Il tanto osannato progresso tecnico non si ferma, l’intelligenza artificiale continua a stupire un mondo che pensava di sapere ormai tutto, un mondo, quello occidentale, intriso di ideologia woke e transumanesimo.
E così in una piccola cittadina australiana, un sindaco viene accusato di corruzione da un bot di ChatGpt, informazione (falsa) rivelata ad un gruppo di cittadini che hanno chiesto informazioni riguardo il primo cittadino all’applicazione. Specifichiamo che, fortunatamente, in Italia l’Autorità garante per la protezione dei dati personali ha bloccato ChatGPT, e così resterà finché non rispetterà la privacy.
Abbiamo parlato in diversi articoli della pericolosità dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale, poiché il suo sviluppo è allineato ad una visione transumanista e titanica della società, visione che vede, tramite la robotizzazione biologico-genetica, l’uomo come una cavia su cui testare nuove tecnologie utili ad eliminare le parti indesiderate e considerate difettose, proprio come una macchina, al fine di creare un nuovo uomo che tale non si può più definire. Non essendo tale stadio ancora raggiunto, per ora l’intelligenza artificiale si pone l’obiettivo di sostituire determinate funzioni umane.
D’altronde quando la persona non viene considerata nella sua totalità, comprendente delle tre specifiche parti di corpo, anima e spirito, ma semplicemente come corpo e psiche, ogni nuova invenzione non può che essere sovversiva.
Tornando al caso australiano, il sindaco ha subito contattato la società coinvolta, chiedendo l’eliminazione dell’informazione falsa. In caso di mancato riscontro, si muoverà per denunciare penalmente l’accaduto per diffamazione.
Se dovesse risultare alquanto bizzarro trovarsi un bot ChatGpt in tribunale, chissà quale futuro potrebbe aspettarci nei prossimi anni, quando dovremo probabilmente convivere nella vita quotidiana con situazioni ancor più paradossali di quella accaduta al sindaco australiano. A proposito, l’avvocato della ChatGpt sarà un altro bot?
(tratto da ansa.it) – ChatGpt diffama sindaco, IA potrebbe finire in tribunale
Politico australiano associato a falsa condanna, OpenAI rischi
OpenAI, la società che sviluppa il chatbot ChatGpt, potrebbe essere citata in giudizio per diffamazione.
L’intelligenza artificiale ha infatti associato al neo-sindaco di Hepburn Shire, una cittadina a nord-ovest di Melbourne, una pena detentiva per corruzione, mai avvenuta.
Brian Hood è stato avvisato dai suoi concittadini, che hanno utilizzato il chatbot per saperne di più sul suo conto.
L’IA ha dunque collegato il nuovo sindaco ad uno scandalo di corruzione dei primi anni 2000, che coinvolgeva una filiale della Reserve Bank of Australia. Brian Hood, come riportato dalla Reuters, ha effettivamente lavorato per una filiale della Reserve Bank, la Note Printing Australia, scoprendo un giro di tangenti a funzionari stranieri per l’assegnazione di alcuni contratti di fornitura. Non è mai stato accusato di alcun reato. Il sindaco ha dato mandato al suo legale di inviare una lettera a OpenAI, per chiedere di correggere l’errore ed eliminare la cosiddetta ‘allucinazione’, ossia la risposta errata fornita da ChatGpt.
Ad oggi, l’organizzazione non ha risposto alla richiesta formulata il 21 marzo dall’avvocato di Hood. Qualora la causa dovesse andare avanti, si tratterebbe della prima volta in cui un’azienda debba rispondere per fatti ‘commessi’ dalla sua intelligenza artificiale. “Sarebbe potenzialmente un momento storico, perché la legge sulla diffamazione verrebbe applicata ad una nuova area dell’intelligenza artificiale” ha detto a Reuters, James Naughton, partner dello studio legale di Hood, Gordon Legal. “È un funzionario eletto, la reputazione è fondamentale per il suo ruolo. Quindi per lui fa molta differenza se le persone possono accedere a tali informazioni, liberamente”.