La morte della Regina Elisabetta ha attirato sulla Monarchia britannica un livello di attenzione che mancava da anni. Di questa Famiglia Reale, che regna ma non governa, non si parla di solito che per le serie tv, il gossip di bassa lega o i periodici scandali (che non scandalizzano più nessuno).
La sua stessa esistenza sembra, ai più, un anacronismo. “A cosa serve? E’ solo uno spreco di soldi, un retaggio di privilegi del passato”, ricordano i ‘progressisti’. I ‘conservatori’, invece, ne valorizzano la funzione in termini di stabilità e continuità con il passato.
Noi – che non siamo né conservatori, perché la Tradizione non è conservazione di un passato ormai morto, né progressisti, perché il domani che vogliamo costruire non insegue le illusorie bandiere del progresso, ma ricerchiamo di attuare, qui ed ora, ciò che, in quanto Eterno, è sempre valido – dal canto nostro, come potremmo nutrire simpatia per la Corona britannica e, in generale, per quella che un tempo era apostrofata “perfida Albione”? Stare con la Tradizione, infatti, non significa difendere una particolare forma di Stato (i.e., la monarchia) a tutti i costi, ma solo se essa è vera monarchia, cioè trasposizione terrena di un Ordine metafisico(1).
Fatte queste premesse, come potremmo mai provare simpatia per l’Inghilterra protestante che si fregia del titolo di “Nuovo Israele” ? Per la madrepatria dei coloni che fondarono gli USA(2)? Per la culla della monarchia costituzionale moderna, della filosofia nominalista di Ockham e liberale di John Locke, della rivoluzione industriale e di ogni forma di sovversione, incluse le più deleterie mode e correnti degli ultimi decenni?
Da queste rapide considerazioni – che ci conducevano, di fronte al lutto mondiale per la morte della Regina, ad una condizione di rispettosa indifferenza – sono nate ulteriori riflessioni.
Se, per quanto detto, la funzione storica del Regno Unito è inequivocabilmente sovversiva, sarà esagerato individuare nella sua Capitale, Londra, un centro contro-iniziatico di propagazione della sovversione?
Con Torino e San Francisco, si dice che Londra formi il famigerato “triangolo della magia nera”. Ma, anche senza scomodare la magia, è noto che proprio a Londra fu costituita nel 1717 la Grande Loggia che segnò il passaggio della massoneria da operativa a speculativa(3). Come se non bastasse, nella Capitale inglese proliferano le più diverse varietà di movimenti neospiritualisti. Il quadro è completato dal paesaggio, con il caratteristico cielo plumbeo dominato da grattacieli, sigillo del dominio dell’alta finanza su una City le cui strade sono popolate da gente di ogni tipo e di ogni razza e in cui regna la confusione sociale più totale.
Guidati da questi spunti, ci è tornato alla mente, allora, un fatto curioso. Non è sicuramente una coincidenza – perché la sovversione è sempre acuta nell’apporre la propria firma – che Londra sia, per così dire, “consacrata” a Gog e Magog.
Descritti da diverse tradizioni (in quella indù sono chiamati Koka e Vikoka) ora come giganti, ora come nani, ora come demoni ed orde, rappresentano le forze del caos, che dopo un lavorìo di lunghi secoli, verso il tramonto del Kali-Yuga riescono a scavare delle fenditure nella “grande muraglia” dell’ordine tradizionale e penetrarvi, inaugurando la dissoluzione di un mondo già da tempo solidificato (vale a dire, chiusosi verso l’alto, il Sacro).
Nella tradizione islamica le fenditure di cui stiamo parlando sono quelle attraverso cui penetreranno, all’approssimarsi della fine del ciclo, le orde devastatrici di Gog e Magog, le quali d’altronde esercitano continui sforzi per invadere il nostro mondo; queste entità, che raffigurano le influenze inferiori in questione, e che si ritiene conducano attualmente un’esistenza sotterranea, vengono descritte in un duplice modo, sia come giganti sia come nani, il che, secondo quanto abbiamo visto precedentemente, le identifica, per lo meno sotto un certo profilo, ai “guardiani dei tesori nascosti” e ai “fabbri del fuoco sotterraneo”, che hanno anche, rammentiamolo, un aspetto estremamente malefico; d’altronde, in tutte queste cose si tratta sempre, in definitiva, dello stesso genere d’influenze sottili “infracorporali”.
(R. Guénon, Le fenditure della grande muraglia, ne Il regno della quantità e i segni dei tempi, Adelphi)
[Una] leggenda che, da tempi remoti, giunse nel Medioevo e vi costituì una specie di leitmotiv: la leggenda delle genti «demoniche» di Gog e Magog che, spezzando la simbolica muraglia di ferro con cui una figura imperiale aveva loro sbarrata la via (simbolo per i limiti tradizionali e per l’ideale dello Stato quale cosmos vittorioso su caos), proromperanno per cercar di vincere l’ultima battaglia ed impadronirsi di tutte le potenze della terra.
(Julius Evola, Sulla caduta dell’idea di Stato, in Lo Stato, V, 2, febbraio 1934)
“Nel Libro di Ezechiele, ai cap. 38 e 39, troviamo invece la misteriosa figura di Gog re di Magog, capo di una moltitudine di popoli destinata, nei Tempi Ultimi, a riversarsi sulla terra per portare devastazione. La figura di Gog re di Magog, o delle genti di Gog e Magog […] è un simbolo evidente e rappresenta […] le schiere distruttive – umane e non umane? – destinate a sconvolgere l’ordine del mondo nei Tempi Ultimi. Il Libro di Ezechiele descrive le orde di Gog e Magog come una turba che <<dagli estremi confini del settentrione>> si riverserà su Israele in un contesto di generale sconvolgimento dell’ordine umano e cosmico. Sarà Dio stesso, alla fine, ad annientare le orde di Magog sulla terra di Israele”.
(tratto da Apocalissi, di M. Polia e G. Marletta, Sugarco Edizioni, pp. 35-36)
«Satana sarà liberato dal suo carcere e uscirà per sedurre le nazioni ai quattro punti della terra, Gog e Magog, per adunarli alla battaglia.»
(Apocalisse, XX, 7-8)
Le invasioni di Gog e Magog, oltre a riferirsi ad un piano grossolano, sul piano sottile alludono al prorompere delle forze psichiche del più basso livello sul nostro mondo. La grande muraglia è(ra) ciò che può proteggere l’uomo dal pericolo di aprire varchi nel mondo infra-psichico, soggetto alle influenze della contro-iniziazione.
Quante di queste influenze sono sprigionate proprio da Londra, propagate, come un virus, attraverso ogni medium disponibile, non ultime le serie tv e i contenuti dei social? Milioni di persone ogni giorno si cibano, interiorizzandone i messaggi, senza alcuna forma di difesa interiore o pensiero critico, di questi germi diffusi da vere e proprie “centrali” individuabili in luoghi come Londra, New York e la California.
Ma qual è il collegamento simbolico tra Londra e le orde di Gog e Magog?
Ebbene, nella Guildhall – edificio che è stato la sede del municipio di Londra per diversi secoli ed oggi è il palazzo cerimoniale ed amministrativo della City of London – appaiono proprio due statue di Gog e Magog, che la leggenda vuole lì incatenati per fare da guardiani della città.
Per chiarire l’importanza della collocazione: le due statue stanno a Londra come le sculture dei Dioscuri in cima alla scalinata del Campidoglio stanno a Roma. Chiunque sia sensibile alla “geografia sacra” non potrà non coglierne le implicazioni su un piano sottile di una simile scelta, che di certo non è casuale, ma rappresenta un vero e proprio marchio della contro-iniziazione sulla City. A Roma il colle presidiato da simboli luminosi; a Londra il palazzo sorvegliato dalle milizie del caos.
Di più. Le due statue furono presenti durante la cerimonia di incoronazione della Regina Elisabetta I nel 1558. Ma, soprattutto, sempre a partire dal ‘500, ogni anno vengono portate in processione durante il Lord Mayor’s show(4).
L’importanza che nella cultura popolare londinese (che permane, benché coperta dai grassi strati della recente globalizzazione ed immigrazione) hanno le due statue, si nota anche osservando la curiosità ed attesa che ne circondò il rifacimento nel 1953, dopo che i bombardamenti tedeschi le avevano distrutte.
Nel folklore britannico, i giganti Gog e Magog sono i barbari nativi dell’isola che Bruto di Troia, il leggendario primo re dei Bretoni, soggiogò.
Vi è addirittura una località chiamata ‘Gogmagog Hills’, area collinare nei dintorni di Cambridge, dove si vuole che l’ultimo gigante di Albione (Gogmagog oppure Gawr Madoc in gaelico) fu ucciso e lanciato da un’altura(5).
Curiosamente, il medesimo potere del Re di comando sui giganti(6) appare, in tempi moderni, ancora prerogativa della Regina, come risulta da libri per bambini come “Il GGG – Grande Gigante Gentile” di Roald Dahl (1982).
In questo senso, nella morte della Regina Elisabetta II, nel cui regno ha avuto sostanzialmente fine l’Impero britannico, può vedersi la fine di un ciclo inaugurato proprio da Elisabetta I, che alla potenza inglese oltremanica aveva dato inizio. Proprio durante il suo regno, come già detto, vennero riprese e liberate dal giogo in cui in tempi remoti erano stati legate le figure di Gog e Magog: potrebbe ipotizzarsi che quelle forze, fino ad allora soggiogate, furono rilasciate proprio per il tramite di una figura ‘pontificale’ quale la Sovrana; forze che oggi scorrazzano in tutto il mondo, quando la “funzione” dell’Impero britannico sembra ormai esaurita.
Orbene, il presente contributo, senza alcuna velleità di esaustività, vuole porre l’attenzione sull’importanza dei simboli e di quella che Evola chiama “scelta delle tradizioni”. La Tradizione ci insegna, infatti, a riconoscere i simboli ed a discernere l’amico dal nemico a seconda dei simboli in cui Egli si riconosce. Luce contro tenebre, Ordine contro caos.

E ci insegna anche che le genti demoniche di Gog e Magog insorgeranno nel momento in cui si accorgeranno che la “grande muraglia”, con cui una figura imperiale(7) aveva loro sbarrato la via, non sono più presidiate da suonatori di trombe, ma solo dal fischiare del vento, cioè quando, venuto meno il Centro, le istituzioni tradizionali non diventano che un vuoto simulacro.
Perforata la grande muraglia, le forze caotiche irromperanno, ma la loro vittoria sarà solo illusoria, perché l’Imperatore – occultatosi ma mai morto – tornerà per sconfiggerle nell’ultima battaglia(8).
Prendere consapevolezza di tutto ciò non è passiva attesa di fronte agli eventi che dovranno necessariamente compiersi al termine del ciclo. Tutt’altro: equivale ad affilare la spada, in vista dello scontro finale contro le orde di Gog e Magog.
- Senza dilungarci sul punto, segnaliamo un approfondimento di Julius Evola sul problema della monarchia.
- Cfr. E. Perucchietti, G. Marletta, Governo Globale, 2017.
- “Si può ritenere che fino al principio del XVIII secolo la massoneria abbia conservato questo carattere iniziatico e tradizionale, sì che essa, con riferimento al compito di un’ azione interiore, fu chiamata “operativa”. Fu nel 1717 che, con l’ accennata fondazione della Grande Loggia di Londra e col subentrare della cosiddetta “massoneria speculativa” continentale, si verificarono il soppiantamento e l’inversione di polarità, di cui si è detto. Come “speculazione” qui valse infatti l’ ideologia illuministica, enciclopedistica e razionalistica connessa ad una corrispondente, deviata interpretazione dei simboli, e l’attività dell’ organizzazione si concentrò decisamente sul piano politico-sociale, anche se usando prevalentemente la tattica dell’ azione indiretta e manovrando con influenze e suggestioni, di cui era difficile individuare l’ origine prima”. (Julius Evola, La massoneria moderna come inversione del ghibellinismo).
Peter Gabriel con il costume “Magog”, che indossava durante la canzone “Supper’s Ready”, nel frammento “Apocalypse in 9/8” Si tratta di una lunga parata che si svolge annualmente nel cuore di Londra, durante la quale viene investito il nuovo Lord Mayor – carica che riveste un ruolo amministrativo nello Square Mile, mentre il Mayor of London governa la Greater London. Nel tragitto, tra l’altro, il Lord Mayor riceve la benedizione sui gradini della cattedrale di San Paolo e giura fedeltà alla Corona presso le Royal Courts of Justice a Westminster.
- La storia è riportata nell’Historia Regum di Goffredo di Monmouth (XII secolo).
- La lotta tra dei e giganti è un motivo tradizionale ricorrente, rappresentando i giganti la volontà prevaricatrice dell’elemento materiale e individuale su quello prettamente spirituale ed olimpico. Zeus abbatte con l’ascia bicuspide i Titani e i Giganti nel loro tentativo di impadronirsi delle sedi olimpiche: mito che “riflette sia il tema della «guerra metafisica perenne», che è detto esser caratteristico per la spiritualità eroica, aria, sia il ricordo di scontri fra diversi tipi di spiritualità e fra varie razze nell’Ellade più antica” (J. Evola, I simboli eroici della tradizione ario-romana: l’Ascia, in “La difesa della razza”, IV, 1, 5 novembre 1940).
- Che una certa tradizione individua in Alessandro Magno.
- “Il mito imperiale riceve nel periodo bizantino, da Metodio, una formulazione che, con maggiore o minore relazione con la leggenda di Alessandro Magno, riprende alcuni dei temi dinanzi considerati. Abbiamo il motivo di un re ritenuto morto, che si desta dal suo sonno e crea una nuova Roma; ma dopo un breve regno prorompono le genti di Gog e Magog, cui Alessandro aveva sbarrato la via, e si scatena l’ultima battaglia. E’ la forma stessa che nel Medioevo ghibellino verrà ripresa e ampiamente sviluppata. L’ imperatore atteso, latente, mai morto, ritiratosi in un centro invisibile o inaccessibile, qui si trasforma nell’ uno o nell’ altro dei maggiori rappresentanti del Sacro Romano Impero: Carlomagno, Federico I, Federico II. E il tema complementare, di un regno devastato o insterilito che attende la restaurazione, trova il suo equivalente nel tema dell’ Albero Secco. L’ Albero Secco, associato ad una figurazione della sede del “Re del Mondo”, della quale diremo più oltre, rinverdirà al momento della nuova manifestazione imperiale e della vittoria contro le le forze dell’ “età oscura” presentate, conformemente alla nuova religione, in termini biblico-cristiani: come le genti di Gog e Magog prorompenti nell’ età dell’ Anticristo. Ciò non impedisce che l’ imagine di Federico II o di re Arthur sul monte, nonchè quella dei cavalieri di Arthur che prorompono in caccia dal mont, ci riportino anche ad antiche concezioni nordico-pagane, alla Walhalla come sede montana di Odino, capo degli “eroi divini” e allo stuolo delle anime degli eroi scelti dalle “donne” – dalle walkyrie – il quale dalla forma di stormo selvaggio cacciante passa anche a quella di un esercito mistico che, condotto da Odino, combatterà l’ ultima battaglia contro gli “esseri elementari”. In innumerevoli varianti questa saga ricorre nel periodo d’ oro della cavalleria occidentale e del ghibellinismo, e nel fermento profetico destato dall’ idea venuta della venuta del “terzo Federico” essa trova conclusione nella formula enigmatica dell’ imperatore vivo e non vivo: Oculus eius morte claudet abscondita supervivetque, sonabit et in populis: vivit, non vivit, uno ex pullis pullisque pullorum superstite. “Vive, non vive”: la formula sibillina racchiude il mistero della civiltò medioevale nel punto del suo tramonto. Il re ferito, il re in letargo, il re che è morto benché appaia vivo ed è vivo benché appaia morto, e così via, sono temi equivalenti o convergenti, temi che ritroveremo esattamente nel ciclo del Graal, animatisi di particolare vita e forza suggestiva nel punto finale del supremo sforzo dell’ Occidente di ricostituirsi secondo una grande civiltà spiritualmente virile e tradizionalmente imperiale”. (Julius Evola, Rivolta contro il mondo moderno).