C’era una volta…

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E’ possibile che questa nuova generazione di genitori non sappia neanche più raccontare le favole?
Evidentemente sì, visto che i blog e i giornali non parlano di altro: dalla crisi della famiglia, alle mamme in carriera, passando per i papà assenti…
Troppo presi dal mondo, uomini e donne dimenticano facilmente quelli che dovrebbero essere i ruoli più importanti della loro esistenza…
La favolta perfetta? Raccontata a voce, non dall’iPad o dall’mp3
C’era una volta… Ogni favola che si rispetti inizia così. Da noi e in tutto il mondo. In Giappone si dice «Mukashi mukashi», in Indonesia «Dahulu kala», in Turchia «Bir varmis bir yokmus», in Islanda «Einu sinni var…».
L’incipit è sempre lo stesso, quel richiamo leggendario, un po’ cantilenante, evocativo di un’epoca lontana, così lontana da sfumare oltre i confini della realtà, oltre la notte dei tempi. Non per niente le favole si favoleggiano allo scendere del buio, prima di andare a letto o quando la testa è già sui cuscini. Rito propiziatorio per il sonno, tenero viatico per sogni e incubi di scarsa paura. Perché tanto è tutto una fiaba, e poi perché a raccontarla è sempre qualcuno che ci vuol bene, mamma, papà, nonni, tate che siano.
O almeno così accadeva fino a ieri. Poi, con la famiglia sempre più ristretta, con il lavoro sempre più incombente, le mamme stremate, le nonne sconvolte, le zie latitanti, i padri distanti, ecco che l’antica arte del cantastorie sbiadisce, si dissolve nel frastuono di una tecnologia che tenta di farne il verso. Cd e dvd, MP3 o MP4, clip, videoclip, podcast: basta schiacciare un tasto con il ditino, ed ecco che parte il «c’era una volta» virtuale.
Fiabe perfette. Spesso narrate da attori di fama, animate nel più sofisticato dei modi, figure rutilanti, colori smaglianti, musica travolgente… Quale mamma potrebbe competere a tanti effetti speciali? Com’è allora che i bambini, invece di restare incollati davanti a tante e tali meraviglie, così sovente si distraggono, sbadigliano, staccano la spina? «Il fatto è che la favola è un oggetto anomalo: per vivere ha bisogno di calore umano — ragiona Roberto Piumini, scrittore raffinato di storie, filastrocche, canzoni, testi teatrali per l’infanzia —. Passare dall’amoroso balbettio di una mamma alla gelida parlantina di una anonima affabulatrice, per un bambino è un salto brutale. La fiaba è il nostro primo rumore affettivo. I suoi tratti cardine sono l’oralità e la corporeità. Per funzionare deve essere narrata e il narratore deve essere lì, presente e palpitante. Pronto a farsi da tramite delle emozioni, a enfatizzarle o smorzarle a seconda dello stato d’animo del piccino in ascolto. Che, prima ancora di intenderne le parole, ne percepisce il suono. E se la voce gli è familiare, di una persona cara, ecco che la fiaba diventa per lui la prima proposta di senso».
Così quando una mamma, una delle tante che si disperano perché il loro pupo sembra allergico alla lettura, gli chiede la ricetta per fargli aprire un libro, Piumini risponde:
«Cara signora, cominci a raccontargli una favola “calda”. Perché se la tv produce immagini, la voce muove l’immaginario. E quando questo accade, il passo successivo, dato che tutte quelle fantasie sgorgano all’origine da un libro, sarà forse di prenderne in mano uno».
Di questo e di molto altro ancora si parlerà oggi e domani a Sestri Levante nell’ambito del 15mo Festival Andersen che vede tra i suoi tanti ospiti, oltre a Piumini e a Mara Baronti, studiosa della favola tra Occidente e Oriente, la bella Tishami Doshi, scrittrice angloindiana, coautrice di «Dignità» (Feltrinelli) invitata per Medici senza Frontiere.
Poetessa e danzatrice, Tishani, nata a Madras, padre indiano madre gallese, vista la sua doppia origine, è cresciuta a doppie razioni di favole. «I classici occidentali, da quelle dei Grimm a quelle di Andersen, e quelle di Amar Chitra Katha, popolarissima raccolta di storie, oltre 400, la Bibbia di ogni bambino indiano. A differenza di quelle occidentali, spesso “nere” e piene di tensione, le nostre sono più liete e semplici. In parte attingono a mitologia e folklore, in parte somigliano alle favole di Esopo, dove l’ironia e l’umorismo servono sempre a trasmettere une certa morale».
«La mia preferita — prosegue — aveva per protagonisti un coccodrillo e di una scimmia furba. La sapevo a memoria, ma alla fine chiedevo sempre che mi raccontassero quella. Certo, anche da noi i tempi sono cambiati. La tv sempre più ha sostituito il racconto orale, e anche i gusti dei bambini sono cambiati. Se un tempo specialità indiana erano le storie di fantasmi ispirate da quelle narrate nei nostri grandi poemi, il Mahabrata e il Ramayana, adesso vanno molto di moda i vampiri». Difatti, basta cliccare sul web «Amar Chitra Katha» per vedersele proposte su iPad per voce dello storyteller che ha incantato milioni di persone.

Con un limite. Una volta registrato, pur se nel migliore dei modi, perderà i suoi poteri magici. «Come ogni buon narratore sa bene — nota Tishani — le fiabe, essendo totalmente libere da vincoli di verità e coerenza, consentono di volta in volta a chi le dice aggiunte o modifiche per renderle migliori. Il potere è tutto di chi le racconta».

Fonte: Corriere.it