
Se provassimo ad aprire un testo di storia per le classi superiori, e volessimo studiare la rivoluzione francese su quel testo, molto probabilmente troveremo poco o nulla riguardo la rivolta di Vandea, la sommossa contadina che scosse la rivoluzione massonica e che fu tenuta a bada solamente grazie ad inenarrabili crudeltà e a quello che da molti studiosi viene definito il primo genocidio della Storia.
Se molto poco si sa sulla Vandea, ancora meno si sa sulla guerra cristera, evento che sconvolse il Messico del primo dopoguerra e carico, anzi, carichissimo, di punti di riferimento per tutti coloro che vogliano definirsi ribelli nel vero senso della parola.
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Il popolo messicano è fieramente cattolico, fin dai tempi in cui arrivano, nello Stato centroamericano, i conquistadores spagnoli. Purtroppo dalla seconda metà dell’800 il Paese subisce le ingerenze del suo vicino statunitense che, già con la dottrina Monroe, ha molto democraticamente deciso che gli stessi Stati Uniti debbano farla da padrone in tutto il continente americano.
Il Messico comincia così ad essere governato da burattini protestanti e massoni che fanno i porci comodi degli statunitensi. Cominciano così a verificarsi i primi omicidi di sacerdoti e i primi attentati nei confronti dei fedeli cattolici.
Il limite viene superato nel 1926 quando il Presidente Plutarco Elias Calles, ferocemente anticlericale e massone, decide di far rispettare la “disciplina dei culti”, una serie di leggi presenti nella costituzione messicana del 1917 in cui si limitava pesantemente la libertà religiosa tra cui l’espropriazione delle Chiese o la chiusura dei seminari, “a Dio volendo” (sic!).
Le proteste, inizialmente non violente, dei cattolici si fanno subito sentire, ma lo stato invece che andare incontro al popolo decide di inasprire ancora di più le regolamentazioni, proibendo le messe in tutta la nazione dal successivo 1 agosto.
Scoppia così la guerra: da Roma la Chiesa emanda alcune encicliche in cui si condannano le violenze anticlericali in Messico, che, con la guerra iniziata, sono diventate sempre più orribili.
I ribelli però non stanno a guardare e riescono a formare un vero e proprio esercito. La battaglia sembra impari, ma i cristeros, guidati dall’esperto generale Enrique Gorostieta Velarde riescono a tenere testa alle truppe governative. Il governo arriva ad emanare una legge in cui si dice che “Chiunque farà battezzare i propri figli, o farà matrimonio religioso, o si confesserà, sarà trattato da ribelle e fucilato”. Ciò non fermerà la rivolta, che si esaurirà solamente nel 1929 con la morte del generale Velarde e l’avvio dei trattati di Pace, che porteranno, però, ad un nulla di fatto.
Questa storia ci ricorda la vera essenza dell’essere ribelli: non dimenarsi in modo scomposto contro tutti e nessuno, ma tornare a combattere (re-bellis) con fede e coraggio, ponendosi al servizio di una Causa giusta e santa, contro l’azione sradicante delle forze sovversive.
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