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Il 5 Maggio del 1981 i giornali di tutto il mondo annunciavano la morte di Bobby Sands, ultimo ribelle nordirlandese, deceduto durante la sua detenzione nel Carcere di Long Kesh a seguito di uno sciopero della fame durato ben 67 giorni.
Nella data dell’anniversario di morte vogliamo ricordare e omaggiare chi con il proprio sacrificio ha contribuito alla causa del nazionalismo irlandese.
Nell’isola del trifoglio la figura di Bobby Sands è seconda forse solo a San Patrizio.
Di famiglia cattolica, Sands nasce e cresce a Belfast in un sobborgo a maggioranza protestante.
Sin da tenera età il piccolo Bobby è vittima assieme ai parenti di continui attacchi e discriminazioni da parte dei lealisti protestanti, che li costringe a cambiare casa più volte.
Il clima di tensione, respirato già da bambino, forgia la sua identità: la sua battaglia politica comincia a 18 anni, aderendo alla Provisional IRA.
La P.IRA fu una costola dell’Ira, nata nel 69 durante il feroce governo O’Neil e attiva nel Nord dell’Irlanda per la liberazione del paese dalla corona inglese. Il loro compito fu quello di proteggere i quartieri cattolici dai soldati inglesi e respingere la UVF, organizzazione paramilitare unionista protestante macchiatasi di crimini atroci contro il popolo nordirlandese.
Belfast in quegli anni diventa la città più militarizzata d’Europa, ma il punto di non ritorno è raggiunto il 30 gennaio 1972 a Derry, nella tristemente nota “Bloody Sunday”, quando dei soldati britannici aprono il fuoco contro manifestanti cattolici, causando 14 morti.
Sands si schiera tra file delle milizie repubblicane per la difesa della sua gente, nel nome di una Irlanda libera, unita, sovrana e cattolica.
Questa scelta costa al giovane rivoluzionario una vita dietro le sbarre, scrivendo testi fra cartine di sigarette, stracci e carta igienica.
Fa ingresso in una prigione la prima volta nel ’73, per possesso d’armi da fuoco, poi di nuovo nel ’77 per motivi analoghi dopo neanche un anno dall’ultima scarcerazione, ricevendo stavolta una condanna di 14 anni da scontare nel carcere di massima sicurezza di Long Kesh. Ed è proprio tra le sbarre del “Maze”, (il labirinto), che prende vita il mito di Bobby Sands: qui ha luogo la sua ultima lotta, la più importante e simbolica.
A causa del mancato riconoscimento dello status di prigioniero politico, che non garantiva al recluso diritti come la possibilità di associarsi nelle ore d’aria, di poter decidere di non indossare l’uniforme carcerario, o scegliere di esentarsi dal lavoro di carcere, Sands assieme ad altri detenuti separatisti, inaugura 4 anni di scioperi e rivolte contro il regime carcerario imposto, trascorrendo settimane senza vestiti, rinunciando all’igiene personale, cospargendo di escrementi umani le pareti delle celle, urinando all’interno delle stanze per evitare il raggiungimento dei bagni, ove si eseguivano duri pestaggi da parte delle guardie.
Nel marzo dell’81 Bobby Sands dà inizio ad uno sciopero della fame che dura per più di due mesi; nel mentre con l’aumentare della sua notorietà viene eletto con 30 mila voti deputato al parlamento Britannico. La sua vittoria alle elezioni però si rivela presto vana, perché neanche un mese più tardi, il più giovane onorevole della storia del Regno Unito si spegne all’età di 27 anni in un carcere di massima sicurezza. E’ il 5 maggio dell’81, dopo 67 giorni di digiuno. A seguire il suo estremo sacrifico saranno altri 9 uomini. Dopo la sua morte si registrano rivolte in tutto il paese e reazioni in tutto il mondo, ai suoi funerali presenzieranno più di 100 mila persone, il suo feretro è accompagnato dal grido “Tiocfaidh ár lá”, “verrà il nostro giorno”.
Il martirio di Bobby Sands non ha ancora liberato l’Irlanda del Nord dalla presenza inglese, né tantomeno ha riunito il paese; ha tramandato però ad intere generazioni il sentimento della lotta, vivo tutt’oggi nel cuore di molti militanti.
Le parole Margaret Thatcher che lo definirà solo un criminale non riusciranno a sminuire l’impresa dell’eroe irlandese. L’esempio di Bobby Sands può ricordate a molti un Jan Palach a Praga o un Alain Escoffier a Parigi. “Il coraggio nasce a volte così”, si sente in una celebre canzone della Compagnia… tutti ragazzi con una storia simile in comune: sono spesso gli abusi e la repressione a forgiare spiriti ribelli e rivoluzionari: le gesta di Bobby Sands come quelle di altri giovani martiri devono fornire spunti per la nostra militanza, per continuare a far ardire la fiamma del nostro spirito, per proseguire la nostra marcia e portare avanti ad oltranza la nostra lotta contro il mondo moderno.
L’esempio di guerrieri come Sands, dalla determinazione di fuoco e dalla fede incrollabile, non deve sembrare lontano nel tempo: è sempre possibile riattualizzare, qui ed ora, quella grandezza. L’importante è compiere un lavoro di formazione di sé, grazie al supporto della propria Comunità, che porti a vivere ogni impegno che si prende – dal turno in sede alle sfide quotidiane della nostra vita – come l’occasione per realizzare quell’ascesi, quel sacrificio, quel dono di sé, che ha consacrato Bobby Sands e gli altri combattenti alla dimensione del mito.
“Ero soltanto un ragazzo della working class proveniente da un ghetto nazionalista, ma è la repressione che crea lo spirito rivoluzionario della libertà. Io non mi fermerò fino a quando non realizzerò la liberazione del mio Paese, fino a che l’Irlanda non diventerà una, sovrana, indipendente, repubblica socialista”.