
Uscito su Raido n. 36
Una diatriba per Roma fece sì che le due forti personalità di Mario e Silla venissero allo scontro, innescando la prima fase delle guerre civili che turbarono la repubblica.
Mitridate Eupatore, re del Ponto, affamato di nuove terre, desiderava espandersi. I Romani, per frenarne le brame, gli opposero il regno di Bitinia, guidato da Nicomede IV. Mitridate, per tutta risposta, dichiarò guerra a Roma. La sua prima mossa fu il massacro di più di 80000 cittadini romani in tutta l’Asia in un solo giorno. L’incarico di occuparsi di Mitridate spettava per legge a Silla, però Mario, che nel frattempo era divenuto la guida indiscussa degli Italici, fece sì che Sulpicio Rufo nell’88 a.C. approvasse un plebiscito che assegnava l’incarico di combattere Mitridate a Mario stesso. Silla per far valere i propri diritti marciò su Roma e la città precipitò nella guerra civile.
“Signore…” Il più giovane degli uomini esitava.
“Che cosa c’è? Sputa il rospo, ragazzo.”
“Alcuni uomini stanno parlando di arrendersi. Siamo ridotti della metà e Silla controlla le rotte marine di rifornimento. Non possiamo vincere…”
“Vincere? Chi ha detto che avremmo vinto. Quando ho visto Mario morire, ho capito che non avremmo vinto. Ho capito che Silla avrebbe spezzato le reni alla Legione Primigenia prima ancora che potessimo causargli qualche vera difficoltà. Qui non si tratta di vincere, ragazzo, ma di combattere per una giusta causa, di seguire gli ordini e di onorare un grande in vita e in morte”. Si guardò intorno. Furono in pochi a non sostenere il suo sguardo e lui comprese di essere tra amici. Sorrise.
“Un uomo può aspettare per una vita intera un momento come questo e non vederlo mai. Alcuni invecchiano e avvizziscono, senza conoscere mai un momento di gloria. Noi moriremo giovani e forti, ma non vorrei una fine diversa.”
“Ma signore, forse potremmo uscire dalla città. Puntare verso le alture…”
“Usciamo. Non ho intenzione di sprecare un grande discorso con voi.”
Saltellò verso la porta. In strada erano riuniti un centinaio di legionari della Primigenia, stanchi e sporchi, molti feriti. Sembravano già sconfitti e fu quel pensiero a fargli trovare le parole giuste.
“Sono un soldato di Roma!” La sua voce, sonora per natura, fece raddrizzare molte spalle.
“La sola cosa che abbia mai voluto era prestare servizio e in vecchiaia ritirarmi con un pezzetto di terra. Non volevo perdere la vita in un paese straniero ed essere dimenticato. Ma quando mi sono trovato agli ordini di un uomo che per me era più di un padre e l’ho visto morire e ho udito le sue parole, ho pensato: “Orso, amico mio, forse è questo il punto d’arrivo. E forse, dopotutto è sufficiente.”
“Qualcuno qui pensa di poter vivere per sempre? Che siano altri a piantare cavoli e ad avvizzire al sole. Io voglio morire come un soldato, per le strade della città che amo, difendendola.”
Abbassò lievemente la voce, come per rivelare un segreto, e gli uomini si fecero più vicini per ascoltarlo.
C’è una verità che conosco. Poche cose sono più preziose dei sogni o delle mogli, dei piaceri della carne o perfino dei figli. Ma alcune lo sono, ed è questa consapevolezza a fare di noi degli uomini. La vita non è che un breve, caldo giorno di sole fra due lunghe notti. Si fa buio per tutti, anche per coloro che lottano e fingono di poter restare per sempre giovani e forti.”
Indicò un soldato maturo, che ascoltando fletteva lentamente le gambe. “Tinasta! Vedo che stai mettendo alla prova le tue vecchie ginocchia. Credi che l’età attutirà il dolore? Perché aspettare di sentirle cedere per la debolezza e di doverti appoggiare a uomini più giovani? No, amici miei, fratelli miei. Andiamocene finché la luce è ancora vivida e il giorno splendente.”
Un giovane soldato alzò la testa. “Saremo ricordati?”
Orso sorrise, sospirando. “Per qualche tempo, figliolo, ma oggi chi ricorda gli eroi di Cartagine o di Sparta? Eppure essi sanno come si è concluso il loro giorno, e questo deve bastare. Non c’è altro.”
“Non abbiamo nessuna possibilità di vittoria?” mormorò l’altro. Orso zoppicò verso di lui. “Perché non lasci la città, figliolo? Potresti farcela, evitando le pattuglie. Non sei obbligato a restare.”
“Lo so, signore.” Il ragazzo fece una pausa. “Ma resterò.”
Allora non c’è motivo di ritardare l’inevitabile. Radunare gli uomini. Tutti pronti per attaccare le barricate. Che ognuno vada dove vuole, con i miei buoni auspici. Che siano altri a cercarsi una vita diversa altrove, ma non potranno mai dire di aver combattuto per Roma. Un’ora, signori. Prendete le armi un’ultima volta.”