Le Fiabe Tradizionali | Barbablù

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(A cura del Cuib Femminile RAIDO)
La fiaba di Barbablù di Charles Perrault è una fiaba un po’ diversa dalle altre in quanto, nonostante alla fine il “cattivo” venga punito, apparentemente sembra non contenere un messaggio che rimandi allo sviluppo e alla crescita del piccolo lettore. Sembra, dunque, non assolvere alla fondamentale funzione pedagogica e anagogica propria a fiabe, favole e miti.
In realtà, viene messa in risalto una qualità tradizionale propria soprattutto alla sfera femminile: l’intuito. Nella fiaba di Barbablù la giovane donna si lascia incantare dalle ricchezze del protagonista e lo sposa, andando incontro ad una spiacevole sorpresa, nonostante il suo intùito le avesse inizialmente consigliato di allontanarsene, anche considerato l’aspetto truce dell’uomo dato dalla barba blu.
Scorgiamo anche un chiaro avvertimento a non cedere, ai fuochi di paglia dettati dalle facili conquiste, perché bruciano intensamente e poi svaniscono in fretta, lasciando soltanto cenere e amarezza.
La giovane aveva intuìto – intuire dal latino in (dentro) tueri (guardare) – e, in un certo senso, aveva anche compreso la cosa giusta da fare, ma il desiderio di una vita agiata e frivola le aveva tolto la lucidità.
Tuttavia la donna, grazie al suo intùito, saprà ritrovare la giusta via per la sua salvezza. 
Parola chiave, quindi, INTUITO. 
Buona lettura!

C’era una volta un uomo ricchissimo: era il proprietario di ville e palazzi, con piatti d’oro e d’argento e bauli pieni di gemme. Tuttavia, quest’uomo, per disgrazia, aveva la barba blu, che lo rendeva spaventoso. Quando camminava per le strade, tutti lo evitavano e le ragazze, addirittura, se la davano a gambe. Vicino al suo palazzo abitava una signora per bene, con due figlie bellissime. Un giorno, Barbablu (così era chiamato nella cittadina quell’uomo), bussò alla sua porta e chiese alla signora di poter sposare una delle due figlie. Sarebbe stata lei a scegliere quale.

Ma nessuna delle due aveva intenzione di sposare Barbablu, per via del suo aspetto ripugnante. E poi, quell’uomo aveva già sposato parecchie donne e nessuno sapeva che fine avessero fatto. Barbablu, per convincere le ragazze della sua bontà, le invitò per una settimana intera in una delle sue ville, insieme alle loro amiche e a molti altri ospiti. Fu una settimana di festeggiamenti, banchetti e divertimenti di ogni tipo. La più piccola delle ragazze, cominciò a pensare che in fondo era un brav’uomo e un gran signore e decise di sposarlo. Ma appena un mese dopo il matrimonio, Barbablu disse alla moglie che doveva partire per un affare molto importante e che sarebbe stato via almeno un mese. Raccomandò alla ragazza di divertirsi e di invitare le sue amiche perché le facessero compagnia.

L’uomo consegnò alla moglie un mazzo di chiavi d’oro.

“Ecco a te: queste sono le chiavi del guardaroba, queste quelle degli armadi in cui tengo i piatti d’oro e d’argento, queste poi sono le chiavi della cantina, dove troverai il vino e i formaggi migliori; queste sono le chiavi dello scrigno in cui c’è il denaro e questa è la chiave che apre e chiude il portone della villa.”

“Questa infine” disse indicando una piccola chiave arrugginita “apre la porta dello stanzino in fondo al corridoio. Puoi andare dove vuoi, aprire tutte le porte che vuoi ma quello stanzino deve rimanere chiuso. Se dovessi aprirlo, la mia rabbia sarà terribile e non so dirti cosa ti farò.”

Poi, Barbablu salì sulla sua carrozza e partì.

I primi giorni, la ragazza invitò le sue amiche e diede grandi feste; tuttavia, la curiosità di sapere cosa ci fosse nello stanzino non la abbandonava. E fu così che una sera, dopo aver salutato tutte le sue amiche, scese al pian terreno e aprì la porticina. Le finestre erano tutte chiuse e non si vedeva nulla; dopo un istante, però, le luci del corridoio rischiararono anche lo stanzino: il pavimento era coperto di sangue e alle pareti erano appesi i corpi di tutte le donne che Barbablu aveva sposato: erano tutte morte scannate. La ragazza prese un terribile spavento, così grande che la chiave dello stanzino cadde per terra e si sporcò di sangue. Non ci fu modo di ripulirla: la chiave, infatti, era stregata.

Barbablu tornò il giorno seguente: disse alla moglie che aveva ricevuto una lettera e che i suoi affari erano già conclusi. Poi le chiese indietro il mazzo di chiavi. La ragazza gliele restituì tremando come una foglia e l’uomo capì subito cos’era successo.

“Com’è che la chiave dello stanzino è macchiata di sangue?”

“Io non ne ho idea.”

“Io ne ho qualcuna: perché sei entrata? Ti avevo proibito di aprire la porta dello stanzino, ma tu non mi hai ascoltato. Adesso dovrò ucciderti” tuonò Barbablù.

La ragazza, spaventata a morte, chiese un attimo di tempo per pregare e chiedere perdono per i suoi peccati. Barbablu le concesse mezz’ora di tempo. Salì le scale e si mise a guardare fuori dalla finestra: se fossero arrivati i suoi fratelli, che le avevano promesso di venire a trovarla. Solo loro avrebbero potuto salvarla. Ma fuori c’era solo il sole che splendeva e l’erba che si agitava al vento.

“Scendi giù, o verrò io a prenderti” urlò Barbablu dal salone di sotto.

La ragazza guardò di nuovo fuori: c’era un gran polverone e forse… no, era solo un gregge di pecore.

“Sto salendo” tuonò Barbablu, che aveva in mano un coltellaccio.

La ragazza guardò fuori per l’ultima volta ed ecco: vide due cavalieri scintillanti che galoppavano verso la villa. Erano i suoi fratelli, due valorosi moschettieri del Re.

Barbablù buttò giù la porta con un calcio. La ragazza si buttò a terra, piangendo disperata.

“Non serve piangere: mi hai disobbedito e ora ti ucciderò”.

Poi la prese per i capelli e sollevò per aria il suo coltellaccio. Ma proprio in quel momento, entrarono i due cavalieri, che vedendo Barbablu con il coltellaccio sguainato sfoderarono le loro pistole e…pum! lo colpirono a morte. E così la ragazza ereditò tutte le ricchezze che erano state di Barbablù. Una parte le donò alla sorella, e con il rimanente visse felice e contenta, dopo aver sposato un buon cavaliere.