SCRIPTA MANENT – 11

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«Благословенной памяти Александра I, воздвигшаго из пепла и украсившаго многими памятниками отеческаго попечения первопрестольный град сей, во время нашествия галлов и с ними двадесяти языков, лета 1812 огню преданный, 1826»
«Alla beata memoria di Alessandro I, che recuperò dalle ceneri e ornò con molti monumenti di custodia paterna quest’antica capitale che era finita in balia del fuoco durante l’invasione dei Galli e di altre venti nazioni, l’estate del 1812, dedicato il 1826»
Russo e latino, due lingue, due popoli, due civiltà apparentemente molto lontane tra loro: caratteri latini e cirillici scolpiti sulle facciate di un arco trionfale nel centro di Mosca. Strano? Non così tanto. Infatti, se si guarda allo Zar si vede Cesare, e se si osserva Mosca si scorge la Terza Roma. Alcuni lo hanno chiamato il “paradosso di Istanbul”: la conquista di Costantinopoli da parte di Maometto II nel 1453 paradossalmente salvò l’Impero perché costrinse l'”uccel di Dio” , l’aquila imperiale, a spiccare il volo sino a Mosca. Da Ilio a Roma e da Roma a Ilio, da Oriente a Occidente e di nuovo da Occidente a Oriente: “Poscia che Costantin l’aquila volse contr’al corso del ciel, ch’ella seguio dietro a l’antico che Lavina tolse, cento e cent’anni e più l’uccel di Dio ne lo stremo d’Europa si ritenne, vicino a’ monti de’ quai prima uscìo“. Così Dante narra il volo dell’Aquila, sospinta da Costantino, da Roma sino Costantinopoli. Quasi mille anni dopo, l’Aquila continuò quel suo volo “contr’al corso del ciel” spingendosi ancora più a Est, posandosi sui sette colli di Mosca. Eccola allora rinascere dalle ceneri di Costantinopoli, come una Fenice, risorgere invitta grazie allo spirito romano degli Zar: tra questi Alessandro I, che romanamente risollevò Mosca, difesa strenuamente nel corso della Guerra Patriottica combattuta e vinta nel 1812 contro Napoleone e il suo esercito. Come allora, una guerra dei Romani contro i Galli e l’edificazione di un arco trionfale a imperitura memoria dell’invincibile spirito di Roma. Eppure nel 1936 Stalin decise di abbatterlo e cancellare la memoria di quell’epigrafa tanto russa quanto romana. Con la ricostruzione dell’arco, avvenuta negli anni Sessanta del secolo passato, la duplice iscrizione dedicata allo zar Alessandro I fu cancellata e sostituita con un’altra: lo spirito eterno di Roma rivive anche nel ricordo di quella ormai perduta epigrafe tanto russa quanto romana