tratto dalla rivista Raido n. 32
L’esistenza dell’uomo è caratterizzata dall’agire ed ogni azione, nel bene e nel male, contribuisce ad alterare un equilibrio. In tal senso l’azione propria all’uomo moderno non tende a costruire, essa è anzi distruttiva poiché non fa altro che condurlo verso una condizione infima in quanto essa è il più delle volte meccanica, risultato di un processo che esclude il pensiero e che muove da interessi personali, nell’accezione più bassa del termine.
L’Azione Tradizionale è esattamente l’opposto di questo tipo di agire. Essa è meditata, ma insieme spontanea, è impersonale e, in quanto indirizzata verso il Principio Eterno, è sacra. La scelta di compiere azioni conformi a tale Principio comporta molte difficoltà poiché bisogna sublimare, per quanto ad ognuno possibile, la propria esistenza. Bisogna dominare le proprie passioni, l’attaccamento a ciò che è materiale, la paura, l’ozio, l’istinto di conservazione. Bisogna evitare anche che l’amore per un’altra persona o la propria famiglia possano trasformarsi in ostacoli.
La grandezza dell’uomo che compie questa scelta sta nella sua volontà e capacità di superare ogni tipo di dipendenza ponendosi su un piano di vera libertà (che è ben diversa dalla velleità irresponsabile con cui molti credono di affrancarsi e rendersi liberi rifiutando spesso i doveri del proprio stato di figli, mariti, padri, fratelli).
L’azione militante deve aspirare al compimento della sua potenziale dimensione “sacra”, trasformare cioè quella che è solo una possibilità in fattualità. Secondo un metro qualitativo ogni azione conforme al “Dharma” (per usare un termine delle tradizioni indoarie) non solo contribuisce a spostare l’equilibrio del cosmo verso stadi superiori, ma spinge l’uomo a fuggire la sua condizione di inconsapevole schiavitù migliorando sé stesso. Naturalmente così come il corpo o la mente, anche la volontà ha bisogno di un allenamento quotidiano per sviluppare le proprie potenzialità, perciò affinché ogni azione sia libera dal vincolo del proprio ego è necessario un lavoro quotidiano, svolto a partire dalle circostanze più insignificanti e dai difetti più facili da estirpare, così da giungere col tempo al totale controllo della propria volontà e del nemico che è dentro di noi.
Ricordiamo infatti che “un’anima nobile non è quella capace di voli più alti, bensì quella che si innalza poco e cade poco, ma dimora sempre in un’aria e ad altezze più libere e luminose” (F.W. Nietzsche, Umano, troppo umano, 1878).
L’impegno nel superamento dei propri egoismi deve spingere l’uomo ad indirizzare le proprie azioni verso l’unico obiettivo del Sacro e del Principio in modo tale da compiere lo stesso lavoro di una lente convergente, la quale convoglia in un unico punto migliaia di raggi luminosi.
Ad ogni modo, tutto ciò non deve portare all’autocompiacimento, che è un atteggiamento tipico della modernità, al contrario bisognerà in ogni momento sentirsi sul punto di inizio e mai di arrivo, bisognerà sempre guardare con umiltà verso la vetta e verso la strada da percorrere, mai voltarsi indietro: “ Ad ogni istante pensa con fermezza a compiere il tuo dovere con serietà scrupolosa e non fittizia, con amore, con libertà, con giudizio e cerca di affrancarti da ogni altro pensiero. Te ne affrancherai compiendo ogni singola azione come fosse l’ultima della tua vita, lontano da ogni superficialità e da ogni avversione passionale alle scelte della ragione e da ogni finzione, egoismo e malcontento per la tua sorte.” (Marco Aurelio, A se stesso, libro II).