
«Non ci possono essere sotterfugi nella creazione. Si fonda quello che si fa e basta. E se tu, perseguendo uno scopo, pretenderai di raggiungerne un altro diverso da primo, sarai creduto abile solo da chi è vittima delle parole […] Perché non si può fingere con la vita».
In questo passaggio, l’autore sottolinea come siano i fatti, e non le parole, a rivelare il fine ultimo verso cui le azioni sono orientate. In un mondo di maschere, i fatti rivelano il vero volto delle persone, nascosto dietro alle parole di comodo e alle migliori narrazioni.
Tramite le azioni le persone si distinguono tra di loro e, soprattutto, si distingue come sono realmente da come invece dicono a parole di essere. Le azioni sono l’indicatore del carattere di chi le compie.
Coloro che hanno la medesima visione del mondo si riconoscono quindi per il loro stile di vita e in particolare dal modo in cui essi tendono a un comune sentire.
Le parole non costano fatica, possono essere usate con abilità per convincere gli altri di qualcosa di diverso dalla realtà. Con i fatti invece non si può mentire, essi dicono molto più di qualsiasi parola.
Il primato fin qui ribadito dei fatti sulle parole, non deve però essere un ostacolo al dialogo che si alimenta soprattutto dei frutti dell’azione; viceversa risulterebbe sterile e utile solo come esercizio retorico.
Le virtù si rivelano nei fatti, nella teoria realizzata in pratica, nell’azione attiva di chi fa quello che è perché è quello che fa. I fatti non mentono, le parole lo fanno.