
Tanti italiani sono nazionalisti, o perlomeno si sentono, si credono e\o si professano tali. Al limite pseudo-nazionalisti, ma senza soffermarci ulteriormente su specificazioni lessicali, andiamo ad esaminare, seppur brevemente e senza alcuna arroganza, tale ‘natura’ evidenziandone i suoi limiti.
La nazione è un concetto molto limitato, tanto confinato quanto la piccolezza dei confini ai quali ci si sente di appartenere, che spesso sono addirittura campanilistici e portano a rivalità non solo tra nazioni diverse, ma anche tra città e città e persino tra zone diverse delle medesime città.
Sia chiaro: non è assolutamente un male essere radicati al proprio suolo natio e riconoscere nella propria stretta comunità l’appartenenza ideale, ma ad oggi essere dei ferventi difensori di quello che alla fine è più che altro un “costituzionalismo” è decisamente in opposizione con il legame spirituale citato poc’anzi.
Anche perché poi si sfocia senza troppe difficoltà in un becero conservatorismo, nel quale il legame con il passato non ha alcuna continuità dal punto di vista spirituale, ma è solamente una riproposizione folcloristica che da un’immagine incompleta di quella che dovrebbe essere l’identità di un popolo.
Concludiamo citando Evola, che in “Orientamenti” scrive: “Nell’idea va riconosciuta la nostra vera patria. Non l’essere di una stessa terra o di una stessa lingua, ma l’essere della stessa idea è quel che oggi conta.“