Tratto dal sito Heliodromos
La sovranità, intesa come esercizio del potere al fine di organizzare e governare comunità di persone, ha sempre avuto nelle civiltà tradizionali un profondo radicamento nel sacro, venendo ad essere, più che un fatto semplicemente umano, la manifestazione di forze trascendenti. Il monarca esercita un potere che costituisce prima di tutto la diretta emanazione del sacro, di influenze realmente superiori che lo legittimano molto più di qualsiasi consenso ottenuto o offerto dai suoi governati. Idealmente il sovrano è soprattutto un pontefice, che esercita il suo ministero (ministerium = servizio) garantendo l’armonia nel suo regno in consonanza con l’ordine cosmico, a sua volta riflesso di quell’ordine sacro che forma e regge tutto ciò che esiste. Il detentore della regalità è il mediatore tra la terra e il cielo, è il centro, il punto di contatto tra queste realtà, che agisce al fine di garantirne la comunicazione e l’interazione (1). Questa qualità non soltanto umana ma soprattutto trascendente fu considerata come pienamente reale e, anche quando in via di dissolvimento, una tendenza ideale cui fare sempre riferimento (come possiamo vedere sia nei rituali egizi e cinesi, così come nella concezione pontificale del principato romano e nella nozione medioevale di Sacrum Imperium) (2).
Il sovrano come potenza puramente mondana, che si impone eliminando gli avversari o ottenendo il loro consenso con benefici, appartiene già a un periodo successivo, in cui il potere comincia a diventare qualcosa di fine a se stesso, realtà autoreferenziale con sempre meno riferimenti a finalità extramondane. Incomincia a delinearsi la figura del “politico”, individuo che ottiene il potere solo in virtù delle sue capacità di forza e astuzia, e che opera come semplice amministratore che deve di volta in volta guadagnarsi il consenso o come tiranno che concentra in sé tutto il potere lottando costantemente contro gli avversari. La politica si definisce sempre più come “arte” (arte profana ovviamente, non più basata sul rta, ordine sacrale del mondo, ma sull’anrta, la menzogna, l’infrazione e il sovvertimento di questo ordine) (3) come attività che si esaurisce in una semplice gestione dei rapporti umani e che trova nella conquista del potere la più importante, se non l’unica, finalità.
Uno svolgimento (non certo cronologico, quanto piuttosto ideale) di questa evoluzione potrebbe delinearsi in questo modo: dal re-sacerdote che rispecchia in terra l’ordine celeste, si passa al re guerriero che si impone solo con la forza, per passare poi a chi compra il consenso con le ricchezze o la promessa del loro ottenimento, per infine giungere a chi governa tramite il ressentiment e l’invidia sociale, sfruttando la volontà degli ultimi di salire i gradini della scala gerarchica (4).
Nello stato attuale di sovvertimento le cose sono giunte a un punto tale (il mondo politico è l’avanguardia della dissoluzione) per cui non è neppure il servo ad avere il potere, ma il fuori-casta, l’intoccabile, l’individuo che si pone al di fuori di ogni ordine. Nel “mondo alla rovescia” un simile tipo umano, invece di essere relegato al fondo della scala sociale, ne occupa invece i posti più elevati, nell’inversione essendo “caduto” dal fondo per poi “depositarsi”, come sedimento, ai vertici della piramide rovesciata del potere (su quest’ultimo argomento, rimandiamo a una nostra precedente trattazione ) (5).
Un simile essere, ponendosi al di fuori di ogni ordine, ogni ordine di fatto rifiuterà, combattendo (anche senza averne consapevolezza) tutto ciò che è armonia, equilibrio, giustizia.
Frithjof Schuon ne fa un’analisi estremamente precisa, fondamentale per capirne le concezioni e le modalità d’azione (6). Il chandala, il paria, l’intoccabile “tende a realizzare le possibilità psicologiche escluse dagli altri uomini”, trasgredisce per natura, trova soddisfazione in ciò che esemplari equilibrati e ben riusciti rifiutano. Rappresenta il massimo dell’impurità, del degrado, il massimo della “dissonanza psicologica”. Capace di “tutto e niente” potrà esercitare le attività “più bizzarre e sinistre” (il saltimbanco, l’attore, il boia), trasgredendo alle regole stabilite, come un santo al contrario, distinguendosi per la sua abnegazione nell’aderire a uno stile di vita dissennato e squilibrato. La sua anima non ha un vero centro di gravità individuale, la sua vita si svolge “nella periferia e nell’inversione”, in una trasgressione che gli darà “in qualche modo un centro che non ha”, liberandolo in modo illusorio dalla sua natura equivoca. La sua è una soggettività centrifuga e senza limiti, che lo porta a fuggire la legge, perché questa lo ricondurrebbe a quel centro che così totalmente è estraneo alla sua natura. È un inferiore, e come tale si comporterà sempre. Non solo non ha la mentalità del superiore, ma non può nemmeno concepirla esattamente: ecco perché ogni valore è da lui ignorato, se non disprezzato apertamente. L’onestà, la sincerità, l’onore, ai suoi occhi semplicemente non esistono, rappresentando solo un’illusione, un ostacolo che limita la sua ascesa al potere. Il suo essere si basa completamente sulla falsità, che completamente lo domina, rendendolo la prima vittima delle sue menzogne, cui spesse volte addirittura crede, facendolo vivere in una realtà ancora più illusoria di quella cui condanna gli individui a lui soggetti.
Si potrà ora comprendere perché la menzogna raggiunge un livello tale da poter essere considerato patologico (7). Non si tratta più nemmeno di “ragion di Stato” o di machiavellismo, il politico contemporaneo mente perché la menzogna è la sua stessa essenza. Mente perché è una necessità, perché tutto il suo mondo si basa su questo, dandogli consistenza e identità, definendolo e fornendogli un ruolo nel mondo. Altrimenti sarebbe obbligato ad avere un centro, ad aderire a un ordine, cosa per lui inconcepibile se non impossibile, in quanto lo condannerebbe all’estinzione. La sua sopravvivenza si basa su questo. Non è dunque da condannarsi, perché in fondo il suo è solo un istinto di conservazione. Del resto individui simili sono sempre esistiti, l’unico vero problema sta nella loro posizione all’interno del corpo sociale, posizione che attualmente è la più sbagliata, cioè ai vertici, all’estremo opposto di quella che sarebbe per loro più consona e che sempre occuparono in ogni tempo, quando il mondo era ancora in una fase di normalità, non ancora rovesciato e sovvertito nei suoi valori fondamentali.
Renzo Giorgetti
1 Argomento su cui ci siamo già espressi, con esempi, in Com’è difficile cavalcare la tigre, Solfanelli, Chieti, 2020, pp.33-36.
2 Ovviamente il detentore della regalità non è un ingenuo. Suo dovere è di fare qualsiasi cosa per far sì che la norma, l’ordine sacro, resti compiuta (Manavadharmashastra 7.10). Se deve sempre agire senza inganno, può tenere i suoi piani nascosti, affinché i nemici non possano trarre vantaggio dalla sua condotta morale improntata alla giustizia e quindi necessariamente più limitata di quella di chi agisce senza scrupoli.
3 Ad anrta si lega ineluttabilmente nrrti, la dissoluzione, la morte.
4 Su questo già René Guénon, nel settimo capitolo di Autorité spirituelle et Pouvoir temporel, Guy Trédaniel, Parigi, 1984 (I ed. 1929). In questi modi differenti di vivere e interpretare la sovranità si sarà riconosciuta la partizione funzionale delle società indoeuropee (sacerdotale, guerriera, mercantile, servile), criterio interpretativo valido anche per l’impostazione di una metafisica della storia e di una migliore comprensione dell’epoca attuale. Cfr. Com’è difficile cavalcare la tigre, idem, pp.28-58.
5 Discorso che abbiamo trattato in maniera più approfondita in Perché nelle democrazie comandano sempre i peggiori?, ora secondo capitolo di La società da liquidare, Solfanelli, Chieti, 2021, pp.32-37.
6 Tema ampiamente sviluppato in Caste e razze, Edizioni all’insegna del Veltro, Parma, 1979, pp.11-16, da cui abbiamo tratto i brani citati.
7 Nell’attuale realtà rovesciata questa situazione da patologica diventa fisiologica.