Prima di salutare il 2022 e ritrovarci nel 2023 per un nuovo anno di Lotta e di Vittoria, riproponiamo con piacere un contributo passato del Dispaccio, risalente a qualche anno fa ma pur sempre valido e attuale.
“Cosa fai a Capodanno?” Ci siamo quasi, sta per finire questo 2019 e l’attesa per questo ‘venti-venti’, ‘twenty-twenty’, il 2020 è ormai spasmodica. Inizia un nuovo decennio, che ci porterà al 2030, e il nome commerciale “2020” è spendibilissimo per il marketing ma soprattutto per la solita cantilena progressista e ottimista per cui “finora abbiamo toppato, ma fidatevi che il futuro è una ficata e inizia col 2020, dunque siate felici, festeggiate perché il prossimo anno cambia tutto!”. Così, il fomento imperversa tra i millennials, i progetti per il futuro si sprecano ma, come sempre, fidati, tra un anno saremo ancora qui a vedere le stesse scene di “buoni propositi” che lastricano la via del rincoglionimento generale. E bada bene, tutto questo clima di fervente attesa e di irrefrenabile voglia di domani non nasce spontaneo dalla massa. Piuttosto, si tratta di un chiaro piano ordito per distrarre l’uomo comune dalla sua condizione di schiavitù nel presente, per offrirgli una promessa di libertà nel futuro. Così, l’uomo di oggi viene indotto a sperare in questo futuro, ad auspicare un domani più bello: e gli fanno credere che sarà così. Almeno sta buono, non rompe le palle e continua a vivacchiare nel suo grigio presente, mentre in tasca porta la promessa del domani. Carta straccia. Puoi vederlo, dunque, l’uomo moderno: un pavido che rimanda tutto a domani, sempre domani, perché non ha il coraggio di affrontare oggi i problemi, i fallimenti e le insidie che gli si parano davanti.
Nessuno fonda il presente
Il tipo umano di questi grigi giorni è costantemente fissato sul futuro, sul domani, su un improbabile avvenire in cui sperare. Mette la testa sotto la sabbia, ignora e gira lo sguardo sull’oggi per sognare e fantasticare nel domani. Non si preoccupa di fondare il presente, non si cura di prendere in mano la sua realtà per dare una svolta. Ciò richiederebbe di fare il conto con gli errori commessi e con i rimedi sempre più duri e difficili da mettere in pratica: un lavoro che non fa per lui, per cui occorre cercarne un altro e quindi mettersi in gioco nel mondo del lavoro, formarsi e proporsi; una relazione di coppia che non funziona, per cui occorre tagliare di netto il rapporto senza paura di stare da soli né di ferire l’altro; così, anche un familiare o un amico con cui non si parla da tempo a causa di un vecchio litigio, per cui bisognerebbe mettere da parte orgoglio e pigrizia e ristabilire un rapporto di amore e condivisione. Darsi una regola nel mangiare, smettere di sprofondare sul divano tutte le domeniche, tornare sulle vette di montagna, leggere un libro o mettere a posto quel caos che abbiamo intorno: tutto questo pesa, ma non succede domani se non si fonda oggi. Al contrario, l’ansia comune per il futuro si fa sempre più spessa, anche nelle piccole cose, come il controllo spasmodico per il meteo: prendere due gocce d’acqua impreviste non ha mai ucciso nessuno eppure questo porn-climate è un passatempo per tutte le ore.
Vivere di rate anche per le spese banali – così ci si illude quella vita che non ci si può permettere costi di meno –, di posticipo – rimandare, rimandare sempre e comunque –, del ‘pagherò’, degli impegni presi e mai onorati: a questo si è ridotto il quotidiano.
E poi, a questa vita precaria danno quei nomi in inglese che la rendono ‘smart’: così, arriva la sharing economy: l’idea della condivisione senza proprietà si sposa perfettamente con l’idea che nulla è eterno e se oggi possiedi un’auto o una casa “sei un po’ sfigato e un po’ egoista”. anche la rappresentazione simbolica di un bene di proprietà sta diventando culturalmente deprecabile. “Che ti frega, tanto sta arrivando il progresso…”.
La società che odia il passato: ok boomer
D’altro canto, è evidente che per costruire su solide basi non si può iniziare dall’attico ma occorre partire dalle fondamenta, puntando su te stesso sin da subito. Inoltre, evitando di dare credito alle immagini di milioni di disadattati ed emarginati che i media ti impongono nell’immaginario: ti fanno vedere tutto quel disagio e quella disperazione per trasmetterti lo stesso stato di ansia, che ti blocca e ti impedisce. In questo modo, il sistema egemone lascia che si creino grosse fasce di disagiati sociali, precari a vita, di cui si serve per sopravvivere.
E, pensaci bene, tutto questo “fichissimo futuro” che ti propongono viene sempre messo a paragone col passato, quasi che arrivi a odiarlo: tutto ciò che è vecchio è ritenuto corresponsabile dei mali contemporanei, come se “non possiamo farci nulla noi teneri giovani, è colpa di quei cattivoni di mammapapànonnoenonna che si sono mangiati tutta la nostra ricchezza” Tutto ciò alimenta da una parte una visione progressista al limite dell’escatologia messianica, facendo sì che l’uomo moderno creda nel progresso e nel domani come a una divinità da adorare e onorare. Dall’altra parte, tutto questo porta a un conflitto generazionale: “fan del futuro” versus gli adulti, che sono il ‘nemico’, tautologicamente in errore combattere (vedasi movimento “ok boomer“).
Di conseguenza, si rompe l’idea di trasmissione e continuità generazionale: “siamo gli ultimi di ieri e i primi del domani” dicevano i neofascisti dopo l’epilogo militare della Repubblica Sociale Italiana, ispirandosi a quei valori, mentre oggi abbiamo 70enni tatuati e rifatti che si atteggiano a teenager, circondati da diciottenni apatici e inebetiti, imbottiti di psicofarmaci.
Oggi è già domani
Come sempre, dovremmo imparare dalla Roma delle aquile e degli uomini forti: hic et nunc, qui e ora, sii te stesso e prendi in mano la tua vita in questo istante e in questo luogo. Ma l’uomo moderno non conosce il nobile concetto di Hic et Nunc, il concetto romano di realismo, lucidità, presenza a se stessi e coraggio. Preferisce l’estemporanea velleità del “domani sarà…”, mentre ordina l’ennesimo spritz all’ennesimo aperitivo dell’ennesimo finesettimana di ‘svago’.
Ma è proprio qui il punto: senza una svolta, senza una rottura, senza una crisi, senza un morso più forte del canto seducente dello status quo, senza il rigore dell’attenzione su di sé, senza la capacità di sopportare un dolore temporaneamente più grande – di quello che si avverte vivendo in una data condizione di apatìa – non si potrà mai approdare a un livello di consapevolezza superiore e di maggior dominio sulla propria esistenza.
Molto spesso, si pone l’attenzione su come l’affrontare delle situazioni ci dia la possibilità di sperimentare la nostra forza e il nostro coraggio. Meno consueto è invece riflettere sul fatto che rimandare sempre ci indebolisce. Aspetto quest’ultimo su cui va effettuata una meditazione seria e una verifica quotidiana. Onesta e sincera.
Le cicale del 2020 contro le formiche dell’eternità
Allora, ti è ben chiaro che il 2020 non è il futuro, se non lo costruisci da ora. Sarà solo l’ennesimo “presente” in cui non realizzerai niente, rimandando al futuro. Sono le cicale a sperare nel 2020, quelle che sono estemporanee, fugaci, effimere, del tutto contingenti e dunque illuse e illusorie, mentre le formiche da oggi si adoperano e costruiscono il loro presente, lo fondano nella Realtà, che è eterna.
Così, anche se oggi non è capodanno, anche se il 2020 ancora non è arrivato, fidati, è già il momento di reagire a questo pantano quotidiano, prendendo in mano la propria vita e cominciando a mettere ordine a tutte quelle situazioni caotiche e disordinate che si sono ammassate.
Dunque, con ritmo questo percorso di formazione – che è mettere ordine nella propria vita – sarà scandito da un battito costante e sicuro. Con l’impersonalità dell’azione saprai andare oltre voglie e sconforti, per fare quel che deve essere fatto. Con sacrificio saprai mettere da parte il tuo ‘io da conservare’ per bruciarlo nel fuoco della volontà che aderisce alla Volontà Unica.
Occorre intransigenza con se stessi, affinché ciò che verrà realizzato da uomini di un tale schieramento sia sempre contraddistinto da una qualità intrinseca. Ciò sarà l’espressione concreta e tangibile dell’armonia interiore di chi lo ha realizzato.
Dunque, se veramente vuoi dirti ‘rivoluzionario’, allora la ‘rivoluzione’ da incarnare passa anche e soprattutto da questo: sottrarsi al flusso di emozioni e sconforti che culla questo mondo moderno e ristabilire nel proprio oggi la capacità di posare pietre, di gettare fondamenta, di costruire torri e avamposti, di creare ed erigere cattedrali interiori, partendo – come sempre – dalle piccole cose, dai gesti e dalle abitudini quotidiane, che poi – lo sai – sono quelle più difficili da coltivare.
E così, alla mezzanotte di capodanno, quando la folla urlante si farà gli auguri per un altro ‘anno di successi e gratificazioni’, tu potrai sinceramente brindare, con malcelato sorriso e realismo romano, a un altro anno di Lotta e Vittoria.
“Con le vesti di oggi copri la tua armatura, di questa notte non avere paura ma accendi dei fuochi nelle foreste più buie, lungo le valli, tra nebbie e pianure” (Solstizio, ZPM)
Consigli di lettura
L’Uomo della Tradizione: Stile e Ascesi, Raido
Orientamenti, Julius Evola, Il Cinabro
Trattato del Ribelle, Ernst Junger, Adelphi
Il capitalismo della seduzione, Michel Clouscard, Ursae Coeli
Lusso e Capitalismo, Werner Sombart, All’insegna del Veltro
La Verità oltre il muro delle menzogne, Rutilio Sermonti, Raido
Elementi della Cultura Tradizionale, Antonio Medrano, Raido
Oriente e Occidente, René Guénon, Adelphi
Transevolution, Daniel Estulin, Arianna Editrice
La Fabbrica della Manipolazione, Gianluca Marletta ed Enrica Perucchietti, Arianna Editrice