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Continua la nostra raccolta di lettere degli eroici guerrieri giapponesi che, impegnati in battaglia, scrissero ai loro cari. Al di là di una propaganda modernista e occidentale che vuole nell’Onore e nella Fede l’attitudine dei folli, questi giovanissimi guerrieri ci insegnano in poche righe, disinteressate e frettolose, tutto ciò che bisogna sapere in questa vita per morire da eroi.
Lettera scritta da, Teru Yamaguchi, guardiamarina della 12° Flottiglia aerea, poco prima della partenza per la sua ultima missione. Lettera colma di riverenza verso il padre e gli antenati del Giappone, affetti che Teru difenderà con distacco e consapevolezza.
Caro Padre,
Man Mano che la morte si avvicina, il mio unico rimpianto consiste nel non essere mai stato capace di fare qualcosa di utile per te, nella mia vita.
Quasi inaspettatamente sono stato scelto per una missione d’attacco speciale e oggi stesso partirò per Okinawa. Da quando ho ricevuto l’ordine per la mia missione senza ritorno, il mio più vivo desiderio è quello di ottenere il successo nel compimento del mio ultimo dovere. Eppure, anche in questa situazione, non riesco a impedirmi di sentire un forte attaccamento per questa bella terra giapponese: è forse un debolezza da parte mia?
Quando ho saputo che la mia ultima ora era suonata, ho chiuso gli occhi e ho avuto la visione del tuo volto, di quello della mamma, della nonna e dei miei più cari amici. Era fortificante e incoraggiante sentire che ognuno di voi voleva che io fossi coraggioso. Io voglio esserlo! Lo Voglio!
La mia vita militare non è certo piena di dolci memorie. E’ una vita di rassegnazione, di rinnegamento di se stessi e tutt’altro che piena di conforti. Come unica ragion d’essere per il servizio militare posso vedere il fatto che questo mi offre la possibilità di morire per il mio Paese. Se questo può apparire amaro, forse lo è solamente perché, prima di arruolarmi, ho avuto modo di sperimentare la dolcezza della vita.
L’altro giorno ho ricevuto quello scritto della filosofia del capitano Otsubo sulla vita e sulla morte che tu mi hai inviato. Mi ha dato l’impressione che, pur avendo afferrato qualche verità egli abbia avuto soltanto dei pensieri piuttosto superficiali sul dovere.
Adesso non ha più importanza per me discuterne, ma anch’io, nel corso dei miei ventidue anni di vita, ho elaborato una mia filosofia.
Quando penso agli inganni perpetrati a danno di innocenti a opera di qualche astuto politicante, mi sento assalire da una profonda amarezza. Nonostante ciò, desidero ugualmente ricevere gli ordini dal nostro comando supremo, e anche dagli stessi politicanti, perché credo nell’alta civiltà del governo del Giappone.
Il sistema di vita giapponese è veramente molto valido e io ne sono orgoglioso, come lo sono della storia dei nostri antenati e la loro fede nel passato, siano o non siano vere queste credenze. Questo sistema di vita è il risultato di tutti i grandi ideali che i nostri antenati ci hanno trasmesso attraverso i secoli, della storia gloriosa della famiglia imperiale, che rappresenta lo splendore e la bellezza del Giappone e del suo popolo. È un onore poter dare la vita in difesa di questi grandi valori.
Okinawa è una parte del Giappone, cosi come lo è l’isola di Goto. Una voce intima mi spinge a voler colpire il nemico che sta violando la nostra terra natia. La mia tomba sarà il mare che circonda Okinawa e dopo io vedrò ancora mio padre e mia madre. Non ho mai avuto timore della morte e non mi dispiace morire; prego unicamente per la felicità tua e per quella di tutti i miei compatrioti.
Il più grandi rimpianto nella mia vita è quello di non averti mai chiamato Chichiue (padre riverito). Mi dispiace di non averti mai dato nessuna dimostrazione del rispetto profondo che ho sempre avuto per te. Nella mia ultima picchiata, anche se tu non potrai udirmi, sii certo che io ti dirò Chichiue e che penserò a tutto quel che hai fatto per me.
Non ti ho mai chiesto di venirmi a farmi visita nella mia base perché so che ad Amakusa stai bene: è un bel posto per viverci. Le montagne che sono al nord del mio campo mi ricordano il Sugiyama e il Magarisaka dell’isola di Goto e spesso mi sono soffermato a pensare ai bei giorni nei quali tu prendevi Akira e me e ci portavi a far merenda sul Matsuyama, nei pressi del magazzino delle polveri. Mi ricordo anche di quando siamo andati insieme a cavallo al crematorio di Magarisaka, quando ero un ragazzo e non capivo che la mamma era morta. Io lascio tutto a te; per favore, abbi grande cura delle mie sorelle.
Un periodo di arretramento nel corso della storia di un popolo non vuol certo significare la sua distruzione. Io prego che voi possiate vivere a lungo e spero che un nuovo Giappone risorga. Il nostro popolo non deve agire in modo avventato sulla base del desiderio di morire.
Con tutta la mia più profonda stima, appena prima della partenza.
“Un samurai deve difendere la sua patria senza alcun riguardo per la sua vita o il suo nome”
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