
«Santa Pasqua 1938 – 24 aprile. Sarà passata mezzanotte, anche l’una. Non sento le campane annunciare la Resurrezione. Accendo la candela e dico: Cristo è risorto!. (…) È resuscitato Cristo seminando in tutto il mondo, fino al termine dei tempi, la speranza: la speranza che non periremo mai sotto la pietra delle ingiustizie, per quanto pesante essa gravi sui nostri deboli corpi. (…) È resuscitato Cristo seminando la speranza della resurrezione dalla morte; perché la nostra vita non finisce qui, in questi transitori 60-70 anni; perché essa si prolunga lassù (…). Caratteristica del nostro tempo: ci occupiamo di lotte tra noi e gli altri uomini e non di lotte tra i comandamenti dello Spirito Santo e i desideri della nostra natura terrena; ci preoccupiamo e desideriamo le vittorie sugli uomini, non le vittorie sul Diavolo e i peccati. Tutti i grandi uomini del mondo di ieri e di oggi: Napoleone, Mussolini, Hitler, eccetera sono maggiormente preoccupati di quelle vittorie. Il movimento legionario fa eccezione, occupandosi, ma insufficientemente, anche della vittoria cristiana nell’uomo, in vista della sua deificazione. Insufficientemente! La responsabilità di un capo è grandissima. Egli non deve lusingare le sue schiere con le vittorie terrene, senza prepararle nello stesso tempo alla lotta decisiva per la quale l’anima di ognuno possa incoronarsi con la vittoria eterna o la sconfitta eterna».