La storia del nostro Continente è costellata da innumerevoli di esempi di valore incarnati da altrettanti di eroi che si sono distinti in battaglia, indipendentemente da vittoria e sconfitta.
Riscoprirne le gesta è un dovere e l’obiettivo di questa rubrica a cadenza mensile.
Sembrerà strano, ma, prima della pandemia, esisteva un altro modo di vivere: ad esempio, si poteva entrare in un bar senza dover esibire un lasciapassare, e se proprio vogliamo dirlo, uno dei discorsi più “chiacchierati” nei bar o in qualunque altro posto di ritrovo era quello del “terrorismo (pseudo)islamico” che in quegli anni dilagava (mentre oggi sembra scomparso, dalle tv).
Ebbene, mentre noi occidentali rispondevamo agli attacchi di Parigi a forza di hashtag come “Je suis Charlie” (salvo poi voltare le spalle alla rivista quando ironizzarono sul terremoto di Amatrice), una nazione, quella russa, che oggi sembrerebbe essere la causa di tutti i mali di questo mondo, mandava i propri figli a combattere contro quel nemico, che, a dirla tutta, era stato finanziato dallo stesso Occidente.
E, tra tutte le storie della guerra in Siria, di certo una delle più cariche di gloria è quella riguardante il giovane soldato Aleksandr Prochorenko. Il 25enne era stato mandato in ricognizione nei pressi della città di Palmira (città che tra le altre cose, è anche carica di un importante significato storico): suo il compito di dirigere alcuni bombardamenti aerei dando le coordinate, e così che per una settimana Prochorenko continuò a combattere, totalmente da solo. Successe però che, un grande numero di terroristi, un centinaio, lo abbiano attaccato in massa; lui, dopo aver resistito fino all’esaurimento di tutte le munizioni e avendo capito che la situazione si era fatta insostenibile, decise di chiedere un bombardamento sulla sua posizione. Queste le parole di Prochorenko alla squadra di soccorso:
“Sono circondato, sono qui fuori. Bombardate ora, umilieranno me e questa divisa. Voglio morire con dignità e portare tutti questi bastardi con me. Per favore, è il mio ultimo desiderio, effettuate il bombardamento. Dite ai miei familiari e alla mia nazione che li amo. Dite loro che sono stato coraggioso e che ho combattuto sino alla fine”
Perirà proprio a causa di questo bombardamento, morendo come un leone, intorno a tanti cani, lasciando una moglie incinta a cui non aveva detto nulla sul suo dislocamento in Siria, dicendogli solamente che avrebbe partecipato ad una esercitazione.