(da “Riflessioni dentro e fuori le mura”, Heliodromos Inverno 1998)
La “sicurezza” è uno di quegli attributi oggi di moda che avvolgono le coscienze assopite in una morbida ovatta di protezione, contribuendo cosi all’affievolirsi fino a scomparire della vigilanza interiore.
L’uomo moderno giunge cosi a credere che sia possibile realizzare una condizione di effettiva sicurezza, mediante l’uso di misure del tutto esteriori alla propria persona.
L’airbag nella guida, le Equipe addestrate nelle emergenze mediche, le squadre di soccorritori nelle calamità naturali, i pronti interventi della polizia nella lotta alla malavita e alla microcriminalità, per citare i più noti.
Come se pochi manipoli di uomini potessero essere contemporaneamente nel posto giusto e nel momento giusto. E, soprattutto, come se fosse poi possibile modificare il corso degli eventi, agendo esclusivamente dal di fuori dell’Essere.
In realtà, l’unica certezza che può costringerci a mantenere in costante all’erta i nostri sensi, può derivarci proprio dall’estrema insicurezza con cui è tessuta la trama dei giorni che stiamo vivendo.
Un’insicurezza da assumere coscientemente, tramutando il veleno in farmaco.