell’antica Sapienza, i valori ed i principi fondati sulla Verità e sulla Giustizia. Essel parlava di viaggi avventurosi che gli anziani avevano dovuto affrontare per conquistare conoscenza e saggezza; questi viaggi si svolgevano in deserti e montagne e solo in pochi riuscivano a giungere presso la quarta di alcune case poste lungo il cammino: la casa del signore del fuoco. Tutti pensavano che quelli di Essel fossero semplici racconti, aneddoti per spronare i giovani a perseguire la virtù e fuggire il vizio, per invogliarli all’allenamento e ad esigere sempre di più da sé stessi.
Tra tutte le frasi che soleva ripetere una in particolare aveva colpito Aleiros e Diogene: “La vita è un viaggio, gli incontri, gli eventi non sono casuali ma tasselli di un percorso. Il compito dell’uomo è scoprire le leggi che regolano questo viaggio per intraprenderlo con coscienza. Queste leggi si trovano dentro la quarta casa, la casa nascosta ed invisibile, quella del cuore, presieduta dal signore del fuoco”. Cosa intendeva dire realmente Essel quando parlava di questo viaggio segreto? E le case esistevano davvero? E dove erano situate, nella Grecia forse, o a Nord presso i ghiacci, forse nella ricca Persia…
Durante un incontro di lotta Aleiros e Diogene si colpirono con forza contemporaneamente e svennero tra lo sgomento generale – non era mai successo ai due giovani – tutti si preoccuparono di adagiare i corpi sull’erba aspettandone il risveglio. Aleiros e Diogene non si erano resi conto di nulla di ciò che era accaduto e così furono convinti di stare ancora lottando. D’un tratto il paesaggio intorno a loro mutò e divenne buio, umido ed una pioggia lenta iniziò a bagnare i loro corpi. Si guardarono intorno, videro deserti… catene…
In lontananza, verso Nord, scorsero una luce e s’incamminarono verso di essa. Ecco che, giunti nelle vicinanze, intravidero una casa. I due cuori tremavano, ma il pensiero di essere insieme li faceva sentire invincibili: completi. Bussarono alla porta della casa e furono accolti da due anziani, i loro volti, i loro gesti avevano qualcosa di familiare; gli offrirono da bere e da mangiare ed i due giovani presero, come gli era stato insegnato, l’essenziale ringraziando più volte. La casa aveva un arredamento molto cupo, ma non tenebroso, tutto era buio, privo di luce propria e solo un piccolo fuoco forniva la luce soffusa ed il calore necessari alla sopravvivenza. I due anziani al termine della cena si rivolsero ad Aleiros e Diogene con queste parole: “E’ tempo che andiate, coprite i vostri corpi e dimenticatevi di essi, passate lungo questa galleria e badate di non specchiarvi mai!” (la galleria era infatti piena di specchi)incalzarono con tono deciso come se la cosa li riguardasse personalmente. A quel punto Aleiros chiese il perché ed uno dei vecchi rispose: “Giovane io fui e come te bello e forte, ma per aver amato troppo il mio corpo fui relegato in questi luoghi dove mi è impossibile vedere null’altro se non ombre, vestito con il colore di uno schiavo e marchiato con il sigillo della terra…andate figlioli e non dimenticate il nostro avvertimento”.
I due ragazzi si affrettarono nell’attraversare la lunga galleria, si fidavano dei due anziani e questo era un fatto assai insolito soprattutto per quanto riguardava Aleiros il cui carattere lo portava ad essere diffidente verso chiunque, parenti ed amici, figurarsi con gli sconosciuti.
A metà del cammino Diogene vide negli occhi di Aleiros una strana luce, era la curiosità! Un attimo prima che si potesse voltare a destra o sinistra o in alto – (la galleria infatti era ricoperta interamente di specchi) gli disse : “fratello di mille avventure, intuitivo ma curioso, l’inganno fu posto nell’uomo proprio nella curiosità di evadere il consiglio dei saggi, so che sbaglieremmo se questa volta disobbedissimo, IL CORPO E’ UN’ILLUSIONE!”- urlò, – “Una scorza e non ha senso guardare questa illusione riflessa su di un pezzo di illusione, verrà il momento in cui dovremo osare ma non è ora, non è qui!”. Aleiros fu sciolto da quello sguardo che ne aveva imprigionato la mente e, sorridendo a Diogene, proseguì con lui. I passi veloci si trasformarono in corsa, sempre più veloce, il sudore rese ben presto le loro vesti aderenti ai corpi.
Al termine della galleria si trovarono di fronte ad una porta gialla, bussarono e furono accolti da due uomini di età avanzata ma più giovani dei primi due anziani; si presentarono vestiti di giallo come mercanti di miele ed inspiegabilmente anche di loro Aleiros si fidò all’istante. Diogene prima di parlare guardava sempre negli occhi di Aleiros per capire ciò che percepiva, aveva infatti una particolare predisposizione naturale, un sesto senso, che lo portava a capire al volo, o meglio sentire l’animo delle persone, percepire i loro propositi. Diogene dal suo si preoccupava di spiegare ad Aleiros ciò che qualche volta, per la fretta o per altri motivi, gli sfuggiva. Forse proprio per questo erano così sicuri e fieri quando camminavano insieme, ogni avventura diventava una sfida, ogni misfatto una prova, un gioco in cui dover dimostrare il proprio valore.
I due uomini porsero ai giovani una strana bevanda al miele, molto energetica che li riprese dalla fatica per la corsa. I ragazzi senza fare troppe domande, limitandosi a raccontare le loro vicende più recenti, seguirono le indicazioni per proseguire il viaggio.
La casa aveva una seconda porta al proprio interno che affacciava su di un giardino molto particolare, cosparso di nidi di Api di varia grandezza. Ai due ragazzi furono assegnate due fiaccole ed indicati due sentieri differenti, Aleiros avrebbe seguito quello di sinistra, Diogene quello di destra, e fu chiesto loro, sia per sdebitarsi della bevanda sia per farsi strada e proseguire il cammino, di liberare i sentieri dai nidi presenti con il fuoco della fiaccola. Uno dei custodi disse: “Ripulite il sentiero poiché la pura luce è nascosta da quei nidi enormi e le piante più preziose hanno difficoltà ad accrescersi, vi è troppa ombra, con le vostre fiaccole abbiate il coraggio e la decisione di cancellarli per sempre; tu, Diogene, figlio di Apollo, non disperare se il fardello è troppo pesante, fai ciò che è giusto!”.
Aleiros e Diogene si incamminarono, Aleiros trovò sul suo cammino pochi ma grandi nidi e bruciarli non fu semplice ma alla fine ci riuscì, anche perché non voleva fare aspettare Diogene. Per quanto riguarda questo ultimo, per lui fu tutto troppo difficile. Il suo cammino era pieno zeppo di nidi, di varie dimensioni ed ogni nido bruciato gli provocava degli spasmi e dolori fortissimi; Aleiros – da poco giunto alla fine del sentiero – udiva le sue grida, sentiva le sue lacrime, ma allo stesso tempo ne percepiva la forza, la volontà e la decisione. I nidi finirono e Diogene si sentì ringiovanito da quella esperienza, ma anche debilitato nelle forze, tanto che risultò dimagrito, sembrava aver sostenuto dieci anni di lotta. In realtà il viaggio era solo a metà. Alla fine del sentiero giunsero presso una distesa immensa d’acqua. I loro visi erano provati, le loro membra stanche… all’improvviso udirono un fischio, si voltarono e videro due fanciulli, era impressionante la somiglianza dei due piccoli con i due giovani, tanto che li accolsero come dei fratellini. I due bambini malgrado l’età, erano molto decisi e sicuri di loro, offrirono del pane e delle radici ai giovani e dissero loro: “Quanto tempo ci avete fatto attendere, fortuna che siete giunti, non sapete che i fanciulli se non sono protetti vengono sporcati ed infettati dai mali del mondo? La loro purezza, sotto l’influenza degli adulti, si macchia presto di maldicenze e sentimenti negativi…un bambino non dovrebbe arrabbiarsi mai…ci occorre il vostro aiuto..”.
Dite” rispose Aleiros. “Dobbiamo consegnare queste due chiavi al signore del fuoco che si trova al di là di questa distesa d’acqua, ma non possiamo lasciare incustodita la nostra imbarcazione e ci è proibito approdare alle sue rive, siamo troppo piccoli!”.
Dunque come possiamo servirvi?”, incalzò Diogene
Vi lasceremo ad una ragionevole distanza dalla riva, ma dovrete percorrere a nuoto il resto del viaggio. I due acconsentirono. Dopo 7 giorni e 7 notti di navigazione giunsero nel punto concordato e legate le chiavi ai corpi, si immersero nelle verdi acque”.
Le chiavi dei due giovani non erano uguali. Quella di Aleiros era d’argento e su di un lato vi era inciso un orso, su quella di Diogene – d’oro – un cinghiale.
Erano due sigilli importanti di cui i giovani ignoravano il profondo significato, in un altro momento Diogene avrebbe fatto delle domande su quei sigilli per trovare certezze alle sue intuizioni, ma l’esperienza delle api lo aveva profondamente cambiato e così ora non gli importava più sapere il significato delle cose piuttosto sentirle, con il cuore; aveva finalmente capito che la fretta nell’apprendere non aveva più senso, poiché tutto sarebbe stato chiaro e svelato al momento opportuno.
Mentre nuotavano, i due giovani furono rapiti da una visione, videro i loro amici, parenti e donne, piangere e gridare frasi del tipo “perché ci lasciate?”, “tornate qui” “Aleiros torna da me”, “Diogene non vedi che soffro? Non abbandonare tua madre”. Lo sconforto li assalì, ma Diogene che era stato il primo a fermarsi, chiuse gli occhi, respirò profondamente ed emise un urlò di sofferenza tremendo… l’illusione svanì e comprese in un lampo il senso del viaggio, non trovò le parole precise per riferire ciò che aveva sentito ad Aleiros ma rivolgendosi a lui disse: “Ritroveremo centuplicati i nostri affetti nel cuore di quel vulcano, nell’isola del signore del fuoco, nuota fratello, il loro amore sarà ritrovato e questo rifiuto alle loro richieste sarà come rifiutare l’acqua inquinata a valle per berla a monte. Udendo ciò Aleiros ritornò in sé e così i due poterono proseguire nelle acque. Dopo diverse ore giunsero finalmente alle rive dell’Isola. Puntarono il vulcano ed iniziarono la scalata per giungere alla casa del Signore del fuoco che, secondo le indicazioni dei due fanciulli, si trovava esattamente sulla vetta del vulcano. La scalata fu ardua, difficile e lenta, ma proprio mentre lo sconforto iniziò ad albergare nel cuore dei due, un falco ed un’aquila apparvero nel cielo. Il presagio li caricò di forza e trovarono le ultime energie nei loro cuori per terminare il percorso. Giunti in cima non videro nulla tranne…il cuore del vulcano acceso ed alimentato da un fuoco imponente.
Uno sguardo tra i due bastò per capire che il Signore del Fuoco non esisteva e che per giungere nella quarta casa, quella famosa casa di cui parlava l’anziano Essel, dovevano gettarsi in quel fuoco…non sapevano come erano giunti a questa conclusione, ma Aleiros lo sentiva e Diogene lo intuiva. I due allora cercarono di scambiarsi la forza per annientare la paura e Diogene rivolgendosi all’amico disse: “Amico pensi che io ti abbia mai tradito?”.
No”, rispose.
Abbi fede in me dunque, tu che tante volte mi hai protetto e dato il coraggio di compiere il mio dovere, assicurandomi la pace necessaria per svolgere il mio compito, abbi fede in me, che vidi e conobbi il nostro destino e l’esito di questa avventura, è il momento di osare, qui, ora e per sempre!”.
Aleiros annuì, guardò fiero Diogene e con il suo modo semplice di capire i bisogni del fratello di mille battaglie, gli diede la pacca sulle spalle che gli aveva intimamente richiesto. Quella pacca caricò di forza Diogene.
I loro corpi si illuminarono e le vesti divennero bianche, candide; con lacrime di gioia agli occhi i due guardarono il fuoco e saltarono ognuno con il proprio grido di battaglia e con i sigilli appesi al collo. Invasati ed avvolti da una sensazione di ascesa persero i sensi e si ritrovarono stranamente nel luogo di allenamento dove erano svenuti, circondati da tutti gli amici impegnati nel risvegliarli; i due si guardarono increduli ed Aleiros con tempismo – notando che il silenzio stupiva quelle persone – esordì dicendo: “Ragazzi mi meraviglio di voi, non è educato disturbare chi dorme!”. Tutti risero.
La stessa notte del risveglio, ai due apparvero – in sogno – i due vecchi, i due uomini ed i due bambini ringraziandoli per averli liberati dall’incantesimo che li teneva imprigionati in quei luoghi, inoltre confermarono il presentimento di Aleiros: in realtà quelle persone erano così familiari perché non erano altro che Aleiros e Diogene. Nel sogno fu loro rivelata inoltre una missione: guidare i loro amici e fratelli di battaglia lungo quei sentieri che avevano percorso facendo di loro combattenti dello Spirito. Per rendere eterna questa consegna, i sigilli che avevano portato al collo furono loro incisi sul petto in corrispondenza del cuore per ricordare – in qualsiasi momento – che le due chiavi (del potere temporale e dell’autorità spirituale) e le due vie (dell’azione e della contemplazione) sono una sola cosa nella terza via, quella del cuore.
I due non raccontarono a nessuno ciò che avevano vissuto, non ne parlarono mai neanche tra di loro; per ricordare quel viaggio misterioso d’altronde sarebbe bastato – di fronte ad una pinta di Ambrosia – uno sguardo ed una risata.
Sapevano comunque in cuor loro che tutto quello che avevano affrontato era stato più che reale, Vero.