Tratto da RigenerazionEvola
Seconda parte del saggio sull’anglo-israelismo di Julius Evola (sotto il noto pseudonimo di Arthos), uscito in piena guerra, nel 1941, su “La Vita Italiana”. Sempre per riflettere su quanto sta accadendo nel mondo, con i dovuti adattamenti storici, alla ricerca di alcune “costanti”, di alcune forze, presenze, più o meno sotterranee che, attraverso una pluralità di forme, movimenti, ideologie, sovrastrutture, attraversano i secoli, determinandone e indirizzandone sistematicamente il corso degli eventi.
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di Julius Evola
Tratto da “Vita Italiana”, settembre 1941
segue dalla prima parte
Dopo quella dello squilibrato Brothers, le opere di Edward Hine (Identification of the British Nation with Lost Israel, London, 1971; Forty-seven Identification of the British Nation with the Lost Ten Tribes of Israel, London, 1872) che sembrava fossero diffuse in 46 mila copie, contennero i capisaldi del movimento. Nel giugno 1872 aveva avuto luogo la prima conferenza angloisraelita, a Londra, inaugurata dal secondo vescovo di Gerusalemme, Samuel Gobat, successore dell’ebreo Alexander. Subito si formò una serie di organizzazioni, la principale di esse nel 1878, con nome Metropolitan Anglo-Israel Association, avendo per presidente il Visconte di Folkstone, tesoriere reale, poi il vescovo Titcomb. Alla morte di questi (1887) vi erano già filiali dell’associazione in ben quarantun città inglesi. Altri due si intitolarono Anglo-Israel Identity Society e Shottish Israel Identification Association, fino a che il movimento fu unificato. A partir dal 1902 esso si chiamò The Imperial British-Israel Association e, infine, dal 1919, British-Israel World Federation, cioè federazione mondiale anglo-israelita.
Questa associazione ha delle cellule diffuse in tutti i paesi di lingua anglosassone, si pone, in una certa misura, come una associazione superconfessionale (accoglie membri delle varie confessioni religiose e altresì ebrei professi) e come tale è una fra le più numerose e potenti del mondo. La sua organizzazione è perfetta. Essa ha un concilio generale (General Council) con a lato concili minori con fiduciari, i quali a loro volta dispongono, per la realizzazione dei loro scopi, di incaricati speciali (commissioners), di oratori propagandistici e di giornalisti. La Gran Bretagna e l’Irlanda sono divise in dodici distretti, in ognuno dei quali un commissioner dirige la propaganda. Per gli studi scientifici, religiosi e politici fu già creato un Istituto angloisraelita nei pressi di Birmingham. Naturalmente, l’organizzazione si espande nei Dominions ed è fortemente rappresentata nell’America del Nord. Lo scopo della propaganda è di arruolare sempre nuovi aderenti e influenzare in modo sistematico l’opinione pubblica dei vari paesi. Ogni anno ha luogo un congresso mondiale dell’Associazione, che nel 1927, a Londra, contò ben ventimila convenuti da ogni parte del mondo, durò una intera settimana, intervenendovi personalità influenti della Chiesa Anglicana e della stessa Casa Reale. La parola d’ordine di questo congresso, replica visibile alla nota formula hitleriana Deutschland erwache! fu, in tale congresso, «Britannia sta in guardia!» (Britain beware!). Nei Dominions – p. es. nell’Australia e nel Canada – ogni domenica han luogo speciali trasmissioni radio angloisraelitiche. Naturalmente, il movimento pubblica varie riviste. Le principali sono The national Message, Britain’s Inheritance, Israel’s Identity Standard, The British-Israel Harald, ecc. A ciò si aggiunga un’azione pel tramite della grande stampa quotidiana. Ad esempio, il movimento ha l’abitudine di comprarsi settimanalmente una intera pagina pubblicitaria del Times o del Morning Post per utilizzarla ai propri fini con speciali commentari ai fatti del giorno. Si hanno infine libri, opuscoli, manifesti, fogli volanti d’ogni genere, sempre a forte tiratura. Milioni di questi manifesti ed opuscoli furono spediti e distribuiti negli ultimi anni in tutte le regioni dei paesi di lingua anglosassone.
Verso il 1900 il numero indicato degli aderenti al movimento era di due milioni che ormai deve essersi moltiplicato. Si ha cura di mettere in prima fila una serie di personalità della aristocrazia, dell’esercito e delle varie Chiese. La lista d’onore dei patroni della «fede angloisraelitica» (sic.: of the British-Israel Truth) che han sostenuto il movimento nel mondo politico, come oratori, nella stampa o in privato, comprende 550 nomi (alcuni, fra le migliaia – some of the thousands) con 36 membri della Casa Reale e della nobiltà, 139 religiosi con sei vescovi e un arcivescovo, 90 ufficiali superiori con quindici generali e sei ammiragli, 32 intellettuali, fra i quali sei professori universitari.
Nel movimento, la tendenzialità di una vera e propria religione nazionale imperialista ha preso sempre più il sopravvento su qualsiasi altra. Per cui la parola d’ordine è: «Prima il Regno, e poi la Chiesa. Prima la Corona, e poi la Croce». Abbiamo cioè una mistica sui generis che, per quanto riprenda motivi cristiani, ha per suo supremo punto di riferimento l’Imperium britannico, sì che, in fondo, in essa ogni particolare confessione religiosa ha così poco peso, quanto nella religione imperiale dell’antica Roma. Il vero nucleo centrale di questa nuova fede è da un lato la tradizione messianica ebraica e dall’altro il mito della Britannia come nazione eletta e predestinata realizzatrice delle profezie di questa stessa tradizione.
Dato che secondo le ideologie in parola gli Inglesi sarebbero Israeliti formando una nazione sorella di quella ebraica, al movimento è propria già a priori una attitudine filosemita in sede politica e religiosa, attitudine che infatti si è andata sempre più rafforzando. Già i pionieri del movimento ebbero strette relazioni personali con Ebrei. Le difficoltà d’indole confessionale mosse da alcuni ambienti anglicani sono state opportunamente girate, p. es. col riesumare dei testi, secondo i quali la conversione degli Ebrei sarebbe d’obbligo solo alla fine dei tempi. Vi è di più: come si è accennato, nei testi biblici (soprattutto in Ezechiele, XXXVII, 15-28) un motivo centrale dell’epoca messianica è quello del riunirsi di Israele con Giuda, il che in linguaggio angloisraelita vuol dire degli Inglesi con gli Ebrei: e poiché gli Angloisraeliti pensano di esser gli anticipatori dell’epoca messianica, è evidente che fin d’ora concepiscano naturale ed anzi voluta da Dio una comunità angloebraica di interessi e di azione. Per smussare le antitesi, riprendendo le tesi dell’ebreo Disraeli, si va del resto sempre a sottolineare ciò che il cristianesimo ha di ebraico e di inconcepibile senza l’Ebraismo – Disraeli in Sibyl aveva scritto: «il cristianesimo o è un ebraismo completato, ovvero non è nulla; il cristianesimo senza il giudaismo è inconcepibile, così come l’ebraismo senza il cristianesimo è incompleto».
Come azione politica, gli Angloisraeliti già al tempo di Napoleone si dettero a giustificare misticamente le lotte dell’Inghilterra. Uno dei pionieri del movimento, Ralph Wedgwood nel 1814 stigmatizzò Napoleone, la Francia e Roma come nemiche dell’Inghilterra, nazione eletta da Dio, invocando l’aiuto della Russia. La politica imperialista di Giuseppe Chamberlain fu energicamente sostenuta dagli Angloisraeliti. In occasione della proclamazione, voluta dall’ebreo Disraeli, della regina Vittoria quale imperatrice delle Indie, si andò perfino a scoprire la discendenza degli Indù da Abramo e quindi la parentela di essi con gli Inglesi; in pari tempo si ricostruiva per la dinastia regnante un albero genealogico riportante fino a David. Anche nella festa d’incoronazione del 9 marzo 1937 il rabbino Herz, nella Grande Sinagoga di Londra, si richiamò alla presunta origine ebraica della pietra di Westminster, di cui si è già detto, e che vale come un alto simbolo del legittimismo angloisraelita.
Già nella guerra mondiale 1914-1918 la Germania valse agli Angloisraeliti come una potenza satanica, che l’Inghilterra deve trascinare dinanzi al giudizio divino. Analoghi sentimenti furono poi dimostrati verso l’Italia; gli Angloisraeliti si associarono alla campagna umanitaristica contro il nostro paese, aggressore dell’Abissinia, mentre essi si eran già dimostrati maestri nello spigolare tutti i testi biblici che legittimavano il dominio dell’Inghilterra-Israele su ogni specie di popoli «aborigeni» (p. es. è stato predetto che «Israele dovrà respingere le razze primitive fino ai limiti estremi dei paesi, che esse già intesero esser loro proprietà»). Inutile dire, poi, che gli Angloisraeliti ti fomentano oggi l’odio più spietato contro i paesi dell’Asse e con ogni mezzo cercano di dare all’attuale guerra dell’Inghilterra il carattere di una vera e propria guerra santa o crociata che dir si voglia. Milioni di fogli volanti e di opuscoli sono diffusi a questo scopo: vi si aggiungono i cosidetti B. I. Commentaries, vale a dire i commenti sugli avvenimenti politici dell’intera pagina del Times che a tale scopo, come si è detto, il movimento acquista. Questa propaganda esercita una forte pressione sugli stessi Stati Uniti, ove, naturalmente, forze ebraiche e puritane l’appoggiano: il popolo eletto, l’Israele della Promessa è la «razza anglosassone» in genere, quindi è logico che l’America dovrà essere a lato dell’Inghilterra in questa lotta contro le «potenze sataniche e anticristiane».
Il motivo, a cui sempre si dà risalto nel movimento, è che l’Inghilterra ha in proprio la missione e il diritto di una direzione morale del mondo. Che ad essa appartengono anche le ricchezze e che quindi i paesi anglosassoni, oltre che le terre dei nobili paladini dei principii di giustizia, libertà e umanità, siano anche i paesi dell’egemonia finanziaria e plutocratica, ciò è un dettaglio senz’altro contemplato nell’ideale ebraico-protestantico del Regnum. Là dove occorra, questo primato dell’Inghilterra va sostenuto con le armi, ed è su tale base che il movimento conta numerosi aderenti negli ambienti militari. Se si trovano delle nazioni che non sono disposte ad ammettere senz’altro l’imperialismo «morale», economico e politico esercitato dall’Inghilterra per volontà divina, ciò è un sicuro segno che si tratta di nazioni senza Dio, vere satelliti di Satana, che missione di Israele-Inghilterra è di sterminare e di spezzare impugnando l’ascia e la spada della profezia. Gli Angloisraeliti avevano considerato già venti anni or sono l’ultima guerra mondiale come una specie di preludio ad un’altra e ben più decisiva guerra, la quale dovrà introdurre ad una pace di secoli, «in cui il regno di Nostro Signore, che, come un germe in continuo sviluppo è già presente nell’impero britannico, assorbirà tutti i regni della terra». Si mira così alla mobilitazione totale di un sentimento religioso deviato e contraffatto al servizio della lotta, che oggi l’Inghilterra combatte a lato dell’ebraismo internazionale e del bolscevismo. È un tentativo in grande di conciliare la fede con la politica e il nazionalismo secondo una formula, che ben può dirsi l’unico «mito» della lotta dei nostri avversari e dell’imperialismo inglese in genere.
Alla fine del suo saggio magistrale lo Schlichting scrive: «Che nell’Inghilterra del XIX e del XX secolo abbia potuto formarsi un tale movimento con milioni di aderenti, il quale fa perfino di devoti cristiani degli strumento attivi e convinti dell’imperialismo britannico, non disturbando affatto con ciò la loro fede nella Bibbia, anzi stabilendo una stretta connessione fra tale fede e la politica presente e futura, questo è un fenomeno che merita tutta la nostra attenzione nei riguardi dell’impulso del mondo anglosassone a crearsi una visione del mondo atta a sostenere la sua politica e la sua volontà di guerra e di vittoria».
Senonchè proprio quest’ultimo punto costituisce una posizione pericolosa. Fra i segni che farebbero riconoscere nell’Inghilterra il vero Israele, come si è detto, sta l’invincibilità. Già da tempo gli Angloisraeliti han messo in rilievo, a questo scopo, il fatto che, a partir dal tempo di Guglielmo il Conquistatore, mai si è avuta una invasione nemica in territorio britannico ed essi hanno diffuso il mito, che Israele-Inghilterra è stata sempre invincibile, nel Mar Rosso come contro la Grande Armada spagnola o a Waterloo o nell’ultima guerra mondiale. Far propria una simile tesi e un simile argomento significa tuttavia rimettersi alla prova della lotta, subordinare alla sua problematicità la solidità di tutta la costruzione. È così che l’esito stesso dell’attuale conflitto si incaricherà, fra l’altro, di liquidare queste fantasie di fanatici e di squilibrati, in sé stesse ridicole e puerili, ma pure assai significative se considerate come strumenti per mezzo dei quali le forze segrete della sovversione mondiale cercano tener viva una tensione spirituale e una fede in seno ai popoli, che più risentono del loro potere.