Piantedosi vuole il riconoscimento facciale: l’illusione che l’AI sia “buona” e non c’entri con la sorveglianza di massa

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Assistiamo a un progressivo imbarbarimento delle nostre città: quartieri abbandonati, no-go zone, delinquenza diffusa e microcriminalità. Eppure, nonostante le parole dure e retoriche espresse in ogni competizione elettorale ed a qualunque livello sul tema “sicurezza”, nulla cambia.
Abbiamo i soldi per mandare armi per alimentare il conflitto in Ucraina o per allestire l’ennesimo carrozzone pubblico ma non per gestire un problema che impatta quotidianamente sulla vita dei cittadini. E cosa succede quando la misura è colma e le cronache si riempiono di storie di stupri in pieno giorno o rapine col morto? Si accetta qualunque cosa, acriticamente,  ogni “soluzione” diventa bene accetta.
  É ciò a cui stiamo assistendo con la proposta del ministro Piantedosi: installare sistemi di riconoscimento facciale un po’ ovunque. Peccato se, insieme al delinquente di turno, vengano schedati anche ignari cittadini e passate al vaglio le loro abitudini. Sull’altare del mantra del “non ho nulla da nascondere”, si nasconde il sacrificio sistematico della propria libertà.
Esagerato? No, se pensiamo alle enormi capacità di calcolo e di elaborazione delle intelligenze artificiali che già si abbeverano della nostra (in)volontaria tendenza a cedere informazioni ogni giorno. Anche questo alimenta il cosiddetto “capitalismo della sorveglianza”, che lo si voglia o no.

(tratto da liberoquotidiano.it) – Piantedosi, “riconoscimento facciale”: pugno di ferro contro stupri e crimini

Pugno di ferro di Matteo Piantedosi. Il ministro dell’Interno è pronto a intervenire nelle tre più grandi città metropolitane, Roma, Milano e Napoli. D’altronde la situazione lo richiede. Ha fatto parecchio clamore lo stupro avvenuto nella Stazione Centrale del capoluogo lombardo. Qui una donna è stata aggredita e violentata in attesa di prendere il treno. Il malvivente ancora una volta è un 27enne di origine marocchina e senza fissa dimora.

A incastrarlo le telecamere vicine all’ascensore. Queste ultime hanno ripreso tutto, permettendo agli agenti di risalire in fretta all’uomo. “La videosorveglianza – conferma al Giorno il titolare del Viminale – è uno strumento fondamentale. La sua progressiva estensione è obiettivo condiviso con tutti i sindaci. Il riconoscimento facciale dà ulteriori e significative possibilità di prevenzione e di indagine. È chiaro che il diritto alla sicurezza va bilanciato con il diritto alla privacy. C’è un punto di equilibrio che si può e si deve trovare”. Non a caso, ammette, “in questi giorni abbiamo avviato specifiche interlocuzioni con il Garante per trovare una soluzione condivisa”. 

Al momento le misure che riguardano particolari luoghi, stazioni compresi, non bastano. Così Piantedosi ha pensato di “concordare con i sindaci una direttiva per allargare i controlli nelle aree limitrofe e inserire stabilmente questo rafforzato dispositivo di sicurezza nei piani di controllo coordinato del territorio”. Misure che si vanno ad aggiungere all’aumento delle forze di polizia sul posto. “Grazie alla professionalità degli agenti, i responsabili dei singoli reati sono sempre più spesso individuati e assicurati alla giustizia. Poi è la legge a fare il proprio corso. Non credo che il carcere possa essere sempre l’unica soluzione. Per questo vanno potenziati anche altri strumenti di natura amministrativa”. Tra questi i rimpatri e le espulsioni.