A conclusione della serie di articoli proposti, riteniamo molto significativo riportare per intero l’introduzione di Calogero Cammarata alla raccolta di scritti di René Guénon sull’esoterismo cristiano, introduzione che abbiamo citato in particolare nel primo articolo e di cui avevamo preannunciato la pubblicazione.
Lo scritto di Cammarata è importante in quanto sviluppa e riassume in modo sintetico, ma allo stesso tempo diretto, efficace e chiaro, in perfetto stile guénoniano, diversi concetti già espressi nelle puntate precedenti, proponendo anche qualche nota storica sul rapporto tra dimensione esoterica e dimensione essoterica nel cristianesimo occidentale.
Introduzione a “Considerazioni sull’esoterismo cristiano e San Bernardo, raccolta di scritti guénoniani sull’esoterismo cristiano, Arktos, 1997.
di Calogero Cammarata
Dopo la morte di René Guénon è stata curata la raccolta in volumi dei suoi articoli, raggruppati, per quanto possibile, in base all’argomento trattato. Sotto il titolo di Considerazioni sull’Esoterismo Cristiano sono stati raccolti alcuni articoli relativi alla tradizione cristiana ed alla sua componente esoterica, articoli che non hanno trovato posto in altre raccolte ma che, comunque, non sono gli unici in cui René Guénon si occupa dell’esoterismo cristiano.
La questione dell’esoterismo cristiano è una di quelle che, ai nostri giorni, sembra presentare delle enormi difficoltà, sia in ordine alla sua importanza in seno al Cristianesimo, sia in relazione alla sua stessa esistenza, soprattutto ove si pensi che negli ultimi secoli si è andata sempre più affermando la strana idea che esso non sarebbe mai potuto esistere.
Il termine «esoterico» sta ad indicare, soprattutto, quella parte di uno stesso insegnamento che, a causa della differenziata comprensione degli uomini a cui questo si rivolge, è riservata a quei pochi fra loro che sono in grado di comprenderlo ed hanno quindi le qualità a ciò atte. e questo per distinguerlo del restante insegnamento che, essendo più comprensibile alla maggioranza degli uomini, perciò stesso si presenta privo della riservatezza che caratterizza il primo; da qui la sua denominazione di «exoterico».
Ora, che gli uomini abbiano una capacità di comprensione differenziata è un dato di fatto che solo un partito preso di poco conto potrebbe contestare, ma le cose si complicano ove si pensi che negli ultimi secoli è andata in voga la strana e contraddittoria idea che tutti gli uomini sono uguali, anche a dispetto di qualsivoglia evidenza. Che si tratti di un mero sofisma verbale è chiaro a tutti, basta pensare che i «colti» fautori dell’uguaglianza continuano a sostenere che loro hanno capito tutto a differenza degli altri che «non capiscono», e questo alla faccia dell’uguaglianza; ma, ciò nonostante, di fatto si è venuta a determinare la formazione di una sorta di strumento di prevaricazione poggiante su una specie di «tabù»: tutto ciò che c’è da capire è quello che è accessibile alla maggioranza, in base alla sua capacità «media» (o mediocre) di comprensione e, quindi, chiunque pretende di capire di più e meglio è in errore, o è un impostore o un nemico: e a nulla valgono le credenziali di «acculturamento» vantati da codesti «studiosi», perché basta pensare all’insegnamento «mediocre» che, ormai da tempo, si impartisce nelle scuole di ogni ordine e grado.
La cosa più stupefacente è la pretesa di voler applicare tale puerile concezione ad ogni genere di sapere: non solo al sapere meramente umano ma anche a quello relativo ad ambiti che stanno al di là dell’umano, e questo è veramente uno di quei sintomi eclatanti che denunciano lo stato di totale oscurità e il reale stato di «salute» in cui si trova l’uomo moderno; e ci troviamo anche al cospetto del principale aspetto dell’inversione moderna portata avanti dallo spirito di negazione che va sempre più affermandosi in questa nostra Età Oscura. Tale «diabolica» inversione di ogni normalità, che si ritrova in ogni campo, si applica con protervia nei confronti di quanto rimane degli insegnamenti tradizionali, nel mondo intero; e in Occidente, un tale spirito di negazione si accanisce nei confronti della forma assunta dalla tradizione, or sono duemila anni, e cioè nei confronti del Cristianesimo.
A prescindere, in questa sede, dalle prime manifestazioni di ripudio di ogni autorità di ispirazione non-umana, che si espressero con le stupide affermazioni del «libero esame» e che si concretizzarono nei vari «protestantesimi», ci interessa far notare come si fosse già giunti da tempo alla «catalogazione» ed alla «suddivisione» dell’intero corpo tradizionale, tanto da arrivare a separare l’aspetto più elevato della dottrina dal suo aspetto più semplice, determinando così uno stato di fatto nel quale l’aspetto più elevato viene prima accantonato, poi negato ed infine anche condannato.
Indubbiamente, all’inizio, quando la forma tradizionale del Cristianesimo andava stabilizzandosi, per assumere le connotazioni «religiose» che le sono proprie, non esisteva alcun motivo perché non si riconoscesse naturalmente la complessità della dottrina e quindi non si desse per scontata una certa gradualità di comprensione, tale che i più potessero assimilarne solo gli aspetti più semplici, mentre solo pochi fossero in grado di approfondire i suoi significati più elevati (San Paolo allora scriveva: «A tale riguardo noi avremmo da dire molte cose, ma son difficili a spiegarsi, perché voi siete diventati lenti a comprendere.... tanto che siete ridotti ad aver bisogno di latte e non di solido cibo» Ebrei, V, 11-12). Ma, data la condizione di incomprensione in cui si trovava l’Occidente, tale naturale situazione finì col trasformarsi e col complicarsi, a causa di alcuni che, pur non appartenendo ai più in quanto a comprensione, non appartenevano neanche ai pochi in quanto a capacità di penetrazione «intellettuale». Fu così che nacquero e si espressero come meteore, più o meno durature, le prime eresie, e fu un tale stato di cose che rese necessario l’accantonamento della parte più elevata della dottrina, tanto da determinare l’etichettatura dei due ambiti dottrinali: l’esoterico e l’exoterico (Sembra che il termine esoterico sia stato usato per la prima volta dagli «alessandrini»).
Ogni etichettatura implica necessariamente una separazione, almeno apparente, che finisce poi col tramutarsi in divisione effettiva, in forza della comprensione parziale e «specialistica» dell’uomo «decaduto». Una tale separazione, beninteso, corrisponde effettivamente alla condizione attuale dell’umanità, che da diversi millenni vive nella fase ciclica dell’Età Oscura, ma ciò, mentre spiega le ragioni profonde che sono alla base di tale separazione, non ne sancisce certo la rigorosa regolarità. Nondimeno, se questa è la condizione dell’attuale umanità e se tale separazione, fra esoterismo ed exoterismo, è un dato di fatto dal quale non si può prescindere, tenuto conto del naturale adattamento della tradizione, ciò non ha mai significato, nelle diverse civiltà tradizionali, compresa la Cristianità fino al Medioevo, che i due domini fossero assolutamente distinti e non comunicanti, se non addirittura opposti. In definitiva, si può solo trattare di riconoscere la collocazione più idonea ai diversi gradi di comprensione della dottrina tradizionale: l’ambito esoterico, allora, molto semplicemente, si delinea sulla base della comprensione superiore e metafisica della tradizione ed assicura, per ciò stesso, il necessario raccordo con tutti gli altri ambiti più immediati e gradualmente inferiori; questi ultimi, raccolti entro il termine di «exoterismo», si definiscono per una comprensione meno profonda della tradizione, ma non per questo meno importante o meno «necessaria», anzi, data la gradualità di comprensione a sua volta esistente in seno ad ognuno di questi ambiti, e limitandoci a quello exoterico, è indubbio che si avrà anche una maggiore ed una minore comprensione exoterica della tradizione, tanto che inevitabilmente si verrà a costituire una sorta di dipendenza fra i diversi corpi dell’organismo sociale, cosa questa che fa comprendere come in una società tradizionale come quella del Medioevo nulla sfuggisse all’influenza della religione. Ne deriva, da un lato una «provvidenziale» separazione di competenze, atta a meglio permettere che ogni uomo si orienti secondo la sua particolare natura; e dall’altro una necessaria gerarchizzazione fra i due ambiti, tale da assicurare all’exoterismo la possibilità di attingere con tranquillità alla fonte della sua stessa ragion d’essere. Nessuna contrapposizione potrebbe, dunque, essere ammessa, se non nel caso di deviazione e di incomprensione da parte degli uomini che si richiamano ai due ambiti; infatti, non si potrebbe mai parlare di contrasti, di opposizioni o di incomprensioni fra gli ambiti esoterico ed exoterico, di per sé, in quanto questi derivano direttamente dal «provvidenziale» e «giusto» adattamento allo stato di cose, sopraggiunto come normale; piuttosto sono gli uomini, che a questi ambiti si rifanno, che sono soggetti all’incomprensione: come, per esempio, è accaduto per degli esoteristi, se è lecito usare questo termine, che avendo mal compreso la dottrina iniziatica perché non debitamente qualificati, hanno poi preteso di «confrontarsi» con l’exoterismo, confondendo cose che attenevano a «posti» differenti; e come accade per degli exoteristi, che avendo perduto di vista il fatto che una dottrina tradizionale è necessariamente di derivazione non-umana e che quindi deve anche comportare una comprensione ed una «partecipazione» quantomeno distanti dalle «comuni» possibilità, soprattutto ove si pensi a cosa corrisponde oggi l’accezione di «uomo comune», non si rendono conto che ogni negazione di tale possibilità, andante dalla «visione della verità» fino alla «conoscenza della verità», equivale alla negazione stessa della causa prima dell’exoterismo. Ed in effetti non si è mai trattato di incompatibilità o di opposizione, se non negli ultimi secoli.
In ogni caso, si giunge fino al XIII secolo con una tacita convivenza fra i rappresentanti dei due ambiti, che qualche volta manifestano fra loro critiche e diffidenze, ma per il resto vivono quel rapporto di simbiosi implicito nella loro natura. Non diversamente si spiegherebbe l’esistenza degli «Ordini contemplativi», di certi rami della Cavalleria, come i Templari, o di gruppi come i «Fedeli d’Amore» ed i «costruttori di cattedrali»; d’altronde, è allo stesso modo che si spiegano i rapporti di fraternità fra Carlo Magno e Harun El-Rashid, fra i Cavalieri del Tempio e gli Ismailiti o fra i centri «culturali» ebraici, islamici e cristiani. A nulla valgono le superficiali «ricostruzioni» degli storici, che alla fin fine non riescono a conciliare coerentemente, per esempio, la «cacciata dei Mori» con gli scambi spirituali, «culturali» e persino «scientifici» fra la Cristianità e l’Islam. Nei rapporti allora esistenti fra esoterismo ed exoterismo cristiano, così come nei rapporti esistenti fra le due forme tradizionali del Cristianesimo e dell’Islam, il contrasto nelle contingenze non poteva impedire, e non impediva infatti, l’accordo sui principi.
Nel frattempo, però, continuano a presentarsi i fenomeni di incomprensione e di distorsione, simili a quelli dei primi secoli, anche se l’aggravata incomprensione generale fa scaturire «eresie» che appaiono puerili se raffrontate a certe deviazioni cosiddette «gnostiche». Pur nondimeno, esse intaccano l’unità della Cristianità, già di per sé debole, pur nella sua persistenza; l’esoterismo cristiano finisce così con l’essere addirittura misconosciuto e perfino negato, e si profila la strana concezione, che si affermerà più tardi per effetto di semplificazione e di superficialità, che pretende di identificare esoterismo ed eresia. È negli anni fra il XIII ed il XIV secolo che l’esoterismo cristiano è costretto a ricorrere decisamente a delle precauzioni e a dei mezzi di dissimulazione mai adottati prima, e ad irrigidire i rapporti con gli ambiti diversi dal suo: per quanto era possibile, si doveva impedire l’accesso ad elementi che avrebbero finito per capire male e per divulgare poi delle «eresie», e si doveva anche impedire che i rappresentanti dell’exoterismo scambiassero sbrigativamente il «ricercatore della verità» col «fomentatore di disordine».
Ciò nonostante, non si è ancora giunti alla condanna dell’esoterismo, tant’è che nel corso dei secoli successivi, monaci, prelati ed alcuni papi dimostrano, anche se non in maniera esplicita, che non solo si interessano alla comprensione esoterica della dottrina ma ne sostengono di fatto i fautori che ancora sussistono in seno a gruppi apparentemente staccati dall’organismo «ecclesiale», inteso nel suo senso originario: basti per tutti l’esempio dei gruppi esoterici dei «costruttori di cattedrali», che fino al XVIII secolo erano strutturati in maniera tale da richiedere ai loro componenti la completa fedeltà alla Chiesa, la pratica imprescindibile della religione e la indispensabile presenza fra loro di un prelato.
È solo nel XVIII secolo che si viene a determinare una netta rottura fra i rappresentanti dell’exoterismo ed i resti confusi di qualche ramo dell’esoterismo; da entrambi le parti si manifestano i sintomi di un’accresciuta incomprensione dei comuni principi e si giunge perfino all’«anticlericalismo» protestanteggiante da una parte, ed alla «scomunica» formale dall’altra; mentre in entrambi gli ambiti si insinua perniciosa la fisima modernista del coinvolgimento nel «sociale», vale a dire, per l’esattezza, nel «profano».
In altri termini, sia l’esoterismo che l’exoterismo rimangono coinvolti, per difetto di comprensione, nella manovra «oscura» di capovolgimento definitivo della normalità, e al posto di essere loro ad informare e ad «illuminare» gli aspetti più umili della «vita ordinaria», è quest’ultima, assurta, di per sé, a sinonimo di «normalità», a richiedere loro di abbandonare i principi e di dedicarsi esclusivamente ai «bisogni» materiali degli uomini.
È in tale contesto che si situa quella che è stata chiamata la «funzione» di René Guénon, cioè il tentativo di richiamare all’attenzione dei pochi rimasti la preminenza imprenscindibile dei principi, la preminenza cioè dello spirituale sul materiale, dell’essenziale sul contingente, dell’immanente sul transeunte; di modo che, se ancora possibile, si potesse salvare il salvabile. È difficile dire quanto e come questo tentativo sia riuscito, fatto è che molte persone, anche quando solo in termini di semplice acquisizione teorica, grazie alla sua opera costante di chiarimento e di «memento», opera che ha decisamente i connotati della Carità» e dell’«Amore», sono riusciti a comprendere il vero senso della tradizione e a riscoprire il valore tradizionale degli insegnamenti dei Padri della Chiesa e di alcuni «mistici» medioevali, nonché a comprendere il valore tradizionale della comune origine delle attuali religioni e la funzione «provvidenziale» della Chiesa Cattolica, nonostante tutto.
È grazie all’opera di René Guénon che tanti sono riusciti a fare uno spiraglio di luce, riscoprendola lì ove è sempre stata e liberandola dagli elementi che la occultavano. René Guénon auspicava la costituzione di un’«élite» che, senza necessità di organizzarsi, si ponesse il compìto silenzioso di frenare la corsa «satanica» dell’Occidente verso la dissoluzione finale; ed anche in ordine a questa sua primaria preoccupazione è difficile comprendere fino a che punto essa possa essersi concretizzata, anche perché non sarebbe possibile dirlo per chiunque, come noi, è fuori da ogni ambito come quello proprio a tale «élite»; ma anche solo limitandoci ai riavvicinamenti alla tradizione cristiana operati, con più o meno consapevolezza, da più persone, riavvicinamenti che con più esattezza potremmo definire, queste sì, «conversioni»; e considerando anche i più ampi orizzonti di comprensione che, pur entro limiti molto contenuti, si sono manifestati in seno a ciò che rimane in Occidente dell’esoterismo; ci sembra che si trattò e si tratta di un’opera immane, che non ha pari negli ultimi quattro secoli di storia dell’Occidente.
Certo, il «testimone della tradizione» René Guénon non ha bisogno dei nostri riconoscimenti, ma volevamo solo sottolineare l’importanza dello «studio» della sua intera opera, poiché essa non è suscettibile di «divisione» o di «classificazione».
È nel trattare degli insegnamenti tradizionali nel loro complesso, cosa questa che è l’unico oggetto della sua intera opera, che René Guénon tratta, naturalmente, del Cristianesimo; ed è quindi dallo studio della sua intera opera che si possono trarre le indicazioni circa il senso dell’esoterismo e dell’exoterismo cristiano.
Ciò posto, nulla osta a che si possano segnalare alcuni titoli ove sono contenute delle considerazioni più dirette: ne L’Esoterismo di Dante egli approfondisce il problema dell’esoterismo cristiano a cavallo fra il XII ed il XIII secolo; nel Re del Mondo tratta anche della perfetta ortodossia tradizionale del Cristianesimo; in Iniziazione e Realizzazione Spirituale molti articoli sono dedicati alla comprensione della portata tradizionale dell’exoterismo ed alla necessità di «aderirvi» realmente, per chiunque voglia mantenere foss’anche il minimo legame con la tradizione.