Ma ahimè! vaga nella notte e dimora, come nell’Orco,
Senza il divino la nostra stirpe. Al proprio fare
Sono incatenati, e nella fragorosa officina
Ognuno ascolta solo se stesso e molto lavorano i barbari
Con braccio possente, senza tregua, ma sempre e sempre
Sterile, come le Furie, resta la fatica dei miseri.
Finché destata dal sogno angoscioso si schiuda l’anima
Agli uomini, lieta di giovinezza, e il soffio benedicente
Dell’amore torni a spirare, come ai fiorenti figli
Dell’Ellade, nel nuovo tempo, e su una fronte più libera
Lo spirito della natura, il Dio, venendo da lontano
Di nuovo ci appaia, quieto sostando nelle nuvole d’oro.
Friedrich Hölderlin, “L’Arcipelago”. (traduzione di Luigi Reitani, Mondadori)