Il problema delle vie esoteriche ed essoteriche verso il divino
Nell’intervento del convegno “René Guénon. Testimone della Tradizione”, tenutosi a Roma il 17 gennaio 2015, l’avvocato Carlo Corbucci ha riassunto in modo puntuale e preciso le vie percorribili dall’uomo per riconnettersi alle dimensioni del trascendente, sia pure in quest’epoca dove tutti i collegamenti con la sfera del divino sembrerebbero quasi del tutto chiusi, o comunque disseminati di pericolose trappole oppure fortemente depotenziati, fino a dissolversi nella sfera della parodia o del rovesciamento.
Le possibili vie di riconnessione alla sfera sovrannaturale sono tradizionalmente, com’è noto, due: da una parte la via religiosa in senso stretto, quella cioè fideistica e devozionale, dualistica, nota come essoterica. Dall’altra parte, la via conoscitiva diretta, la via dell’autorealizzazione “teurgica” tramite pratiche iniziatiche in grado di far giungere l’individuo ad un atto supremo di gnosi, di intuizione “intellettuale” che lo possa ricondurre, sia pure temporaneamente, all’Unità Suprema dell’Essere: in poche parole, la via nota come esoterica.
Il dottor Corbucci ritiene ancora possibile percorrere anche questa seconda via, laddove si riescano a ritrovare delle pratiche rituali rimaste sostanzialmente inalterate e regolarmente trasmesse nel tempo, con le relative “guide” spirituali. René Guénon, ci ha spiegato Corbucci, ha mostrato (nei limiti del possibile) i contenuti delle dottrine metafisiche, ha esposto le possibilità che l’uomo ha ancora innanzi a sé per giungere a tali conoscenze superiori: a noi dunque resterebbe la scelta della via migliore da percorrere.
Come scritto da Calogero Cammarata, la “funzione” di René Guénon si può riassumere nel “tentativo di richiamare all’attenzione dei pochi rimasti la preminenza imprescindibile dei principi, la preminenza cioè dello spirituale sul materiale, dell’essenziale sul contingente, dell’immanente sul transeunte; di modo che, se ancora possibile, si potesse salvare il salvabile. (…) È grazie all’opera di René Guénon che tanti sono riusciti a fare uno spiraglio di luce, riscoprendola lì ove è sempre stata e liberandola dagli elementi che la occultavano. René Guénon auspicava la costituzione di un’«élite» che, senza necessità di organizzarsi, si ponesse il compito silenzioso di frenare la corsa «satanica» dell’Occidente verso la dissoluzione finale”[1].
Com’è noto, a causa della differenziata capacità gnoseologica degli uomini, e quindi della loro naturale disuguaglianza, la via cd. esoterica (da esόteros “interiore”, “intimo”, e quindi esoterikόs, “interno”) è per sua natura riservata a quei pochi che sono in grado di comprendere la sostanza ultima di un determinato insegnamento spirituale, di una certa dottrina, ed hanno quindi le qualità a ciò atte. La restante parte dell’insegnamento, essendo più comprensibile alla maggioranza degli uomini, si presenta priva del grado di riservatezza elitaria che caratterizza la prima: da qui la sua denominazione di exoterica o essoterica (da exόteros ed exoterikόs, “esteriore, “esterno”).
Certamente non si deve omettere di sottolineare che percorrere la via iniziatica al fine di raggiungere la “cosmicizzazione” dell’essere umano, la realizzazione del Sé, dell’Ente spirituale che è come “assopito” nell’uomo e da cui il medesimo è derivato (per citare il grande Pio Filippani Ronconi), è impresa in realtà quasi impossibile e particolarmente pericolosa per l’uomo contemporaneo, considerando la struttura psichica e la fragilità animica che lo caratterizza. La via iniziatica in sé è già di pertinenza di pochi, ed anche quei pochi, oggi, si trovano dinnanzi ad una situazione assai delicata: diversi studiosi della Tradizione e delle dottrine esoteriche hanno messo in guardia circa il rischio della formazione di “larve psichiche” in conseguenza di un’applicazione attualizzata di antiche ritualità facenti capo a cicli tradizionali in qualche modo conchiusi; “larve” che possono manifestarsi sotto forma di storture, deviazioni ed inversioni anti-tradizionali: ad esempio, si è osservato come la temperantia di romana memoria possa mutarsi in hybris, la magia (nel senso tradizionale del termine) in “stregoneria” di tipo crowleyano, la tolleranza, la quiete interiore ed il distacco impersonale in ricorrente ed aggressiva polemica religiosa, in particolare anti-monoteistica, con un facile scivolamento dal piano della ricerca superiore individuale alla tracotanza deviata dell’individualismo prometeico/luciferino.
Ma le conseguenze possono essere ben più gravi, ed anziché mere forme larvali possono sorgere anche eggregori ben più pericolose, nonché dissociazioni ed alterazioni psichiche nei soggetti più impreparati o già particolarmente de-centrati. Molte di queste vie iniziatiche, attualizzate in modo sbagliato o comunque invertite, possono tra l’altro aprire pericolosissime vie di accesso individuale o collettivo per forze demoniache di ogni genere.
Sarebbe perciò necessario, come osservato dagli esperti, predisporre delle forme di ascesi propedeutiche all’addestramento esoterico successivo, spesso associate a delle tecniche di meditazione, o comunque avviare dei percorsi di rettificazione e di centramento animico e sottile.
In sostanza, occorre comprendere che la via dell’autorealizzazione, già in sé riservata a pochi “eletti” in grado, per la loro conformazione psichica, di ricongiungersi agli stati superiori dell’Essere, nell’epoca contemporanea risulta ancor più elitaria e potenzialmente molto pericolosa, laddove affrontata senza la dovuta preparazione e predisposizione, oppure cadendo nelle mani di persone sbagliate o affidandosi a ritualità ormai compromesse.
Pertanto rimangono percorribili, per la stragrande maggioranza degli uomini e delle donne di oggi, alcune vie spirituali alternative a questo canale più estremo: su un livello per così dire “formativo” di sé, fondamentale rimane la via dell’autodisciplina e della lotta interiore, la “grande guerra santa”, da praticare e sviluppare quotidianamente, con il supporto delle letture e degli insegnamenti tradizionali nonché dei maestri ancora in grado di comunicare “esternamente” le giuste linee guida, con l’attività costante su sé stessi e con l’impegno nella militanza e nelle esperienze formative e plasmatrici della personalità (ad esempio la via della montagna), possibilmente all’interno di comunità di ispirazione tradizionale. Livello auto-formativo che è poi strettamente funzionale al tradĕre, al tramandare nel tempo i principi immutabili della Tradizione, compito cui è idealmente chiamato ogni uomo e donna che ad essi voglia ispirarsi.
Ma certamente rimane fondamentale, su un piano strettamente spirituale, seguire anche una via essoterica, religiosa, per cercare comunque una ri-connessione con la sfera trascendentale, un re-ligare, per l’appunto.
Sappiamo come secondo l’insegnamento tradizionale ogni forma spirituale regolare presenti tanto la componente esoterica, interna, che quella essoterica, esterna. Le forme spirituali possono manifestarsi in modi differenti a seconda delle fasi del ciclo cosmico di loro “spettanza”, nonché delle loro finalità, cioè delle loro strutture causali. Nel mondo del manifestato, la differenziazione è elemento necessario: l’Essere immutabile, il Logos, l’Uno, deve pertanto scindersi, calandosi nelle gabbie del tempo e dello spazio, per potersi “mostrare”, per rendersi “visibile” e “comprensibile” secondo le categorie del razionale, contrapponendosi dualisticamente al non essere: di qui la necessità di più forme spirituali, aventi caratteristiche diverse nel tempo e nello spazio, e quindi a seconda delle epoche e dei popoli di riferimento.
Ed all’interno di ogni forma regolare di manifestazione del divino (ierofania o religione in senso lato), appare appunto l’ulteriore scissione duale fra pratiche religiose in senso stretto (essoteriche) e pratiche conoscitive dirette, iniziatiche (esoteriche), connaturate ai diversi gradi di conoscibilità delle dottrine sapienziali che si confanno ai diversi soggetti: la disuguaglianza tra individui determina la necessità di diseguali gradi di approccio alla sfera sacrale. Le due fasi, quella essoterica e quella esoterica, presentano a loro volta diverse gradualità interne e possono manifestarsi in modo diverso, assumendo caratteristiche di minore o maggiore visibilità, di maggiore o minore compressione o espansione, a seconda appunto delle epoche e delle funzioni delle relative forme spirituali di cui costituiscono espressione.
Il Cristianesimo è la forma spirituale presente in quest’ultima fase del presente ciclo cosmico in Occidente: negarlo o ritenere ciò una forma di sovversione, sarebbe uno sterile esercizio di vera e propria hybris. Come infatti osservato, ad esempio, da Luca Valentini, studioso che certamente non può definirsi filo-cristiano, “Il Cristianesimo è forma devozionale e salvifica specifica per l’uomo decadente di fine ciclo. Ma la sovversione appartiene ad una dimensione iniziatica che va ben oltre una forma religiosa. Ne parla Alfredo Bonatesta nel suo preziosissimo testo La Sinarchia Universale, dove una sorta di isteria antimonoteistica è vista come uno specchietto per le allodole messo lì da un Potere assolutamente più profondo di una semplice forma devozionale. Il Cristianesimo è, come riporta giustamente Loris Viola in Religio Aeterna, una forma sacrale devozionale e salvifica, connaturata alla struttura psichica ed alla dimensione ontologica dell’uomo di fine ciclo”.
Attenzione, dunque: non è il Cristianesimo in quanto tale ad essere elemento di decadenza (altro è il processo di decadenza interna al Cristianesimo quale forma spirituale, su questo si tornerà fra breve), non è il Cristianesimo ad essere sovversivo, come frequentemente si sostiene: anzi, l’isteria anti-monosteistica, come osservato poc’anzi, è opera proprio delle forze sovversive ed anti-tradizionali. In questo modo tali forze possono nascondere e boicottare le ultime forme di riconnessione al sacro che sono concesse all’umanità e creare larve psichiche o eggregori proprio giocando sull’alterazione psichica di chi cerca, ossessivamente, di percorrere solo e comunque vie iniziatiche, ponendo in essere sempre più spesso pericolosi tentativi di riviviscenza forzata di antiche ritualità, al di fuori del contesto storico-spaziale loro proprio.
Ciò che è realmente sovversiva è ovviamente la fase cosmica in cui si vive, il Kali-Yuga, l’età del ferro, quella in cui l’umanità si trova immersa da secoli e di cui stiamo vivendo l’ultima porzione, ove si concentra maggiormente il peso “solidificato” della decadenza. Pertanto, connaturata a quest’epoca, deve manifestarsi come preponderante la componente salvifica e soteriologica di una forma religiosa regolare (nello specifico, il Cristianesimo), che sia adeguata alla struttura psichica ed alle caratteristiche dell’uomo contemporaneo, in grado di rappresentare un’estrema àncora di salvataggio per uomini e donne totalmente sperduti e privi di punti di riferimento, ai quali deve essere chiesta un’adesione incondizionata a principi e dogmi la cui essenza ultima non è più comprensibile, dal punto di vista interno, dalla assoluta maggioranza dei soggetti.
Ciò non toglie, ovviamente, che chi sia ancora nelle condizioni di potersi innalzare su un piano conoscitivo diretto possa farlo, sia pure con le necessarie cautele: la componente esoterica, infatti, pur essendo necessariamente compressa e rimodulata, rimane presente anche nel Cristianesimo[2] in una forma per così dire latente, in un rapporto di inversa proporzionalità con l’altra componente, in virtù della prevalenza che quest’ultima deve rivestire causalmente nell’insegnamento cristiano. Ma, di certo, conciliare simili pratiche di accesso e fuoriuscita rispetto a stati sovra-razionali dell’Essere in un’epoca di pesante “solidificazione” come questa, dove il grado di immanenza rispetto ai flussi della vita biologica ordinaria è molto accentuato, risulta particolarmente difficile da gestire, oltre che pericoloso.
Rimanendo nell’ambito dei meri indirizzi comportamentali, va comunque sottolineato un altro punto: laddove, evitando il più possibile che la propria dimensione psichica venga alterata dai nefasti influssi dell’epoca contemporanea, si riesca a mantenere certi orientamenti personali entro dei parametri quanto più possibile prossimi (ovviamente per notevole difetto) all’innocenza ed alla semplicità tipiche di uomini di altre epoche cosmiche (e solo in minima parte sopravvissute oggi, soprattutto all’interno di determinati gruppi antropologicamente ben definiti), potrebbero essere possibili anche condotte apparentemente non allineate ad alcuni dettami comportamentali più strettamente essoterici.
Questi dettami sono infatti necessari per indirizzare in via preventiva i comportamenti della maggioranza delle persone, le quali non riescono a cogliere l’esistenza di una degenerazione in talune condotte che sembrerebbero apparentemente “normali”. Proprio da tale incapacità di comprensione, deriva la necessità di “chiedere” alla maggior parte delle persone di aderire dogmaticamente e quindi fideisticamente a determinati precetti. Di qui il concetto di “colpa” o “peccato”[3] caratteristico dei monoteismi abramitici, necessaria semplificazione schematica da riferire a domini in cui non è insito necessariamente l’errore ab origine, ma nei quali, di fatto, la degenerazione dilaga oggi a tal punto, per un completo effetto di inversione, che è necessario, per esprimersi tramite una metafora, chiudere un intero edificio qualora l’imminente crollo del soffitto di un solo appartamento possa mettere a rischio la stabilità di tutta la costruzione.
Un ambito delicatissimo, a tal riguardo, è ad esempio della sessualità in cui, per tornare a quanto si stava dicendo, è sempre più difficile trovare vie in grado di orientare verso l’alto l’unione fisica fra uomo e donna, quasi a ritrovare una dimensione edenica, elementare, naturale, innocente, svincolata dalle ossessioni e dalle pulsioni incontrollabili del mondo odierno. L’orientamento invece puramente animalesco, anagogico e sempre più spesso degenerato dato alla sessualità nell’epoca contemporanea rende quasi impossibile ritrovare in questo dominio la via di una pura e sana “primordialità metafisica”, per citare Evola, di cui la primordialità “sub-personale” odierna (che in tal caso sarebbe meglio chiamare “primitivismo”, per evidenziarne il significato deteriore), prodotto della psicanalisi di matrice freudiana e della erotizzazione di massa tramite in particolare la diffusione globalizzata della pornografia, costituisce una demoniaca inversione[4].
Da tutto questo si deduce la suddetta necessità che le masse abbiano dei precetti dogmatici da rispettare con la maggiore partecipazione possibile (seppure fondata su un dato più sentimentale che gnoseologico), quali ad esempio i famosi cd. “dieci comandamenti” di biblica memoria. Precetti che però, oggi, tendono sempre più a mostrarsi depotenziati, insufficienti ed inadatti di fronte al decadimento delle strutture essoteriche, all’alterazione della psiche individuale e collettiva degli uomini, nonché agli attacchi sempre più forti delle forze sovversive, come vedremo fra breve.
Ovviamente, come osservato sopra, ciò non esclude che diverse persone possano ancora seguire con spontaneità e semplicità, senza farsi influenzare dai nefasti influssi odierni, alcune linee di condotta (nella sfera sessuale – in tal caso possibilmente, anche se non necessariamente, all’interno della vita matrimoniale – come in tutti gli altri ambiti) improntate ad una sana ed armoniosa normalità, anche senza riuscire necessariamente ad aprirsi a vie “metafisiche”.
Ai concetti di “colpa” e di “peccato”, elementi come si sottolineava poc’anzi quasi “necessari” in questa fase del ciclo cosmico, caratterizzati principalmente da una componente fortemente morale, sentimentale, “drammatica”, quindi patetica nel senso greco del termine, corrisponde su un piano metafisico e quindi sovraordinato rispetto alle macerie del soggettivismo “colpevole”, il più oggettivo concetto di “errore”, la cui constatazione attiene ad un piano del tutto impersonale e scevro di implicazioni “sentimentali” e morali in senso stretto. Frithjof Schuon fornisce al riguardo una descrizione precisa di questo aspetto: «Gli Indù e gli Estremo-Orientali non hanno la nozione del “peccato” nel senso semitico del termine; essi distinguono le azioni non sotto il rapporto di un valore intrinseco ma sotto quello dell’opportunità in vista di reazioni cosmiche o spirituali, ed anche sotto quello dell’utilità sociale; essi non distinguono il “morale” dall’ “immorale”, ma il vantaggioso dal nocivo, il gradevole dallo sgradevole, il normale dall’anormale, salvo sacrificare il primo – ma ad di fuori di ogni classificazione etica – all’interesse spirituale. Possono portare la rinuncia, l’abnegazione, la mortificazione fino al limite di ciò che è umanamente possibile, ma senza essere per questo “moralisti”»[5].
Anche Gaston Georgel, nella sua importante opera Le quattro età dell’umanità – introduzione alla concezione ciclica della storia, che sarà particolarmente utile nel secondo articolo di questa serie, affronta la questione, trattando delle diverse descrizioni della “caduta” dell’uomo dalla dimensione dell’androgino primordiale delle origini, come proposte dalla Genesi biblica da una parte e dal Politico di Platone dall’altra: “La differenza fondamentale tra il testo di Mosé e quello di Platone deriva dal fatto che l’idea religiosa (o piuttosto morale) di “colpa” ha rimpiazzato il concetto metafisico di “fine d’un ciclo”. D’altronde, non c’è alcuna contraddizione, ma solo una differenza di punti di vista; si può notare, comunque, che l’idea ebraica di colpa o disobbedienza si ritrova ugualmente nella mitologia greco-romana nel mito di Pandora”[6].
Concezione patetico-morale del peccato o impersonale-oggettiva dell’errore: due facce, dunque, della stessa medaglia. Come accennava Gaston Georgel e come d’altronde ci insegna la metafisica induista, si può parlare al riguardo di diversi “punti di vista”, di diversi “darshana”, per cui la medesima realtà assoluta può manifestarsi in diversi modi ed essere colta in maniere differenti, a seconda delle necessità, delle funzioni, delle cause. Senza quindi dover giudicare la visione improntata ai concetti di “colpa” o di “peccato” come una sorta di disfunzione sovversiva.
Come si accennava, in ogni caso il processo irreversibile di decadenza colpisce progressivamente al loro interno anche le forme essoteriche, creando certamente ulteriori problemi: la degradazione del Cristianesimo, nella sua forma essoterica, da religione a mero fenomeno sociale e moralistico, con la scomparsa di qualsiasi anche elementare forma di dottrina e la parodizzazione sistematica delle relative ritualità, a cominciare dalla Santa Messa, è sotto gli occhi di tutti coloro che sappiano ancora “vedere” ed interpretare certi segnali.
Come ci insegna proprio René Guénon, le componenti “religiose” in senso stretto, che nel Cristianesimo, come visto, occupano, “funzionalmente” parlando, un ruolo predominante, sono caratterizzate già ab origine da una componente fortemente sentimentale. Col trascorrere del tempo all’interno di quest’ultima fase cosmica, l’elemento religioso decade sistematicamente e finisce col degenerare in semplice “moralismo” di matrice filosofico-sociale. Infatti, in concomitanza col ritrarsi di due dei tre elementi che caratterizzano il fenomeno religioso in senso stretto, cioè il dogma (vale a dire la sostanza in cui si traduce la metafisica su un piano essoterico) e la ritualità, l’unico fattore che rimane, la morale, senza il supporto degli altri due, scade inevitabilmente in “moralismo”, trasformando appunto il singolo fenomeno religioso in mero fenomeno sociale, dispensatore di una catechesi tenue, scontata, banale, “politicamente corretta”[7]. Si pensi appunto al Protestantesimo liberale in tutti i suoi infiniti rivoli ed al Cattolicesimo odierno, ormai totalmente laicizzato, massificato, socializzato e, in sostanza, trasformato in parodia di sé stesso e quindi reso apparentemente del tutto “innocuo” per le forze sovversive.
Sicuramente l’unica forma di Cristianesimo che in parte conserva ancora un certo spessore dottrinario, una forte carica liturgica ed iconografica, nonché una certa vicinanza a strutture esoteriche, con particolare riferimento al significato originale gnostico degli antichi misteri cristiani, è quella ortodossa, non a caso legata concettualmente con la spiritualità orientale[8]; ricordiamo che proprio per queste sue caratteristiche peculiari vi aderì in tarda età lo stesso Pio Filippani Ronconi.
Tuttavia sussistono elementi problematici anche nell’ambito del Cristianesimo Ortodosso: si pensi alle varie particolarità teologiche (ad esempio, il mancato riconoscimento del dogma mariano dell’Immacolata Concezione), alla frammentazione in varie Chiese, ad un certo decadimento interno da cui ovviamente non poteva rimanere immune neppure tale forma spirituale.
Alla luce di quanto esposto, la domanda non può che essere scontata: come porsi dinnanzi alla crisi che, in particolare nell’ambito del Cristianesimo, coinvolge anche le strutture essoteriche che dovevano costituire l’ultima àncora di salvezza per l’umanità?
Cercheremo di affrontare la questione nel prossimo articolo.
Paolo G.
Note:
[1] Cfr. l’introduzione a Considerazioni sull’esoterismo cristiano e San Bernardo, raccolta di scritti guénoniani sull’esoterismo, Arktos, 1997.
[2] Per una’analisi più dettagliata sull’esoterismo cristiano e la sua storia, si rinvia al quarto articolo di questa serie, in cui si farà riferimento in particolare alla citata notevole introduzione di Calogero Cammarata a Considerazioni sull’esoterismo cristiano e San Bernardo di René Guénon.
[3] E’ da notare come nella morale cattolica i “peccati” siano l’effetto, la conseguenza fattiva dei cd. vizi (dal latino vĭtĭum, mancanza, difetto, ma anche abitudine deviata, “storta”, fuori dal retto sentiero), in particolare di quelli capitali, la causa primaria in grado di minare nel profondo la natura umana. Il monaco Evagrio Pontico, nel IV secolo d.C., diede una prima classificazione di otto “spiriti o pensieri malvagi” (in greco logismoi), e la sistemazione successiva portò all’elaborazione degli attuali sette vizi capitali: superbia (la hybris, la tracotanza, della concezione greco-romana), l’avarizia, la lussuria (deviazione in senso puramente carnale, materiale, ossessivo e compulsivo della sessualità), invidia, gola, ira (scompostezza e mancanza di autocontrollo, contrapposta alla temperantia, alla gravitas, alla disciplina romana), accidia (si pensi all’apatia, all’abulia, all’indifferenza – facilmente indotte dalla miseria spirituale e dalle false dipendenze del mondo contemporaneo – che caratterizzano sempre più le generazioni odierne, soprattutto le più giovani) . Inutile notare come queste anomalie, storture dell’anima umana siano alla base della decadenza che ci circonda: i “peccati” sono l’immediata conseguenza di tali deviazioni interiori che, nell’estrema difficoltà di una sublimazione immediata, vanno forzatamente “controllate” imponendo regole comportamentali rigide, come di vedrà nel testo.
[4] Cfr. J. Evola, Cavalcare la tigre, Edizioni Mediterranee, 2009, p. 174 e più in generale pp. 160-177; si veda, in un quadro più ampio, sempre J. Evola in Metafisica del sesso.
[5] Citato da J. Evola sempre in Cavalcare la tigre cit., p. 76.
[6] Cfr. G. Georgel, Le quattro età dell’umanità – introduzione alla concezione ciclica della storia, Il Cerchio, 1982, p. 136.
[7] Cfr. R. Guénon, Introduzione generale allo studio delle dottrine indù, Parte seconda, capitolo IV.
[8] Ad esempio, nella Chiesa ortodossa, in particolare in quella copta, si trova ancora, sia pure in forma marginale, un riferimento all’antica Gnosi nel culto della Theotokόs (la Madre divina), che è virtualmente assimilata alla Sophia gnostica (le varie cattedrali di “Santa Sophia” presenti nel mondo ortodosso non erano in effetti intitolate ad una Santa umana di nome “Sofia”, ma ad un concetto metafisico, quale la Sapienza o divina gnosi). Del resto si è osservato come anche la teologia trinitaria ortodossa sia più vicina alla gnosi greca che non quella cattolica: lo schema trinitario ortodosso sarebbe infatti di derivazione palesemente plotiniana. Tra l’altro, nella patristica orientale si ravvisa l’unica forma di Gnosi cristiana non perseguitata dagli eresiologi, almeno non inizialmente: quella di Origene e i suoi seguaci, scomunicati successivamente.
Anche la liturgia ortodossa (o comunque quella bizantina, che viene utilizzata ancora anche da alcune chiese o abbazie cattoliche) contiene alcuni residui misterici; ad esempio i fedeli, essendo a tutti gli effetti dei profani (il battesimo non viene considerato un rito iniziatico) sono esclusi dalla vista di alcune parti del rito, che avvengono segretamente dietro l’iconostasi (la parete divisoria che separa la navata dal presbiterio).
Da ricordare, in connessione col Cristianesimo Ortodosso, il cd. sofianismo o sofiologia, corrente mistico-metafisica sviluppatasi in Russia nel Novecento, che, ispirandosi al Cristianesimo orientale e riprendendo elementi gnostici e neoplatonici, concepisce la Chiesa e la storia come manifestazione della “Sofia” nel senso sopra inteso. Tra gli interpreti più importanti di questa corrente occorre citare i famosi Vladimir Sergeevič Solov’ëv e Pavel Aleksandrovič Florenskij.