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«Se vuoi bene a un fiore di cui esiste un solo esemplare tra milioni e milioni di stelle, questo ti basta per sentirti felice quando le guardi. Ti dici: “Il mio fiore è lì da qualche parte…”».
(Il Piccolo Principe, Antoine de Saint-Exupéry – ed. BUR Rizzoli)
Il Piccolo Principe un po’ per odio e un po’ per amore aveva abbandonato sul suo pianeta un caro amico che era un fiore. I fiori non possono fare del male ma possono ferire con le parole, proprio come era accaduto al Piccolo Principe che, riassettato il suo pianeta come prima di un lungo viaggio, aveva scelto di partire e non fare più ritorno.
Come in ogni amore tormentato gli occhi dell’amante cercano l’amato, così il Piccolo Principe guarda le stelle sapendo che tra loro c’è anche quella che ospita il suo fiore.
L’uomo, infatti, ha sempre avuto bisogno di guardare le stelle. A volte per cercare risposte, altre per farsi domande, il più delle volte per trovare forza, speranza e fede.
Eppure al giorno d’oggi sembra che non sia più così. Pare che più nessuno senta il bisogno di osservare le stelle, bastano le star dei social per conoscere cosa sia giusto o sbagliato, come vestirsi, che auto acquistare o cosa mangiare. Persino le città, piene di ledwall pubblicitari, coprono la vista delle luci del cielo.
Tutte le risposte che l’uomo moderno cerca si trovano su uno schermo. Le stelle sono ormai così lontane che solo il Piccolo Principe si ricorda di osservarle.
Chi è abituato a guardare in basso non potrà accorgersi delle stelle ma la meta di ogni cammino di elevazione rimane il cielo.
Per uscire dalla misera esistenza orizzontale serve la volontà di guardare in alto, di andare oltre la materia e di vincere il proprio io. Serve attraversare quel tunnel interiore al termine del quale si tornerà «a riveder le stelle».