A cura del Cuib Femminile RAIDO
Tra le varie letture che hanno riempito i lunghi pomeriggi della scorsa primavera, segnata dal cosiddetto lockdown, ci ha fatto riflettere il saggio “Sulle Fiabe” introduttivo del libro “Albero e Foglia” di J. R.R. Tolkien.
Dal significato che alle fiabe attribuisce Tolkien – su cui ci soffermeremo di seguito – e dal fatto che le stesse, proprio per la loro origine e natura, sono state da taluni ricondotte alla sfera femminile visto il sacro ruolo delle madri e delle nonne quali custodi del focolare domestico, luogo che ben si prestava al racconto e alla trasmissione orale, nasce l’idea di una “rubrica” sulle fiabe tradizionali.
Una rubrica che conduca, in particolare gli adulti, nel mondo fiabesco per come lo intendeva Tolkien, attraverso una rassegna delle fiabe tradizionali italiane, tedesche, francesi, arabe, norrene e russe. Starà agli adulti, poi, riuscire ad accompagnare i propri bambini in questo mondo fantastico che, come è giusto che sia, è sempre una metafora della realtà e delle storie degli uomini. Le fiabe, infatti, insegnano a vivere e dalle fiabe si possono trarre esempi ed insegnamenti importanti. Attraverso le fiabe è possibile riscoprire e trasmettere principi e valori immutabili e imperituri quali giustizia, verità, fedeltà, lealtà, coraggio, onore, amore.
Non vi sarà una morale dopo ogni fiaba che racconteremo, perché non ci interessa in questa sede dare il senso alla storia di Cappuccetto Rosso o di Pelle d’Asino. Sarà il lettore a saperlo cogliere, poiché il nostro intento, lo ribadiamo, è risvegliare innanzitutto l’interesse nei confronti di quei racconti tramandati da secoli, di generazione e generazione, di famiglia in famiglia, il loro ruolo formativo e pedagogico “silenziosamente” celato. Beninteso, le fiabe tradizionali non hanno nulla a che vedere con le fiabe moderne il
più delle volte rimaneggiate, rivisitate e edulcorate, dal lieto fine ricoperto della melassa sentimentale e che, probabilmente, avrebbero fatto inorridire il nostro ispiratore…
Premesso ciò, quindi, per entrare nel mondo delle fiabe dobbiamo partire dal significato etimologico della parola. Fiaba deriva dal latino volgare flaba che, a sua volta, deriva dal latino fabŭla – derivazione di fari, cioè “parlare”. La fiaba, dunque, esprime il concetto di “parlato, raccontato” e, per sua natura, è stata tramandata solo a voce da coloro che, narrandole, spesso le hanno modificate e mescolate, intrecciando gli episodi di una con quelli di un’altra: così, alle volte, nascevano nuove storie da raccontare. Tolkien, ad esempio, paragona la fiaba ad un calderone pieno di minestra nel quale mitologia, storiografia, agiografia, racconti popolari e creazioni letterarie sono state messe assieme e lasciate ribollire nei secoli. Ogni narratore ha attinto a questa pietanza ed ha raccontato storie fantastiche – le migliori delle quali poi si sono riversate in una risorsa che qualcuno definirebbe “collettiva”, mentre a noi piace intenderla “comunitaria”.
Pertanto, le fiabe derivano dalla realtà, da fatti e personaggi realmente esistiti, re Artù ne è un esempio. Un personaggio storico che nel tempo viene messo nel “pentolone” per poi diventare fiaba, leggenda (ed anche mito, ovviamente), arricchendosi con il tempo di particolari, di aspetti magici e di segni antichi, fino a presentarsi a noi per come lo conosciamo. Non a caso, è sempre Tolkien a ricordare come le fiabe non si limitino al solo mondo delle fate, visto che il reame “contiene molte altre cose accanto a elfi e fate, oltre a gnomi, streghe, trolls, giganti e draghi: racchiude i mari, il sole, la luna, il cielo, e la terra e tutte le cose che sono in essa, alberi e uccelli, acque e sassi, pane e vino, e noi stessi, uomini mortali, quando siamo vittime di un incantesimo.”
E proprio perché nelle fiabe c’è anche molto del “mondo reale”, è un errore pensare che le stesse sono relegate all’universo dei bambini. A differenza di oggi, infatti, dove la favoletta (se mai è ancora raccontata) è utile per far addormentare i fanciulli, un tempo la fiaba era uno svago anche per gli adulti e, soprattutto, rivestiva un ruolo di grande importanza per la vita della comunità, come sottolinea sempre il padre degli hobbit.
“(…) Le fiabe non dovrebbero essere specificamente associate con i bambini. Sì, certo, hanno a che fare con loro: naturalmente, perché i bambini sono esseri umani e le fiabe rispondono a un naturale gusto umano (anche se non necessariamente universale); incidentalmente, perché le fiabe costituiscono una parte cospicua di quelle cianfrusaglie letterarie che nell’Europa dei tempi moderni sono state relegate nelle soffitte; e innaturalmente, per via di un erroneo sentimento verso i bambini, che sembra aumentare a mano a mano che diminuisce in questi. Le fiabe, nel moderno mondo alfabetizzato, sono state relegate nella stanza dei bambini, così come mobili sciupati o fuori moda vengono relegati nella stanza dei giochi, soprattutto perché gli adulti non vogliono più vederseli d’attorno e non si preoccupano se vengono maltrattati. Le fiabe, in tal modo bandite, tagliate fuori da un’arte pienamente adulta, finirebbero per guastarsi; e in effetti, nella misura in cui bandite sono state, si sono anche guastate.”
Pertanto, animati da una esigenza che a qualcuno potrà sembrare vintage, ci piace
adoperarci per recuperare questi mobili sciupati e fuori moda, al fine di rispolverali, metterli a nuovo e ricollocarli al posto che meritano. E ci proveremo, tenendo bene a mente quella che deve essere una premessa fondamentale, anche per i lettori: al fine di cogliere la bellezza e la profondità delle fiabe dobbiamo ritrovare il cuore del fanciullo che, frettolosamente, è stato messo da parte, quando la vita è diventata complessa, difficile, piena di problemi e molto più grigia.
Solo il fanciullo ha la chiave per aprire alla dimensione fantastica ma allo stesso tempo reale della fiaba, chiave rappresentata da un cuore puro che sa ancora stupirsi ed emozionarsi in maniera innocente, così come essere umile e ricettivo senza la presunzione e l’arroganza dei “grandi”. Questi ultimi, infatti, solo perché cresciuti anagraficamente, bollano come immaturi ed inutili gli insegnamenti nascosti nelle vicende e negli esempi dei protagonisti delle storie, storie di verità e giustizia non sempre a lieto fine che, per secoli, sono state raccontate da adulti immersi nella luce del fuoco e nel crepitio della legna che arde.
Allo stesso modo, solo il fanciullo ha la capacità di ricercare la giustizia e di pretenderla, con semplicità, senza filtri e senza le infrastrutture dell’io che appesantiscono gli adulti i quali, ad esempio, anche quando non serve, preferiscono il perdono, ma non perché sono improvvisamente divenuti misericordiosi, ma semplicemente perché fa loro più comodo e non vogliono avere problemi o questioni. In molte fiabe non c’è il perdono se questo non corrisponde alla giustizia, evitando così qualsiasi possibile deriva sentimentale, che invece tanto piace all’uomo contemporaneo.
E per evitare equivoci, chiariamo che la riscoperta del cuore puro del fanciullo non equivale a restare bambini per sempre, come spiega Tokien: “(…) I bambini sono chiamati a crescere, non certo a divenire altrettanti Peter Pan. Non a perdere l’innocenza e la capacità di meravigliarsi, ma a procedere lungo le tappe di un viaggio prestabilito, durante il quale non è certo meglio l’andare fiducioso che l’arrivare, benché, se si vuole arrivare, bisogna fiduciosamente andare. Ma una delle lezioni delle fiabe (sempre che si possa parlare di lezioni a proposito di qualcosa che non monta in cattedra) è che il pericolo, il dolore e l’ombra della morte possono impartire dignità, a volte addirittura saggezza, a giovani inesperti, infingardi ed egoisti.”
All’atteggiamento del piccolo borghese individualista, infingardo, codardo, privo di fede e di coraggio, intrappolato nelle sue prigioni di cemento e di smog, si contrappone l’eroe (lontano un miglio dall’uomo dai super poteri), in grado di attraversare foreste incantate e tenebrose, mondi sconosciuti e perigliosi, armato di nervi saldi, idee chiare, perseveranza, coraggio e compassione, senza perdere la fede e la speranza, nella consapevolezza che, nonostante il percorso sia pieno di ostacoli e difficoltà, la strada maestra non va mai smarrita. Qualità che, mai come oggi, vanno riscoperte per affrontare, senza scorciatoie, alibi o fantasie, i draghi, i maghi, le streghe malvagie, gli animali feroci che, seppur sotto altre forme, popolano costantemente le nostre vite.
Buona lettura.
Fonti
Albero e Foglia di J.R.R. Tolkien, ed. Bompiani, 2004
“Su Tolkien e le Fiabe” di Terri Windling